Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4788 del 26/02/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4788 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

Ud. 24/01/2013

SENTENZA
PU

sul ricorso 5326-2007 proposto da:
DE MARIA SALVATORE DMRSVT47A05F839W, domiciliato ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE,

rappresentato e difeso

dall’avvocato

PIZZOLLA PROSPERO giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
178

contro

POSITANO FERDINANDO PSTFDN62A23F839F,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TREVIS 55, presso lo studio
dell’avvocato LONGHI FABIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato D’AMBROSIO ANTONIO giusta delega in

1

Data pubblicazione: 26/02/2013

atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 3338/2005 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 27/01/2006, R.G.N. 3714/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

AMENDOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’accoglimento del secondo motivo;

2

udienza del 24/01/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 5 novembre 2001 Ferdinando Positano
convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli Salvatore
De Maria chiedendone la condanna al pagamento in suo favore
della somma di lire 25.559.660, pari alla differenza tra il

immobile di proprietà della controparte, e quello dovuto ai
sensi della legge n. 392 del 1978.
Nella contumacia del convenuto, il giudice adito accolse la
domanda.
Proposto gravame principale dal De Maria, e incidentale dal
Positano, la Corte d’appello, ha rigettato il primo e
dichiarato il secondo assorbito.
Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione il soccombente,
formulando due motivi, illustrati anche da memoria.
Resiste con controricorso Ferdinando Positano
MOTIVI DELLA DECISIONE
l Va preliminarmente confutata l’eccezione, sollevata in limine

dal resistente, di invalidità della procura rilasciata dal De
Maria al suo difensore.
Sostiene il deducente che il mandato, in quanto privo di
qualsivoglia riferimento al giudizio di cassazione, non avrebbe
quei caratteri di specialità specificamente richiesti dall’art.
365 cod. proc. civ.
I rilievi sono infondati.

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canone da lui versato, in relazione alla locazione di un

Come questa Corte ha già avuto modo di statuire, il mandato
apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è,
perciò stesso, speciale, senza che occorra, ai fini della sua
validità, alcuno specifico riferimento al procedimento in corso
e alla sentenza contro la quale l’impugnazione è rivolta e

proprie del giudizio di merito, perché siffatte espressioni, da
ritenersi mere clausole di stile, sono inidonee a scalfire la
chiara volontà della parte di adire il Giudice di legittimità.
In casi siffatti, invero, la specialità si desume dalla
circostanza che la procura al difensore forma materialmente
corpo con il ricorso al quale inerisce (confr. Cass. civ. 13
dicembre 2010, n. 25137; Cass. civ. 3 luglio 2009, n.15692).
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Passando all’esame delle censure, con il primo motivo

l’impugnante denuncia violazione degli artt. 43, 44, 2700, 2729
e 2699 cod. civ., 101, 138, 140, 149, 156, 160 e 291 cod. proc.
civ., 5, 11 e 13 d.P.R. 136/1958 e d.P.R. 223/1989, nonché vizi
motivazionali,

ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.

Oggetto delle critiche è l’affermazione del giudice di merito
secondo cui la notificazione del ricorso era stata, nella
fattispecie, correttamente eseguita,

ex

art. 140 cod. proc.

civ., all’indirizzo di via Nicolardi 99, del Comune di Napoli,
considerato:

a)

che ivi l’impugnante aveva, per sua stessa

ammissione, abitato in un appartamento di proprietà della
sorella;

b)

che il medesimo recapito era indicato, come

domicilio del De Maria, negli atti del giudizio di sfratto per

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senza che abbia rilevanza l’eventuale, inutile richiamo a fasi

morosità; c)

che colà risultavano spediti i vaglia di pagamento

dei canoni di locazione;

che l’ufficiale giudiziario,

d)

recatosi sul posto per notificare l’atto introduttivo del
giudizio, non aveva potuto espletare l’incombente perché,
trovata chiusa la casa, il portiere si era rifiutato di
e)

che successivamente il medesimo portiere aveva

firmato l’avviso di ricevimento della raccomandata spedita a
completamento delle formalità previste dall’art. 140 cod. proc.
civ.
Sostiene per contro l’esponente che l’impossibilità di eseguire
la notifica nei luoghi, alle persone e alle condizioni
prescritte dall’art. 139 cod. proc. civ. doveva risultare dalla
relazione dell’ufficiale giudiziario, e non già evincersi, per
implicito, dal ricorso al rito degli irreperibili; che,
conseguentemente, del tutto insufficienti erano le attestazioni
in ordine alla chiusura della casa di abitazione e al rifiuto
del portiere di ricevere il plico, dovendo l’ufficiale
giudiziario tentare la consegna anche ai vicini e quindi, se
del caso, constatare l’indisponibilità di tutti coloro che
abitavano nello stesso edificio o, per l’ipotesi di case
unifamiliari, in abitazioni vicine. Aggiunge che il giudice di
merito era ricorso a presunzioni, omettendo di provvedere sui
mezzi istruttori da lui articolati al fine di dimostrare che,
al momento della notifica, egli non abitava più all’indirizzo
indicato. In tale contesto, secondo l’impugnante, l’eccezione

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riceverlo;

di nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio
avrebbe dovuto essere accolta.
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Le critiche attengono, per un verso, alla identificazione

dell’abitazione del De Maria nell’appartamento sito in Napoli
alla via Nicolardi 99 ove la notifica venne eseguita; e, per

giudiziario, di tutte le formalità richieste dalla legge perché
possa considerarsi legittimo il ricorso al rito degli
irreperibili.
Sotto il primo profilo, esse sono resistite dal rilievo che le
risultanze anagrafiche hanno pacificamente un mero valore
presuntivo, vigendo, ai fini della determinazione del luogo di
residenza del destinatario, il criterio dell’effettività: in
tale prospettiva la prova del luogo ove lo stesso dimori di
fatto in via abituale può essere desunta da qualsiasi idonea
fonte di convincimento, ivi comprese le presunzioni, di talché
il relativo apprezzamento costituisce valutazione demandata al
giudice di merito, sottratta al controllo di legittimità, ove
adeguatamente motivata (confr. Cass. civ. 28 maggio 2010, n.
13151; Cass. civ. 22 dicembre 2009, n. 26985).
4 Ora, nello specifico, la Corte d’appello ha esplicitato, in

termini che non possono tacciarsi di insufficienza e di
illogicità, le ragioni per le quali correttamente
l’appartamento di via Nicolardi era stato individuato come casa
di abitazione del destinatario della notifica, richiamando
all’uopo le stesse ammissioni dell’appellante, il contenuto di

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altro verso, all’espletamento, da parte dell’ufficiale

atti e documenti a sua firma, o comunque a lui riferibili, gli
elementi indiziari desumibili dal comportamento del portiere
dello stabile il quale, pur rifiutando di ricevere l’atto, non
aveva tuttavia negato che nel palazzo abitasse il De Maria.
Il rigore e la completezza dell’Iter argomentativo del

delle istanze istruttorie formulate dall’appellante, pacifico
essendo che il giudice non è tenuto ad occuparsi singolarmente
di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione dell
parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art
132, n. 4 cod. proc. civ., che egli esponga, in maniera
concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento
della sua decisione, posto che devono così ritenersi per
implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi
che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili
con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito
(confr. Cass. civ. 20 gennaio 2010, n. 868; Cass. civ. 12
gennaio 2006, n. 407).
Ne deriva che le critiche formulate,

in parte qua,

dall’impugnante hanno ad oggetto una valutazione di stretto
merito, ampiamente e congruamente motivata, come tale
incensurabile in questa sede di legittimità.
5

Le censure attinenti alla regolarità degli adempimenti

dell’ufficiale giudiziario sono, anzitutto, gravemente carenti
sul piano dell’autosufficienza, non essendo riportato con

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decidente non sono inficiati dalla mancata, espressa reiezione

esattezza il contenuto della relata, né l’esatta allocazione
della stessa nel fascicolo di causa.
Peraltro le critiche sono, in ogni caso, destituite di
fondamento.
La deduzione della lacunosità delle attestazioni dell’ufficiale

consegna nei modi previsti dall’art 139 cod. proc. civ. sono
speciose, neppure essendo chiaro quale contenuto avrebbe dovuto
avere la relata per essere, in tesi, regolare. A ciò aggiungasi

i

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che l’assunto secondo cui, constatato il rifiuto del portiere \-1
di ricevere l’atto, l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto
compulsare, a uno a uno, tutti i condomini, in quanto vicini
del destinatario, ignora che i soggetti ai quali, in assenza di
questi, la consegna può essere effettuata sono indicati,
alternativamente – ed in sequenza tassativa – dall’art. 139, di
talché l’atto va consegnato al vicino che accetti di riceverlo
solo

quando anche il portiere manchi,

il che,

nella

fattispecie, non era (confr. Cass. civ. 11 maggio 1998, n.
4739; Cass. civ. 9 agosto 1996, n. 7309).
6 Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia violazione degli

1241, 1242, 1243 cod. civ., 35, 40, 166, 167, 345 cod. proc.
civ., nonché vizi motivazionali,

ex art. 360, nn. 3 e 5, cod.

proc. civ. Le censure si appuntano contro l’affermazione della
Corte d’appello secondo cui, considerato che il credito opposto
in compensazione era inerente ai danni derivati al locatore
dalla ritardata restituzione dell’immobile, l’eccezione – che

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giudiziario in ordine alla impossibilità di eseguire la

era eccezione di compensazione in senso tecnico – doveva
considerarsi preclusa.
Sostiene per contro l’impugnante che nell’atto di gravame egli
aveva altresì chiesto la condanna della controparte al
pagamento dei canoni arretrati e rispetto a tale credito, data
hinc et inde

dovute non soggiaceva agli oneri deduttivi previsti per le
eccezioni in senso stretto.
7 Le critiche sono, ancora una volta, prive di pregio.

Il principio per cui, quando i crediti e debiti reciproci hanno
origine da un unico rapporto, si è in presenza di una
compensazione c.d. impropria, avente natura giuridica di mera
difesa, si applica quando, dovendo procedersi all’accertamento
contabile del saldo finale di reciproche partite di dare e
avere, il calcolo delle somme, rispettivamente a credito e a
debito dell’una e dell’altra parte, può e deve essere compiuto
anche d’ufficio dal giudice, attenendo alla cognizione del
fondamento, e dei limiti del fondamento, della domanda di
pagamento azionata (confr. Cass. civ. 10 novembre 2011, n.
23539).
Ma la richiesta di condanna al versamento di canoni
pretesamente impagati, e l’eccezione di compensazione ad essa
connessa – della cui proposizione dà atto lo stesso giudice di
appello (a pag. 7 della sentenza impugnata) – apre un tema di
indagine completamente nuovo, di talché l’inerenza dello stesso
al medesimo rapporto locativo già sottoposto all’esame del

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l’unicità del rapporto, il calcolo delle somme

giudice, non vale a trasformare la verifica della fondatezza
della relativa domanda – connotata da un petitum e da una causa
petitum

e alla

causa

petendi

del tutto autonomi rispetto al

petendi

della domanda di accertamento del corrispettivo della

locazione dovuto in base alla legge e di restituzione delle

meramente contabile sull’ammontare del saldo finale.
Il ricorso è respinto.
L’impugnante rifonderà alla controparte vittoriosa le spese del
giudizio, nella misura indicata in dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi
euro 1.800,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e
CPA, come per legge.
Roma, 24 gennaio 2013

somme versate in più del dovuto – in uno scrutinio di carattere

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