Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4782 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2011, (ud. 30/11/2010, dep. 28/02/2011), n.4782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

s.r.l. MUSICA, con sede in (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma alla Via Edoardo D’Onofrio n. 43 presso lo studio

dell’avv. CASSANO Umberto che la rappresenta e difende in forza della

“procura” rilasciata a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

il Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma alla Via del Tempio di Giove n. 21 (Avvocatura

Comunale) insieme con l’avv. CECCARANI Bruno che lo rappresenta e

difende in forza non della “procura generale alle liti per atto

notaio … Giancarlo Mazza … del 6 dicembre 2002” indicato

nell’epigrafe del controricorso ma della procura rilasciata a margine

del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24/34/04 depositata il 12 maggio 2004 dalla

Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30 novembre 2010

dal Cons. Dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese della società, perorate dall’avv. Umberto CASSANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. APICE

Umberto, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato il 29 ottobre 2004 al Comune di Roma (depositato il giorno otto novembre 2004), la s.r.l. MUSICA – premesso che “nel ricorso in opposizione … chiedeva la disapplicazione dei processi verbali di accertamento n. (OMISSIS), relativi al periodo (OMISSIS)” -, in forza di tre motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 24/34/04 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (depositata il 12 maggio 2004) che aveva respinto il suo appello avverso la decisione (316/10/03) della Commissione Tributaria Provinciale di Roma la quale aveva disatteso il ricorso.

Nel controricorso notificato il 26 novembre 2004 (depositato il 9 dicembre 2004) il Comune intimato instava per il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. la Commissione Tributaria Regionale premette: – “trattasi di un ricorso della società LA MUSICA s.r.l. … avverso gli avvisi di accertamento nn. (OMISSIS) … notificati il 12 novembre 1996, relativi al periodo (OMISSIS), notificati il (OMISSIS), relativi al periodo (OMISSIS) e (OMISSIS) emessi dal Comune di Roma Servizio Affissioni e Pubblicità, con i quali veniva richiesto il pagamento della complessiva somma di Euro 743,7 per imposta e sanzione oltre ad Euro 619,75 per soprattassa per omesso pagamento dell’imposta comunale TOSAP sulla esposizione di pubblicità mediante affissione di manifesti come ad esempio “(OMISSIS)”;

– “la parte ricorrente richiedeva, in via principale, l’annullamento degli accertamenti” (“ritenendo che affissione era finalizzata alla diffusione, con carattere di urgenza, di un messaggio di manifestazione culturale effettuata da persone volontarie, prive di conoscenza in materia tributaria”) e “in via subordinata … la riduzione della imposizione tributaria nonchè delle sanzioni amministrative”;

– “la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso ritenuta la legittimità degli avvisi di accertamento essendosi realizzato il presupposto della tassa con l’affissione della pubblicità”;

– “avverso detta sentenza deposita appello la parte contribuente la quale ribadisce i motivi posti a sostegno del primo grado di giudizio precisando che la mancata identificazione del reale trasgressore è causa di nullità dell’accertamento in quanto non provata in alcun modo la responsabilità del committente come stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione della 1 sez. Civile n. 9935/01 e da numerose decisioni giudiziali”; “inoltre il mancato versamento della tassa avrebbe dovuto comportare l’applicazione della sola soprattassa, pari al 20% dell’ammontare della stessa tassa, prevista per l’omesso tardivo o parziale versamento in quanto si versa nell’ipotesi di occupazione temporanea” (“chiede pertanto la riduzione delle imposizioni tributarie e delle rispettive sanzioni amministrative, anche in relazione a quanto statuito dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 45, comma 7”);

– “il Comune di Roma … deposita controdeduzioni con le quali chiede la riforma della sentenza emessa nel grado precedente del giudizio eccependo in via preliminare la inammissibilità del ricorso introduttivo di primo grado per inesistenza della notificazione dello stesso risultando pertanto la sentenza emessa in assenza di formazione di un regolare contraddittorio”; “nel merito conferma la legittimità dell’emissione degli avvisi di accertamento e che comunque il disposto di cui all’art. 45 riguarda l’applicazione della tassa per l’occupazione del suolo ed aree pubbliche e chiede il rigetto dell’appello concludendo come in atti”.

Tanto esposto, la commissione ha rigettato l’appello della società osservando:

– “i primi giudici hanno motivatamente emesso la loro decisione valutando in fatto e diritto le circostanze che si sono verificate e che hanno portato a legittimare l’emissione degli avvisi di accertamento in questione, pertanto le motivazioni si intendono qui integralmente riportate”;

– “nel merito si è realizzato il presupposto oggettivo della tassazione con l’effettiva avvenuta affissione della pubblicità, il disposto invocato di cui all’art. 45, si riferisce all’applicazione della tassa per l’occupazione del suolo e pertanto non può essere applicato al caso in esame”.

2. Nel proprio ricorso la società espone: (a) in “fatto”: “nel ricorso in opposizione … si chiedeva la disapplicazione dei processi verbali di accertamento n. (OMISSIS), relativi al periodo (OMISSIS) per i seguenti motivi”:

– “l’affissione dei manifesti …, data l’urgenza di procedere alla divulgazione della comunicazione culturale, poteva essere fatta soltanto mediante l’opera di volontari, come tali privi di specializzazione nonchè di specifica conoscenza della normativa cogente regolante la materia”;

– “per la mancata identificazione del reale autore della violazione, non può ritenersi provata la responsabilità del committente ove non sia individuato con certezza il materiale responsabile della violazione e non venga fornita la prova di un rapporto diretto d’incarico dato dal committente agli attacchini per l’affissione illegittima (Cassazione, … n. 9935 del 2001)”;

– “la mancata identificazione dell’effettivo trasgressore è causa di nullità dell’accertamento non essendo provata la responsabilità del committente (sentenze n. 4585 del 1997 e n. 2756 del 1998, Pretore di Roma), in considerazione del fatto che conditio sine qua non della doverosità del pagamento dell’imposta è la sussistenza di un nesso di causalità diretta tra condotta ed evento”;

– “è in capo alla Pubblica Amministrazione che grava l’individuazione del trasgressore, ossia dell’autore materiale dell’affissione, e la contestuale definizione della illegittima intenzione, per cui essa non può procedere nei confronti del committente su base meramente presuntiva”;

– “l’affissione è stata effettuata, con carattere di estemporaneità ed asistematicità, secondo l’improvvisa esigenza, su spazi liberi adatti allo scopo e con il puro fine della massima divulgazione sociale”;

– “i manifesti sono stati collocati su pareti e strutture normalmente adibite alla affissione, senza deturpare monumenti o edifici di interesse storico-artistico e senza creare alcuna confusione in ordine alla segnaletica stradale ed alcun disturbo visivo agli utenti della strada”;

– “poichè nel caso … si tratta di occupazione temporanea del suolo pubblico, ossia di durata non superiore all’anno, per la quale è sufficiente il semplice pagamento della tassa in luogo della …

denuncia … prescritta, il mancato versamento della imposta avrebbe dovuto comportare l’applicazione della sola soprattassa prevista per omesso, tardivo o parziale versamento, pari al 20% dell’ammontare della tassa o della maggior tassa dovuta, e non anche della soprattassa stabilita per omessa, tardiva o infedele denuncia, pari al 100% dell’ammontare della tassa ovvero della maggior tassa”;

– “come statuisce il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, all’art. 45, comma 7, per le occupazioni realizzate in occasione di manifestazioni politiche, culturali o sportive, la tariffa ordinaria è ridotta dell’80% (comma così modificato dal D.Lgs. 28 dicembre 1993, n. 566, art. 1, comma 1, lett. c), numero 6)), del resto, la … parte ricorrente aveva richiesto in primo grado, in via subordinata , la riduzione delle imposizioni tributarie nonchè delle rispettive sanzioni amministrative”.

Tanto premesso la società denunzia in “diritto”:

(1) “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 112 e 132 c.p.c., comma 2, … numero 4):

(a) “nel ricorso … ha proposto diverse eccezioni” ma “il giudice si è pronunciato solo su alcune di esse”; (b) “nella motivazione della sentenza il giudice ha disatteso anche quanto disposto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, … numero 4), laddove dispone che la sentenza debba essere motivata”: “in particolare l’art. 118 disp. att. c.p.c. prevede che il giudice nel motivare la sentenza debba richiamare le norme di legge ed i principi di diritto applicati”;

(2) “violazione e/o falsa applicazione” della L. n. 689 del 1981, art. 6″ e della “L. n. 549 del 1995″, art. 1, comma 69”:

(a) “in ordine al non assoggettamento all’imposta di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993 occorre osservare che il D.Lgs. n. 507 del 1993 ed il Regolamento Comunale sono riferiti esclusivamente a messaggi diffusi nell’esercizio di un’ attività economica, allo scopo di promuovere la domanda di beni e servizi e sono perciò esclusi i messaggi per comunicazione ideologica anche per la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale”;

(b) “in ordine alla L. n. 689 del 1981, art. 6”:

– “il giudice non rilevando nella definizione della (responsabilità solidale l’essenzialità nel procedimento di accertamento della identificazione del trasgressore, contrasta il più costante orientamento della giurisprudenza di merito”;

– “il Ministero dell’Interno … ha archiviato i verbali precisando che “nel caso di violazione delle norme che disciplinano le affissioni elettorali, colui che ha materialmente affisso il manifesto è da ritenersi il solo responsabile della violazione”;

– “l’onere della prova della responsabilità materiale della violazione è a carico del Comune e tale principio è ribadito dille innumerevoli decisioni del Giudice del Tribunale di Roma …”;

– il “Tribunale di Roma … ha precisato che l’ufficio deve dar prove certe sia in ordine al procedimento amministrativo ed alla sua correttezza e conformità di legge che in ordine alla presunta responsabilità del committente”;

– il “Tribunale di Velletri …, accogliendo il ricorso, ha stabilito che “non è consentito dalla legge esigere dal proprietario.., il pagamento della somma dovuta dal trasgressore, se non si prova di avere, prima, notificato all’autore della violazione gli estremi della stessa. La solidarietà stabilita dalla L. n. 689 del 1981, art. 6 … significa che, contestala l’infrazione al suo autore e trascorsi inutilmente i termini perchè questi possa difendersi, ovvero rigettate le sue eventuali difese, il proprietario è responsabile in solido con 1 autore della violazione, in ordine al pagamento della somma da questi dovuta”;

– “oltre alle decisioni dei Prefetti, del Giudice e del Giudice di Pace, è testo di riferimento sostanziale per le affissioni di pubblicità ideologica la sentenza della Sezione Civile, n. 9935/01, con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito che “il committente … non è automaticamente responsabile per affissione dei manifesti, salvo che non si provi un rapporto diretto d’incarico dato da lui agli attacchini per l’affissione vietata, che nel caso non è dimostrato …”, stabilendo che “occorre la prova dell’elemento soggettivo della violazione”: “non ricorrono pertanto nel caso de quo le condizioni essenziali per attribuire al rappresentante legale della società la responsabilità della violazione in ragione della L. n. 689 del 1981, art. 6”;

(c) “in ordine al regolamento di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 69”:

– “il legislatore ha riconosciuto la carenza in ordine alle normative per la regolamentazione della pubblicità ideologica laddove con la L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 69 ha stabilito “con proprio regolamento i comuni disciplinano la predisposizione di spazi per l’affissione di manifesti politici al di fuori dei periodi elettorali””: “il Comune di Roma non ha mai dato seguito all’approvazione di tale regolamento, l’unico che avrebbe potuto essere posto a base normativa delle affissioni a carattere ideologico”;

– “il Giudice di Pace di Roma ha stabilito con la sentenza 2243/04 … che “… il Decreto Legislativo n. 507/1993 che riguarda solo i messaggi diffusi neh” esercizio di attività economica per promuovere la domanda di beni e servizi esclude i messaggi di contenuto politico ideologico (3) “violazione e non applicazione delle norme che regolano il termine per la notifica delle ordinanze ingiunzioni in materie di procedimento amministrativo ai sensi della L. n. 241 del 1990”:

– “il termine è stato determinato dall’ordinanza della Corte Costituzionale n. 201/2002, la quale afferma chiaramente “il prefetto è tenuto ad emettere l’ordinanza-ingiunzione entro un termine che originariamente era di sessanta giorni, che la L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 68, comma 4, (in vigore dal 1 gennaio 2000) ha portato a centottanta giorni (poi ridotti a novanta ad opera dell’art 18 della L. 24 novembre 2000, n. 340), e che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la violazione di tale termine rende illegittimo il provvedimento sanzionatorio”;

– “la Corte di Cassazione (sentenza … 1^ civile n. 4042/2001) ha ulteriormente precisato che l’ordinanza ingiunzione è comunque sottoposta alla norma della L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 2 “, “precisamente” stabilendo che “la L. n. 689 del 1981, art. 18, che regola quindi la fattispecie in esame, non fissa alcun termine per la decisione del Prefetto sul ricorso del trasgressore e, poichè non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 204 1 nuovo C.d.S., la perentorietà o meno del termine di sessanta giorni che tale norma prevede è questione del tutto irrilevante ai fini della presente decisione. Un termine per la decisione risultava però fissato, in via generale, dalla L. n. 241 del 1990, art. 2, già in vigore quando venne commessa l’infrazione e proposto il ricorso al Prefetto.

Trattandosi di un principio generale dell’ordinamento giuridico (cfr.

L. n. 241 del 1990, art. 29) non può risolversi nella indicazione di un termine ordinatorio, perchè tale interpretazione sarebbe in contrasto sia con il rilievo della norma, sia con la precisazione del dies a quo, sia con l’intento, sotteso alla previsione, di eliminare il silenzio come strumento ordinario di definizione dei procedimenti.

D’altra parte, il lungo lasso di tempo trascorso dall’Entrata in vigore della legge comporta, in mancanza di diverso termine dettato dalla pubblica amministrazione competente, l’applicazione del terzo comma del richiamato art. 2, con la conseguenza che l’ordinanza ingiunzione, emessa ben oltre il trentesimo giorno dal ricevimento del ricorso, è viziata per violazione di legge e deve essere annullata (Cass. 4204/99, 5936/99)”.

La ricorrente, “infine”, “evidenzia” che “la stessa Commissione Tributaria Regionale del Lazio …. con sentenza 126/16/00 del 26 febbraio 2001 ha accolto l’appello di essa .. Musica srl in quanto “… trattandosi di pubblicità ideologica, non commerciale, e pertanto esente”.

3. Il ricorso è inammissibile.

Per l’art. 366 c.p.c., n. 3 (l’inosservanza delle cui prescrizioni è espressamente sanzionata con l'”inammissibilità” dell’atto, come noto, il ricorso per cassazione “deve contenere”, l’esposizione” (quand’anche “sommaria”) “dei fatti della causa”, ovverosia di tutte le circostanze necessarie per identificare (quindi comprendere) l’oggetto della controversia.

Nel caso, la ricorrente – che non ha mai indicato neppure il campo dell’attività economica da essa svolta e che ha invocato l’applicazione delle norme che regolano i “messaggi per pubblicità ideologica” pur avendo veste di società di capitale – ha esposto quale “fatto” solo i “motivi” per i quali essa ha chiesto (“nel ricorso in opposizione proposto”, presumibilmente, in primo grado), la “disapplicazione dei processi verbali di accertamento … del 16 aprile 1996” (peraltro del tutto omettendo anche la sola menzione di altri atti “nn. 2611 e 2133, notificati il 3 gennaio 1.997, relativi al periodo 10 gennaio 1995-17 gennaio 1995”, che per il giudice di appello sarebbero stati opposti).

Da detti “motivi” (riprodotti nel loro tenore testuale al precedente punto 2) si ricava, unicamente, che i “verbali” contestati afferivano ad “affissione” di “manifesti” (“effettuata con carattere di estemporaneità ed asistematicità … su spazi liberi adatti allo scopo”), “collocati su pareti e strutture normalmente adibite all’affissione”: il ricorso, però, non contiene nessun cenno alle ragioni fattuali e/o giuridiche contenute nei contestati verbali, nemmeno quanto alla “responsabilità solidale” che dovrebbe costituire “l’essenzialità nel procedimento di accertamento”, per cui riesce del tutto impossibile operare un qualche collegamento delle censure proposte con una realtà fenomenica diversa da quella (peraltro emergente solo dalla sentenza impugnata) secondo cui con il “ricorso” la società ha impugnato “avvisi di accertamento … emessi dal . . . Servizio Affissioni e Pubblicità … per imposta e sanzioni … oltre che per soprattassa per omesso pagamento dell’imposta comunale TOSAP sulla esposizione pubblicitaria mediante affissione di manifesti come ad esempio ” (OMISSIS)”.

Anche tale affermazione, però, non chiarisce affatto l’oggetto della controversia (la cui identificazione assume rilievo anche al fine di determinare il regime decadenziale e/o prescrizionale applicabile) perchè l’espressione del giudice di appello “imposta comunale TOSAR” (sigla che individua la “tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche”) “sulla esposizione pubblicitaria mediante affissione di manifesti come ad esempio “(OMISSIS)” non consente di individuare di quale delle due imposte (di “pubblicità” o di “pubbliche affissioni” ovvero di “occupazioni di spazi ed aree pubbliche”) è stata chiesto, in concreto, il pagamento da parte del Comune: la stessa ricorrente, ancora, afferma , che “nei caso … si tratta di occupazione temporanea del suolo pubblico, … di durata non superiore all’anno” (derivando che sarebbe stato “sufficiente il semplice pagamento della tassa in luogo della … denuncia …

prescritta” e che “il mancato versamento della imposta avrebbe dovuto comportare l’applicazione della sola soprattassa … per omesso, tardivo o partila versamento … e non anche della soprattassa stabilita per omessa, tardiva o infedele denuncia”).

Le carenze espositive che affliggono il ricorso, inoltre e conseguentemente, impediscono di formulare qualsiasi giudizio in ordine alla rilevanza decisoria (ovverosia all’idoneità- a determinare una decisione anche solo in parte più favorevole alla ricorrente), sia della “identificazione del reale responsabile” (“materiale responsabile della violazione”) , anche ai fini della prova della (sola) “responsabilità del committente” (tenuto conto che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 6, comma 1, considera “soggetto passivo dell’imposta sulla pubblicità”, “tenuto al pagamento in via principale”, “colui che dispone a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso”, quindi anche chi ha la disponibilità dei manifesti pubblicitari abusivamente affissi), sia, ancora, del richiamo al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 45, comma 7, che regola le “occupazioni” (di “spazi ed aree pubbliche”) “realizzate in occasione di manifestazioni politiche, culturali o sportive” – che il giudice di appello ha espressamente ritenuto non applicabile “al caso” (“non può essere applicato”) perchè “si riferisce alla … tassa per l’occupazione del suolo” -, come, ancora ed infine, di quelli all’art. 6 (“solidarietà”) della legge 24 novembre 1981 n. 689 (attesa l’esistenza, nel D.Lgs. n. 507 del 1993, di espresse, diverse previsioni normative sia per la TOSAP che per l’imposta sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni, anche quanto ai “termini” per la notifica dei provvedimenti impositivi) ed al comma 69 della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1 (per il quale “le affissioni di manifesti politici effettuate fino al 30 giugno 1995 in violazione della L. 4 aprile 1956, n. 212, art. 8, ultimo comma, possono essere sanate mediante versamento di un’ oblazione a carico dei responsabili, pari, per ciascuna violazione, all’importo minimo indicato dallo stesso comma ed entro un massimo di L. ottocentomila.

A tali violazioni non si applicano le disposizioni di cui alla L. 10 dicembre 1993, n. 515, art. 15, commi 2 e 3. Con proprio regolamento i comuni disciplinano la predisposizione di spazi per l’affissione di manifesti politici al di fuori dei periodi elettorali”), non riscontrandosi l’inferenza della sanatoria disposta dalla norma per le ” affissioni di manifesti politici” con l’abusiva affissione di manifesti annuncianti l’esibizione (della quale non si allega neppure la gratuità) di un cantante in un teatro della capitale, nonchè all’evocazione del “termine per la notifica delle ordinanze ingiunzioni in materie.

di procedimento amministrativo ai sensi della L. n. 241 del 1990”, vertendosi (giusta quanto assunto dal giudice di appello) in ipotesi (non già di ordinanza ingiunzione ma) di impugnazione di avvisi di accertamento di violazione di norme tributarie.

Conseguentemente le osservazioni della ricorrente si rivelano del tutto inidonee a supportare le censure formulate perchè, nella sostanza, è giuridicamente impossibile affermare la violazione e/o la falsa applicazione di qualsiasi delle norme di diritto da essa denunziata, della quale il giudice non abbia fatto applicazione ai fini della propria decisione, non essendo stati dedotti elementi concreti dai quali desumere la necessità di quell’applicazione.

4. Per la sua totale soccombenza la ricorrente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., deve essere condannata a rifondere al Comune le spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate (nella misura indicata in dispositivo) in base alle vigenti tariffe professionali forensi, tenuto contro del valore della controversia e della effettiva attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società a rifondere al Comune le spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 700,00 (settecento/00), di cui Euro 500,00 (cinquecento/00) per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 30 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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