Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4782 del 11/03/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4782 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA
sul ricorso 9914 – 2013 proposto da:

VGM MOTORS SRL IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO
PREVENTIVO in persona del Liquidatore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CESI
21, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLO PIERRO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MASSIMO PRETI giusta delega a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

gi4

Data pubblicazione: 11/03/2016

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente
avverso la sentenza n. 144/2012 della COMM.TRIB.REG.
IffIL tony,Atest

0, depositata il 27/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

VELLA;
udito per il ricorrente l’Avvocato PIERRO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE SOCIO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 13/10/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA

RITENUTO IN FATTO
A seguito di p.v.c. del 19.5.2008 elevato a carico della società “VGM Motors
s.r.l.” – esercente l’attività diretta alla realizzazione dei prototipi di una
motocicletta e di un’autovettura nonché alla ricostruzione di un’auto d’epoca con
il marchio “Bizzarrini” – l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento
per l’anno di imposta 2004j con cui contestava la contabilizzazione di una fattura
passiva per un ammontare diverso da quello risultante dal contratto di cessione
del marchio, la violazione della normativa antiriciclaggio per finanziamenti

consulenze per prestazioni professionali fatturate, l’imputazione di costi di
gestione a rimanenze finali (preordinata a non evidenziare le costanti perdite di
esercizio che rendevano evidente la struttura fittizia della società), nonché la
qualificazione come “società di comodo”, in mancanza di ricavi, con conseguente
disconoscimento della detrazione Iva.
La C.T.P. di Pavia accoglieva il ricorso della contribuente, in analogia ad altra
decisione assunta per l’anno di imposta 2003, ritenendo che il semplice fatto che
la produzione non fosse giunta a termine non implicasse né la sua insussistenza
né il fatto che si trattasse di una “società di comodo”.
La C.T.R. della Lombardia accoglieva invece l’appello dell’Ufficio, ritenendo
che tutti gli elementi evidenziati dai verificatori dessero corpo alla presunzione di
esistenza di una struttura senza scopi reddituali, finalizzata prevalentemente a
creare crediti Iva, giustificandone perciò il recupero a tassazione, parte della
quale – peraltro – concernente costi ritenuti non deducibili, in quanto relativi a
consumi di carburante documentati da schede prive dei requisiti di legge e
fatture per consulenze e servizi dei quali la contribuente non aveva dimostrato
l’inerenza.
Per la cassazione della sentenza d’appello n. 144/36/12 del 27.9.2012, la
“VGM Motors s.r.l. in liquidazione, in concordato preventivó t, ha proposto ricorso
affidato ad un unico motivo, cui l’Agenzia delle entrate ha resistito con
controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso

dell’Agenzia delle entrate in quanto tardivo ai sensi dell’art. 370, primo comma,
r
cod. proc. civ., poiché inoltrato alla notifica a mezzo posta in data 7.5.2013, a
fronte della notifica del ricorso in data 27.3.2013.
2. Con l’unico motivo di ricorso, formulato in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 4), cod. proc. civ., la società “VGM Motors S.r.l. in liquidazione, in
concordato preventivo” lamenta la «violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del
d.lgs 31 dicembre 1992, n. 546», chiedendo che la sentenza impugnata venga
ud. 13 ottobre 2015

9914/13 N,R.G

effettuati dai soci con versamenti in contanti, la mancata documentazione di

«annullata, con rinvio alla fase di merito ai fini della deliberazione effettiva circa
la correttezza di quanto riportato nella sentenza della Commissione Provinciale di
Pavia e, comunque, allegato nelle difese dell’odierna ricorrente».
3.

Parte ricorrente deduce, a tal fine, che in ordine alla questione

controversa – «stabilire se, come aveva contestato l’Ufficio, la VGM Motors s.r.l.
fosse una c.d. società di comodo, vale a dire una società che non svolgeva
alcuna reale attività produttiva, così da giustificare la detrazione dell’Iva scontata
sugli acquisti (detrazione che, in assenza di una reale attività d’impresa,

sarebbero limitati «ad affermare apoditticamente che l’Ufficio ha provato i propri
assunti», mediante «affermazioni stereotipe, astrattamente riferibili a qualsiasi
giudizio di appello», e tali perciò da rendere «la pronuncia inidonea a consentire
un qualsiasi controllo delle ragioni che ne stanno alla base».
4. Il Collegio ritiene che la censura non meriti accoglimento.
5. Invero, dopo aver dettagliatamente riepilogato il merito sostanziale e
processuale della vicenda, i giudici regionali non si sono limitati a ritenere «gli
elementi emersi dalle risultanze del p.v.c. sufficienti a fondare l’accertamento e a
legittimare il recupero dell’IVA per l’ammontare accertato», ma hanno
specificamente elencato tutti gli elementi riscontrati dai verificatori – «violazioni
della disciplina normativa antiriciclaggio per finanziamenti soci infruttiferi
eseguiti mediante versamenti in contanti per un totale di € 193.800,00; – non
giustificata imputazione a rimanenze finali dei componenti negativi di reddito,
compresi quelli concernenti la gestione ordinaria, per commessivi 660.868,69;
– assenza di documentazione relativa a consulenze e prestazioni professionali
fatturate; – contabilizzazione di fattura passiva, relativa a cessione marchio, per
un ammontare non corrispondente a quello indicato nel relativo contratto; mancata realizzazione, fino all’epoca della verifica fiscale (novembre 2006) del
prototipo di vettura e motociclo, costituenti l’oggetto prevalente dell’attività
d’impresa all’epoca della verifica; assenza di attività produttiva di reddito tale
almeno da coprire i costi (v. avviso accertamento pagg. 4-7)» – che avrebberoa
loro giudizio! «dato corpo alla presunzione dell’esistenza di una struttura senza
scopi reddituali, costituita per utilizzo di comodo, finalizzata prevalentemente a
creare crediti IVA», ritenendo perciò giustificato il recupero a tassazione dell’IVA
detratta, parte della quale peraltro concernente «costi ritenuti non deducibili in
quanto relativi a consumi di carburante documentati da schede prive dei requisiti
di legge, e fatture per consulenze professionali, servizi di recupero veicolo e
rimborsi spese a terzi (per tutti, cfr. avviso accertamento pag. 3; p.v.c. pagg 4750, Sezione 2, all. 4, 6, 10, 12) delle quali la contribuente non ha dimostrato
l’inerenza». A tali osservazioni il giudice diappello ha aggiunto, infine, che «la
ucl. 13 ottobre 2015

9914/13 N.R.G.

generava cospicui crediti per rimborso in ogni esercizio)» – i giudici d’appello si

contribuente non ha allegato a difesa circostanze idonee a confutare validamente
i puntuali rilievi dei verificatori, fatti propri dall’Ufficio accertatore».
6. Lo stesso tenore testuale della motivazione testimonia che, a prescindere
dalla sua correttezza (non contestata dalla parte sotto i diversi profili dell/error in
iudicando

ovvero della insufficienza o contraddittorietà), essa non può

oggettivamente definirsi né inesistente, né apparente, e comunque tale da
condurre, per questa via, alla invocata nullità della sentenza.
7. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il controricorso, rigetta il ricorso e condanna
parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
€ 5.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/02, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quella
dovuta per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella c mera di consiglio del 13 ottobre 2015.

delle spese processuali, liquidate in dispositivo.

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