Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4782 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2022, (ud. 22/12/2021, dep. 14/02/2022), n.4782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5376-2020 proposto da:

S.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ASSUNTA FICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE presso la PREFETTURA

– UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI CROTONE, in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso legis dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA

DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1357/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 25/06/2019 R.G.N. 2009/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2021 dal Consigliere Dott.ssa PONTERIO CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello proposto da S.G., cittadino pakistano, avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere fuggito per sottrarsi al pericolo di finire in carcere o essere ucciso, essendo stato falsamente e ingiustamente accusato di essere un fiancheggiatore di un gruppo di terroristi che avevano ucciso due poliziotti. Egli era responsabile di un gruppo di operai, impegnati nell’estrazione del carbone in una miniera. Alcuni funzionari governativi si erano recati presso la miniera per riscuotere le imposte, scortati da due poliziotti. Il gruppo di operai avevano sparato contro i poliziotti, temendo che questi avessero scoperto la loro appartenenza ad un gruppo di terroristi, ignorata peraltro dallo stesso S.. Due giorni dopo tale accadimento, aveva saputo da suo cugino che la polizia lo stava cercando ed aveva un mandato di arresto e che anche i terroristi erano sulle sue tracce, poiché lo consideravano collaboratore della polizia; difatti si erano recati presso la sua fattoria ed avevano ucciso uno dei suoi cani. Aveva quindi deciso di lasciare il Paese.

3. La Corte d’appello ha ritenuto inverosimile il racconto del richiedente e quindi assenti i presupposti per lo status di rifugiato e per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); ha escluso i presupposti della protezione sussidiaria di cui al citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sul rilievo della inesistenza di una condizione di violenza indiscriminata, specie nel distretto di Jhelum nella provincia del Punjab, luogo di provenienza del richiedente; ha infine escluso i requisiti per la protezione umanitaria non essendo allegata una condizione di vulnerabilità o una situazione di emergenza ambientale, sanitaria o alimentare nel Paese di provenienza; che il dato dell’inserimento sociale del richiedente non era stato allegato nel ricorso introduttivo di primo grado e non potesse essere valutato per la prima volta in appello.

4. Avverso la sentenza il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. Col primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e dell’art. 46, comma 3, Direttiva 2013/32, per avere la Corte di merito omesso di procedere alla nuova audizione del richiedente e poi, in modo contraddittorio, rigettato l’impugnazione per i dubbi emersi sulla veridicità del racconto del medesimo.

7. Col secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa valutazione del livello di integrazione del ricorrente e dei documenti prodotti sul suo percorso lavorativo, documenti sopravvenuti al giudizio di primo grado e quindi ammissibili nel giudizio di appello.

8. Col terzo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 – 27, per avere la Corte territoriale, nel giustificare il rigetto della domanda di protezione sussidiaria, omesso di compiere un’adeguata istruttoria sulle condizioni del Paese d’origine del richiedente e sul pericolo di danno grave a cui il predetto sarebbe esposto in caso di rimpatrio (come ricavabile dalle fonti informative citate e trascritte), nonché sulla condizione di vulnerabilità il cui lo stesso si troverebbe.

9. Col quarto motivo è dedotta, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per mancata comparazione tra l’integrazione sociale e la situazione personale del richiedente. Si assume che la Corte di merito abbia omesso di considerare la grave violazione dei diritti umani a cui sarebbe esposto il ricorrente in ipotesi di rimpatrio nonché il livello di integrazione raggiunto in Italia ove il medesimo ha appreso la lingua italiana, i nostri costumi, ha svolto un percorso lavorativo (documentato in atti) e si “e’ rifatto una vita”.

10. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

11. Secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone le ragioni), in riferimento al procedimento ex 35 bis D.Lgs. n.25/2008, “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella Data pubblicazione 14/02/2022 fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (v. Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”; v. anche Cass. n. 2760 del 2021; n. 25312 del 2020).

12. Nel caso di specie, il motivo di ricorso non trascrive né illustra in modo specifico il contenuto dell”istanza di audizione formulata nel giudizio di appello, sicché non è possibile valutare se la stessa fosse corredata della necessaria indicazione dei fatti dedotti a fondamento e dei profili di credibilità del racconto non approfonditi nelle precedenti fasi di giudizio; non può quindi affermarsi la contraddittorietà della motivazione di rigetto dell’istanza ove manchino elementi atti a dimostrare che la richiesta di audizione fosse munita dei necessari requisiti di specificità.

13. Parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso per difetto di specificità, in quanto si limita a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle fonti specificamente consultate in relazione alla domanda di protezione sussidiaria, senza tuttavia evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate. Data pubblicazione 14/02/2022

14. Questa Corte (Cass. n. 4037 del 2020; n. 23999 del 2020; n. 26728 del 2019) ha chiarito che, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria.

15. Ove manchi tale specifica allegazione, come nel caso di specie, è precluso a questa Corte di procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito.

16. Sono invece fondati, e devono trovare accoglimento, il secondo e il quarto motivo di ricorso, in materia di protezione umanitaria.

17. La Corte di merito ha errato nel giudicare inammissibile la produzione, per la prima volta in appello, di documenti attestanti la situazione lavorativa del ricorrente, sul rilievo che ciò comportasse un mutamento della causa petendi, e quindi la proposizione di una domanda nuova in appello, non risultando allegata nel ricorso introduttivo di primo grado la circostanza dell’inserimento sociale del richiedente in Italia.

18. Premesso che la domanda di protezione umanitaria reca in sé il riferimento ai requisiti che ne costituiscono presupposti è certo idonea a determinare una modifica della causa petendi della domanda. Ne’ potrebbe aver rilievo la tardiva produzione dei Data pubblicazione 14/02/2022 documenti in appello, pur prescindendo dall’allegazione di parte ricorrente sul carattere sopravvenuto dei medesimi, in ragione del dovere di cooperazione istruttoria specificamente imposto in questa materia, che attiene alla tutela di diritti fondamentali della persona, all’autorità giudiziaria. Va, infatti, al riguardo ricordato che le Sezioni Unite della Corte hanno chiarito che nelle controversie in materia di protezione internazionale o umanitaria “i principi che regolano l’onere della prova, incombente sul richiedente, devono essere interpretati secondo le norme di diritto comunitario contenute nella Direttiva 2004/83/CE, recepita con il D.Lgs. n. 251 del 2007” e “secondo il legislatore comunitario, l’autorità amministrativa esaminante ed il giudice devono svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria”, tanto da ritenere che debba “ravvisarsi un dovere di cooperazione del giudice nell’accertamento dei fatti rilevanti” ai fini del riconoscimento della protezione richiesta e “una maggiore ampiezza dei suoi poteri istruttori officiosi” (Cass. SU n. 27310 del 2008, orientamento ormai consolidato).

19. Sull’erroneo assunto di inammissibilità della deduzione relativa all’inserimento sociale in Italia, nonché sul generico rilievo che “dalle stesse dichiarazioni del pakistano non emerge una situazione di emergenza ambientale, sanitaria o alimentare” nel paese di provenienza, ha Corte di merito ha omesso di svolgere la doverosa verifica sui presupposti della invocata protezione umanitaria, secondo i principi enunciati in sede di legittimità (v. Cass. n. 4455 del 2018; Cass. S.U. n. 29459 del 2019; v. anche Cass. n. 20124 del 2021; n. 3580 del 2021) e recentemente ribaditi dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24413 del 2021.

20. In particolare, la Corte di merito ha del tutto omesso di Data pubblicazione 14/02/2022 procedere alla valutazione comparativa che, in base alla normativa del T.U. Imm. anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 113 del 2018, “dovrà essere svolta attribuendo alla condizione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nel tessuto sociale italiano. Situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel Paese di origine possono fondare il diritto del richiedente alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione del medesimo in Italia…” (così Cass., S.U. n. 24413 del 2021 cit.).

21. Al riguardo, si è ulteriormente precisato che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, deve ritenersi necessaria e sufficiente la valutazione dell’esistenza e della comparazione tra il livello di integrazione raggiunto in Italia e la situazione del Paese di origine degli indicati presupposti, che è condizionata dalla eventuale valutazione negativa di credibilità del ricorrente. Inoltre, che il riconoscimento della protezione umanitaria postula – una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto – l’obbligo per il giudice del merito, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, estensivamente interpretato, di cooperare nell’accertamento della situazione reale del Paese di provenienza, mediante l’esercizio di poteri/doveri officiosi d’indagine, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente; e al fine di ritenere adempiuto tale obbligo officioso, l’organo giurisdizionale è altresì tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. n. 11312 del 2019), ma senza incorrere nell’errore di utilizzare le fonti informative che escludano (a torto o a ragione) l’esistenza di un conflitto armato interno o internazionale (rilevanti al solo fine di valutare la domanda di protezione internazionale sub specie del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)) – al diverso fine di valutare Data pubblicazione 14/02/2022 la situazione del Paese di origine sotto l’aspetto della mancata tutela dei diritti umani e del loro nucleo incomprimibile (v. Cass. n. 32237 del 2021).

22. La sentenza impugnata, che ha negato la protezione umanitaria senza svolgere, secondo i dettami di questa Corte, il giudizio di comparazione tra i presupposti della stessa, deve essere cassata, in accoglimento del secondo e del quarto motivo di ricorso, con rinvio della causa alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che, nel procedere ad un nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 22 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

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