Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4783 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 22/11/2016, dep.24/02/2017),  n. 4783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3723-2011 proposto da:

EDILIZIA & IMPIANTI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Liquidatore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE V. TUPINI 133,

presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO DE ZORDO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato VITO ANTONIO MARTIELLI giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA ETR SPA, AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI BARI in persona

dell’Amm.re Delegato e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA NOMENTANA 403 B/2, presso lo

studio dell’avvocato ANTONELLA FIORINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato IVANA CARSO giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI UFFICIO CONTROLLI

AREA LEGALE;

– intimato –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso il provvedimento n. 66/2010 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata l’11/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO;

udito per il controricorrente l’Avvocato MADDALO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La soc. (OMISSIS) Srl in Liquidazione ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza emessa dalla CTR di Bari n. 66/2/2010, che aveva accolto gli appelli proposti dall’Agenzia delle Entrate e da Equitalia, avverso la sentenza emessa dalla CTP di Bari che, con propria sentenza n. 175/4/2008, aveva accolto il ricorso avverso la cartella di pagamento attinente all’anno 2004, in quanto il contribuente ben era a conoscenza di quanto dovuto, trattandosi di dati da lui dichiarati, essendo emersi, a seguito di controllo automatizzato, omessi o carenti versamenti.

La società aveva presentato per l’anno 2004, nei termini di legge, dichiarazione dei redditi Mod. Unico/2005 e Mod. 770s/2005; successivamente in data 6.5.2008 alla società veniva notificata la cartella descritta in epigrafe per un importo complessivo di Euro 420.136,96, in quanto a seguito di un controllo automatizzato risultavano omessi o carenti versamenti dell’addizionale comunale e regionale Irpef, di ritenute alla fonte dell’Irap, Ires e dell’Iva, sempre con riferimento all’anno 2004. In primo grado il ricorso della società veniva accolto con riferimento all’eccezione relativa alla violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, commi 2 e 5, a seguito della omessa notifica della comunicazione di irregolarità.

Con l’atto di appello l’Agenzia rilevava in via preliminare di aver provveduto ad effettuare uno sgravio parziale delle somme iscritte a ruolo, proprio a seguito dei versamenti effettuati dalla società; nel giudizio di appello si costituiva anche l’Equitalia che eccepiva il formarsi di un giudicato interno nei propri confronti con riferimento alle eccezioni mosse in primo grado alla cartella di pagamento.

La Commissione Tributaria Regionale di Bari accoglieva l’appello e in riforma della sentenza impugnata dichiarava dovute le imposte, sanzioni interessi e spese residue risultanti dalla cartella di pagamento.

Nel proporre ricorso per la Cassazione della sentenza emessa dalla CTR di Bari la società ricorrente fonda le proprie doglianze su quattro motivi. Con il primo motivo di ricorso eccepisce l’erronea affermazione del giudicato interno con riferimento alle eccezioni rivolte al concessionario al concessionario, posto che, da un lato, il giudice di secondo grado ha erroneamente valutato la posizione processuale della ricorrente, che nel giudizio di secondo grado era parte appellata e non appellante, dall’altro i motivi di impugnazione della cartella ritenuti assorbirti erano stati oggetto di riproposizione nelle controdeduzioni in appello depositate l’11.1.2010 ed erano stati successivamente illustrati nella memoria depositata l’1.4.2010. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la necessità dell’inoltro dell’avviso bonario prima di procedere alla iscrizione a ruolo.

Con il terzo motivo la ricorrente eccepisce un vizio di insufficiente motivazione.

Con il quarto motivo la ricorrente censura l’impugnata sentenza, in quanto il giudice di secondo grado non avrebbe accolto il vizio di illegittimità, derivante dalla circostanza che la cartella sarebbe priva di sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento.

Si è costituita con proprio controricorso l’Equitalia ETR spa al fine di eccepire l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

In data 7.11.2016 la difesa della società ricorrente ha depositato richiesta di interruzione del processo per la sopraggiunta dichiarazione del fallimento della ricorrente dichiarato dal tribunale di Bari in data 27.9.2011. Tale richiesta, che va esaminata preliminarmente, non può essere accolta. Sul punto si richiama la costante giurisprudenza della Cassazione che sostiene che una volta attivato il processo, non è necessaria la partecipazione delle parti in causa.

Il processo di cassazione, caratterizzato dall’impulso di ufficio, non è soggetto ad interruzione in presenza degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. e ss., ivi compresa la dichiarazione di fallimento di una delle parti, poichè tali norme si riferiscono esclusivamente al giudizio di merito e non sono suscettibili di applicazione analogica in quello di legittimità (cfr. Cass., n. 21188 del 6 agosto 2008). Senza tacere, inoltre, che nel caso in esame la sopravvenuta dichiarazione di fallimento è successiva alla proposizione del ricorso. Passando all’esame dei motivi di ricorso, si osserva: 1) la manifesta infondatezza del primo motivo, in quanto la riproposizione dei motivi disattesi in primo grado costituisce onere processuale della parte appellante e non dell’appellato, che, nel caso in esame, era la Ladisa srl (ora (OMISSIS) srl in liquidazione), sicchè appare evidente che l’indicato passaggio motivazionale del giudice di secondo grado, invocato in proprio favore dalla ricorrente (“Preliminarmente va dichiarata l’estraneità della Concessionaria Equitalia Spa al presente giudizio, essendosi formato giudicato interno sui motivi proposti in primo grado e non esaminati dal primo giudice e non riproposti specificatamente nell’appello del contribuente, per cui la causa prosegue solo sul thema decidendum”) rappresenta un mero errore terminologico, privo di conseguenze. Nè va taciuto che, come correttamente rilevato nel controricorso di Equitalia, i motivi di impugnazione ritenuti assorbiti dal giudice di appello non sono stati riproposti nelle controdeduzioni, in cui la ricorrente si è limitata a riportarsi genericamente a tutto quanto dedotto, eccepito e prodotto nel corso del giudizio di primo grado. Ed invero nel processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56impone la specifica riproposizione in appello, in modo chiaro ed univoco, sia pure “per relationem”, delle questioni non accolte dalla sentenza di primo grado, siano esse domande o eccezioni, sotto pena di definitiva rinuncia, sicchè non è sufficiente il generico richiamo del complessivo contenuto degli atti della precedente fase processuale (cfr. Cass., sez. trib., 27/11/2015, n. 24267); 2) l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, posto che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, l’inoltro del cd. avviso bonario è escluso quando il risultato dei controlli automatici non sia diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, cioè nessuna norma impone di comunicare la regolarità della dichiarazione (cfr. Cass., n. 17396 del 23.7.2010); d’altronde la CTR ha anche correttamente evidenziato che non è annullabile un atto quando il suo contenuto non varia per effetto di errori sul procedimento; 3) la genericità del terzo motivo di ricorso, posto che la CTR ha reso una motivazione approfondita e specifica, in relazione alle doglianze dell’appellante, uniformandosi ai principi di diritto affermati dalla Suprema Corte; 4) l’infondatezza del quarto motivo di ricorso, in quanto, da un lato le doglianze in cui esso si articola non erano state proposte in appello; dall’altro, va ribadita la legittimità della sottoscrizione anche a mezzo stampa dell’avviso, essendo decisiva l’identificabilità dell’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, nonchè dell’indicazione del responsabile del procedimento (cfr. Cass., n. 25435/10; Cass., n. 22197/04). Ed invero in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione (cfr. Cass., 30/12/2015, n. 26053).

Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese in favore di Equitalia, che vanno liquidate in 7000,00 Euro per compensi, oltre accessori di legge.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore di Equitalia, che liquida in Euro 7000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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