Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4795 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 23/02/2021), n.4795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20106-2019 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.E., C.R., C.F., S.S.,

SP.SA., CI.AN., CI.MA.,

CI.CA., CI.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2231/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

 

Fatto

CONSIDERATO

che

C.E., C.R. e C.F., Sp.Sa., S.S., Ci.An., Ci.Ma., Ci.Ca., Ci.Gi. convenivano in giudizio il Ministero della salute per ottenere il risarcimento dei danni, anche non patrimoniali, per aver contratto infezioni epatiche HBV e HCV, a seguito di emotrasfusioni;

il Tribunale, per quanto ancora qui rileva, sulla scorta d’indicazioni peritali officiose, rigettava le domande, con pronuncia riformata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare, prova decisiva era costituita dal riconoscimento del nesso causale con le trasfusioni operato dalla Commissione medica ospedaliera di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4;

avverso questa decisione ricorre per cassazione l’amministrazione formulando tre censure.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2700,2733,2735, c.c., 115, 116, c.p.c., 4 della L. n. 210 del 1992, poichè la Corte di appello avrebbe errato riconoscendo valore di prova legale non superabile alla valutazione della Commissione medica ospedaliera, invece che valore presuntivo da vagliare insieme alle altre risultanze senza vincoli non previsti esplicitamente;

con il secondo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso rappresentato dalla consulenza tecnica officiosa svolta in prime cure, che aveva attestato l’insussistenza di elementi oggettivi per certificare il nesso eziologico in parola;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 7, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118, disp. att. c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe omesso di spiegare perchè sarebbero state irrilevanti le non analizzate risultanze peritali;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

i motivi vanno esaminati congiuntamente per la stretta connessione, e sono infondati;

questa Corte, in tema di danni da emotrasfusioni, ha chiarito che, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, l’accertamento della riconducibilità del contagio a una trasfusione, compiuto dalla Commissione di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 4, in base al quale è stato riconosciuto l’indennizzo ai sensi di quella legge, non può essere messo in discussione dallo stesso Ministero, quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative di esso, e il giudice deve ritenere il fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile al medesimo Ministero (Cass. 15/06/2018, n. 15734, in linea con Cass. 05/10/2018 n. 24523, secondo cui la pronuncia di cessazione della materia del contendere, emessa nel giudizio intentato contro il Ministero della Salute per il riconoscimento dell’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, sul presupposto dell’accoglimento del ricorso amministrativo avverso il corrispondente diniego, ha efficacia di giudicato, circa la sussistenza del nesso causale tra le trasfusioni praticate al paziente e la patologia dallo stesso contratta, nel successivo giudizio di risarcimento del danno promosso contro il Ministero in questione, sussistendo l’identità di parti che costituisce presupposto per la configurazione del giudicato esterno);

è stato specificato che il riferimento di Cass., Sez. U., n. 577 del 2008, richiamata dalla difesa erariale, alla valenza indiziaria delle valutazioni anche diagnostiche contenute nei verbali della Commissione tecnica ospedaliera, si spiega perchè in quel giudizio la verifica era evocata nei confronti del diverso soggetto ASL (Cass., n. 15734 del 2018, cit., pag. 12, in cui si menziona anche Cass., n. 12009 del 2017, secondo la quale la sentenza di accertamento del diritto all’indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992, emessa nei confronti del Ministero della salute, non ha efficacia di giudicato nel successivo giudizio di risarcimento del danno promosso contro l’azienda ospedaliera, mancando il necessario presupposto dell’identità delle parti, assumendo valore di indizio, soggetto alla libera valutazione del giudice);

alla ricostruita nomofilachia deve darsi seguito;

ciò posto, è evidente che non sussiste alcun omesso esame o vizio motivazionale poichè la “ratio decidendi” in parola è dirimente;

peraltro, alla fattispecie è inoltre applicabile la nuova previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che dev’essere interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicchè in cassazione è denunciabile – con ipotesi che si converte in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dando luogo a nullità della sentenza – solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; e tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”; nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, ossia in manifeste e irresolubili contraddizioni, nonchè nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”; esclusa qualunque rilevanza di semplici insufficienze o contraddittorietà, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., 12/10/2017, n. 23940);

non deve disporsi sulle spese stante il mancato svolgimento di difese da parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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