Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4789 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.24/02/2017),  n. 4789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20656/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A.M., CA.CH., CA.AN., elettivamente

domiciliate in ROMA VIA C. CORVISIERI 54, presso lo studio

dell’avvocato CHIARA CAROLI, rappresentate e difese dagli avvocati

MARCO PETRONE, GIUSEPPE RINALDI, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 188/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

TARANTO, depositata il 23/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta al

ricorso;

udito per le controricorrenti l’Avvocato RINALDI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23 marzo 2009 la Commissione Tributaria Provinciale di Taranto accolse il ricorso proposto da C.A.M., Ca.Ch. e Ca.An. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate di TA/(OMISSIS) e di Pragma Riscossioni S.p.a. avverso le cartelle di pagamento loro notificate in data 29 febbraio 2008 e con le quali era stata richiesta la complessiva somma di Euro 39.548,41 a titolo di imposta di successione apertasi nell’anno 2000, e conseguentemente annullò le cartelle impugnate ed il ruolo ad esse sottostante.

Ritenne la Commissione Tributaria Provinciale che, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3, le contribuenti non erano state messe in condizione di esercitare il loro diritto di difesa, in quanto le cartelle impugnate contenevano indicazioni atte ad individuare genericamente la natura dell’imposta richiesta (e cioè quella relativa alla successione apertasi nel 2000), ma non sufficienti ad individuare il perchè della richiesta; quella Commissione ritenne altresì assorbite le altre censure proposte in ricorso e segnatamente quella volta alla declaratoria di intervenuta decadenza dell’A.F. dal diritto alla riscossione.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propose appello, cui resistettero le appellate.

La Commissione Tributaria Regionale di Bari – Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 23 giugno 2011, rigettò l’appello e dichiarò la decadenza dell’Amministrazione Finanziaria a pretendere le somme “portate” dalle cartelle impugnate e compensò le spese di quel grado di giudizio.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

Hanno resistito con controricorso C.A.M., Ca.Ch. e Ca.An..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, lamentando “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17”, la ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del secondo grado, non sarebbe intervenuta alcuna decadenza dal diritto alla riscossione, dovendo applicarsi nel caso di specie non la norma appena richiamata ma il termine ordinario di prescrizione decennale di cui al T.U. n. 346 del 1990, art. 41, comma 2, concernente l’imposta sulle successioni e donazioni. Rappresenta in particolare la ricorrente che gli avvisi di liquidazione che hanno preceduto le cartelle impugnate sono stati notificati l’8 luglio 2003, in data posteriore, quindi, all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 23, che, con effetto dal 1 luglio 1999, avrebbe limitato alle sole imposte sui redditi e all’IVA l’applicabilità della decadenza stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, come modificato dall’art. 6 del già indicato D.Lgs. n. 46 del 1999.

1.1. Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di legittimità si è già espressa sulla questione della decadenza dell’A.F. dalla riscossione dell’imposta di successione a mezzo di notificazione della cartella di pagamento.

Con la sentenza del 4/02/2015 n. 1974 (in senso conforme v. Cass. 21/06/2016, n. 12754), anche alla luce di quanto stabilito in materia dal giudice delle leggi (Corte Cost., sent. n. 280 del 2005), questa Corte ha affermato il principio, che va ribadito anche in questa sede, secondo cui l’imposta di successione è suscettibile di essere liquidata mediante uno specifico atto, costituito dall’avviso di liquidazione, assolvendo la cartella di pagamento alla sola funzione di mezzo di riscossione, sicchè alla notifica di quest’ultima non si applica il termine decadenziale di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 3, senza che ne derivi alcun sospetto di illegittimità costituzionale poichè è la stessa attività di liquidazione soggetta ad un termine di decadenza biennale ai sensi del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 27, così da escludere che il contribuente resti assoggettato all’azione amministrativa per un tempo indeterminato od eccessivo, mentre, quanto all’esercizio della successiva azione di riscossione, non viene in questione una pretesa liquidatoria ma un diritto di credito, soggetto, in quanto tale, all’ordinario termine decennale di prescrizione.

La richiamata sentenza di legittimità, confermata da quella successiva n. 12754/2016, ha in particolare precisato che “(1) l’imposta di successione è suscettibile di essere liquidata, dopo la dichiarazione, mediante lo specifico atto a ciò funzionale (l’avviso di liquidazione); pertanto (2) viene a mancare il presupposto – viceversa caratterizzante gli accertamenti delle imposte dirette e dell’Iva – cui associare la funzione del rispetto di un termine decadenziale per la notifica della cartella di pagamento; (3) quanto all’imposta di successione, al limite contenutistico del dettato normativo si accompagna la non pertinenza della ratio della declaratoria di incostituzionalità appena detta (C. cost. n. 280-05), poichè, per l’imposta di successione, è la stessa attività di liquidazione ad andar soggetta a termini di decadenza (D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 27); ne consegue (4) che il contribuente non resta assoggettato all’azione amministrativa per un tempo indeterminato, o comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, per un tempo eccessivo; (5) il contribuente resta in tal caso soggetto alla sola azione di riscossione, per la quale rileva il termine di prescrizione ordinario (art. 41 cpv. del D.Lgs. cit.); il che peraltro è ovvio ed è pienamente conforme al sistema, posto che, dopo la liquidazione, non viene in questione altro che il credito da riscuotere. Non ha dunque alcun senso discorrere di pretese liquidatorie, quanto piuttosto – e unicamente – del diritto di credito, che appunto si prescrive in dieci anni”.

2. Stante la fondatezza dell’unico motivo proposto, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va quindi cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale Puglia – Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, che si atterrà al principio sopra richiamato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale Puglia – Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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