Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4792 del 01/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4792 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 28379-2016 proposto da:
VIOLA FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
BOCCIONI 4, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO
SN IIROL DO, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA
RASCIO;

– ricorrente contro
HEAL THE WORLD SRL, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dagli avvocati SILVIO IODICE, CLORINDA ROSCIANO;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 01/03/2018

contro
F:\LLIMENTO DELLA HEAL THE WORLD SRL;
– intimato avverso la sentenza n. 185/2016 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
ANTONIO GENOVESE.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n. 185 del 2016
(pubblicata 1’11 novembre 2016), in accoglimento del reclamo
proposto dalla società Heal The World srl contro la Curatela del
Fallimento omonimo e il creditore istante, Viola Francesco, ha
riformato la sentenza del Tribunale di Napoli-Nord che aveva
dichiarato il fallimento della società, respinto le eccezioni
sollevate dal creditore istante e, per quello che ancora rileva,
affermato la non infondatezza della contestazione del credito
dell’attore, così che non era provata la sussistenza dello stato
d’insolvenza della società.
Il ricorrente assume, di contro, la sussistenza del proprio
credito e l’erroneità del risultato valutativo a cui era pervenuta
la Corte territoriale, in violazione delle regole di interpretazione
contrattuale (art. 1362 cod. civ.).
Ti Collegio condivide, con le doverose aggiunte, la proposta di
definizione della controversia notificata alle parti costituite nel
presente procedimento, alla quale sono state mosse
osservazioni critiche (del ricorrente).
Il Relatore ha proposto che il ricorso per cassazione sia
dichiarato inammissibile in quanto le censure agitate
tenderebbero ad una richiesta di riesame delle risultanze e alla
rivalutazione degli elementi, emersi nel corso della fase di
merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014), che hanno portato
i giudici di appello a considerare seriamente contestato il
credito del procedente, con un apprezzamento che non è
suscettibile di riesame in questa sede.
Il creditore istante e odierno ricorrente ha osservato, invece,
che il tenore letterale del contratto di affitto di azienda (all’art.
Rfc. 2016 n. 28379 sez. M1 – ud. 14-12-2017
-2-

NAPOLI, depositata l’11 /11/2016;

Ric. 2016 n. 28379 sez. M1 – ud. 14-12-2017
-3-

7) espressamente prevedeva, in accordo con la disciplina
codicistica (art. 1576 e ss.), che la parte affittuaria si era
impegnata «ad eseguire ogni necessario intervento di
manutenzione sia ordinaria che straordinaria, a proprie cure e
spese» sicché la Corte territoriale, contro la lettera del patto (e
la violazione del criterio imposto dal menzionato art. 1362 cod.
civ.) e senza giustificazione alcuna, avrebbe dato «una diversa
(e opposta) interpretazione».
Nella sostanza, il ricorrente chiede un ripensamento della
proposta notificata alle parti in quanto la Corte territoriale,
erroneamente, non avrebbe considerato l’antinomia che si
sarebbe creata tra l’omessa (o cattiva) interpretazione della
clausola negoziale (l’art. 7) e le conclusioni da essa tratte dalla
Corte con il complessivo esame degli elementi considerati.
Orbene, la sentenza impugnata (a p. 5), fra i molteplici
elementi utilizzati per sostenere che il credito posto a base
dell’istanza di fallimento era seriamente contestato,
testualmente afferma anche che: «è comunque indubbio il
crollo del solaio dell’immobile e la responsabilità della
proprietà».
Il ricorrente non critica specificamente tale affermazione ma si
limita a censurarla indirettamente facendo balenare l’idea che il
tenore contrattuale, ove rettamente inteso, avrebbe fatto
superare il diaframma posto da quella delibazione di
responsabilità.
Ma in tal modo le censure tendono, ancora una volta
inammissibilmente per essere l’operazione preclusa a questa
Corte, ad una richiesta di riesame delle risultanze ed alla
rivalutazione degli elementi emersi nel corso della fase di
merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014), facendo rientrare
quella forma «di responsabilità» dell’affittante, all’interno della
disciplina degli obblighi surrogatori assunti dall’affittuaria, dai
quali è stata evidentemente esclusa.
Le spese processuali (che si liquidano come da dispositivo)
seguono la soccombenza, con l’affermazione dei presupposti
per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte,
Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali che liquida in complessivi C 3.100,00, di cui
C 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori
di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. I, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento,
da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo

di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1a
sezione civile della Corte di cassazione, il 14 dicembre 2017.
Il Presidente
Magd rsno

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