Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4781 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. I, 24/02/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 24/02/2020), n.4781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5919/2016 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Appia Nuov n. 96, rappresentata e difesa dall’avvocato Rolfo Paolo,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ing Lease Italia S.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1594/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/10/2019 dal cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Torino, con sentenza pubblicata il 3 settembre 2015, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la Banca Monte dei Paschi di Siena al pagamento in favore di Ing Lease Italia dell’importo di 49.000,00 Euro oltre ad interessi, a titolo di restituzione dell’importo corrisposto dalla banca Monte dei Paschi di Siena alla Bertello spa, nonostante la tempestiva revoca della delegazione di pagamento.

La Corte territoriale, ritenuta l’ammissibilità della produzione in appello della comunicazione di revoca dell’ordine di pagamento proveniente da Ing Bank su incarico di Ing Lease spa, riteneva che in forza di tale comunicazione la Banca Monte dei Paschi, che aveva eseguito il pagamento nonostante la revoca le fosse stata comunicata nello stesso giorno della disposizione, fosse tenuta alla restituzione del relativo importo.

Per la cassazione di detta sentenza, propone ricorso, con tre motivi, Banca Monte dei Paschi di Siena spa.

Ing lease spa non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione alla valutazione di indispensabilità del documento di revoca del bonifico per via telematica, in data 25.10.2007.

La ricorrente deduce che Ing Lease spa non ha fornito alcuna prova dell’impossibilità di produrre il documento già nel giudizio di primo grado, sussistendo anzi la prova della conoscenza di detto documento, con la conseguenza che la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare se fosse maturata o meno a carico di Ing Lease spa una preclusione o decadenza in ordine alla suddetta produzione documentale, a norma dell’art. 183 c.p.c.

Il motivo è infondato.

Come affermato dalle Sez.U. di questa Corte, nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio, oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.

E’ dunque irrilevante l’eventuale conoscenza del documento da parte di Ing Lease, ferma restando la condivisibile valutazione di indispensabilità del documento medesimo effettuata dal giudice di appello, in quanto afferente ad elemento decisivo, quale quello di tempestività della revoca del pagamento (Cass. 10790 del 2017).

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2712 c.c., degli artt. 2729,2697 e 2704 c.c. in relazione alla prova della ricezione, in data 25.10.2007, da parte della Banca Monte dei Paschi di Siena del messaggio telematico di revoca del bonifico. La ricorrente rileva che il documento prodotto non era idoneo a provare la sua ricezione da parte della Banca Monte dei Paschi; esso recava soltanto la data di invio del messaggio ma non quella di ricezione, nè il destinatario, nè risultavano agli atti elementi da cui desumere altrimenti la prova della ricezione da parte della banca, apparendo al riguardo inidonee le dichiarazioni del teste B. e F.; la ricorrente deduce inoltre la propria posizione di terzietà con conseguente inoponibilità del messaggio ai sensi dell’art. 2704 c.c.

L’articolato motivo è infondato.

Deve anzitutto escludersi la posizione di terzietà della banca, atteso che il fatto in contestazione concerne la ricezione di un messaggio di cui la banca stessa è destinataria, mentre non vengono in rilievo profili che riguardano il rapporto interno (di mandato) tra Ing bank ed Ing Lease.

Ciò premesso, il motivo è inammissibile perchè tende a censurare una valutazione di merito della Corte di appello che, con apprezzamento adeguato, fondato su argomentazione logica, coerente ed adeguata, ha ritenuto che potesse ritenersi provata non soltanto la data di invio della comunicazione di revoca (pacificamente effettuata da Ing Bank stesso giorno dell’ordine di pagamento) ma anche quella di ricezione della comunicazione stessa, alla luce della circostanza che la Monte de Paschi come tutte le altre banche aderiva al sistema di comunicazione telematica BICOMP.

Tale circostanza, specificamente riferita dal teste B. senza margini di opinabilità o incertezza, non risulta specificamente contestata dalla banca ricorrente, la quale si limita a rilevare che la propria partecipazione al predetto sistema “sarebbe tutta da dimostrare”, ma omette di confutare in modo specifico la dichiarazione del teste.

In virtù di tale circostanza (partecipazione di Monte dei Paschi al BICOMP), deve ritenersi applicabile al caso di specie la presunzione di conoscenza degli atti negoziali di cui all’art. 1335 c.c., atteso che ai fini dell’operatività della presunzione di conoscenza degli atti negoziali ai sensi dell’art. 1335 c.c., l’indirizzo del destinatario, presso il quale deve giungere la dichiarazione recettizia, non necessariamente coincide con i luoghi di individuazione delle persone fisiche (domicilio, residenza, dimora) o degli enti collettivi (sede), potendo identificarsi in un diverso luogo preventivamente indicato, in ragione di un collegamento di altra natura, dal destinatario e, pertanto, rientrante nella propria sfera di dominio e di controllo (Cass. 19524/2019).

Non sussiste dunque la dedotta violazione, da parte del giudice di appello, delle disposizioni in materia di valutazione degli elementi indiziari e dell’onere della prova.

Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 1218 e 1372 c.c., deducendo che la Corte d’appello di Torino avrebbe implicitamente fondato la pronuncia di restituzione sulla responsabilità contrattuale della banca: da ciò la violazione dell’art. 1372 c.c., posto che Ing Lease spa sarebbe estranea al rapporto contrattuale tra Ing Bank ed MPS.

Il motivo è inammissibile per novità della questione.

La questione della titolarità del rapporto controverso non risulta infatti riproposta nel giudizio di appello, non risultando che sia stato impugnato l’accertamento, contenuto nella sentenza di primo grado, secondo cui MPS aveva agito in esecuzione di un mandato conferitole da Ing Lease, cui spettava dunque la titolarità del rapporto.

E’ infatti giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio (Cass. 4787/2012).

Come questa Corte ha già affermato, infatti, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass.2140/2006).

Nel caso di specie, la ricorrente non ha assolto al suddetto onere di riportare il contenuto del proprio atto di impugnazione con cui ha censurato la statuizione del primo giudice o ha comunque riproposto la questione della titolarità del rapporto.

Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in 4.200,00 Euro di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura del 15%; ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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