Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4797 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 23/02/2021), n.4797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9144-2019 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 20,

presso lo studio dell’avvocato PIETRO RAIMONDO, rappresentata e

difesa dall’avvocato DOMENICO PALERMO;

– ricorrente –

contro

MA.PI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANDREA BAFILE

N. 13, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO FERNANDO TETI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 257/2019 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositata il 12/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/ 02/ 2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

PELLECCHIA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.F. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Catanzaro l’avv. Ma.Pi. al fine di sentir accertare la responsabilità professionale di quest’ultimo e la conseguente condanna al risarcimento dei danni subiti per aver omesso, in qualità di procuratore legale in un giudizio introdotto nell’interesse dell’attrice per responsabilità medica, di produrre nel giudizio di appello la documentazione già depositata in primo grado a supporto della domanda originariamente proposta.

Si costituì in giudizio l’Avv. Ma. contestando la pretesa attorea e spiegando domanda riconvenzionale.

Il giudice di Pace di Catanzaro, con sentenza n. 3366/2012 accolse la domanda attorea, accertando la responsabilità professionale del Ma. e condannandolo al risarcimento del danno.

2. Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 257 del 12 febbraio 2019, ha accolto l’appello proposto dall’avv. Ma. per la riforma della pronuncia di prime cure.

Il Giudice d’appello ha ritenuto non sufficientemente provato il nesso causale tra l’evento lesivo, ossia la soccombenza della M. del giudizio di appello, e la condotta del professionista, non emergendo elementi dai quali si potesse desumere che il deposito dei documenti contenuti nel fascicolo di primo grado da parte dell’avv. Ma. avrebbe comportato, con buona probabilità, il rigetto dell’appello proposto dalla controparte.

3. Avverso tale sentenza, M.F. propone ricorso per

cassazione sulla base di un unico motivo illustrato da memoria.

3.1. Ma.Pi. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2236 e 1176 c.c. nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 Si duole del fatto che il Tribunale non avrebbe tenuto adeguatamente in considerazione le motivazioni poste a fondamento della decisione della Corte d’Appello nel giudizio di responsabilità medica che, secondo la ricorrente, sarebbero da individuarsi esclusivamente nella mancata allegazione del fascicolo di primo grado.

5. Il motivo è inammissibile, in quanto la sua illustrazione si fonda su documenti e atti processuali (cfr. pagg. 5 e 6 del ricorso), ma non osserva nessuno dei contenuti dell’indicazione specifica prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto: a) non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, nè, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) non indica la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto o l’atto ebbe a formarsi; c) non indica la sede in cui in questo giudizio di legittimità il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), se nella disponibilità, sarebbe esaminabile dalla Corte, ovvero, sempre in quanto prodotto, sa esaminabile in copia, se trattisi di documento della controparte; d) non indica la sede in cui l’atto processuale sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità, in quanto non precisa di averlo prodotto in originale (ove possibile) o in copia (ove trattisi di atto della controparte o del fascicolo d’ufficio, come i verbali di causa) e nemmeno fa riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio (come ammette Cass. sez. un. 22716 del 2011).

Inoltre, come già affermato dal giudice d’appello e non censurato dalla ricorrente, non si spiega perchè i documenti non depositati avrebbero condotto ad un esito positivo della causa.

6. Le spese seguono la soccombenza.

7. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 900 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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