Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4780 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 26/09/2016, dep.24/02/2017),  n. 4780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 969-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

STI SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato NATALE MANGANO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/2008 della COMM.TRIB.REG. del PIEMONTE,

depositata il 17/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato LUCISANO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con la sentenza n. 61/12/08, depositata il 17.11.2008 e non notificata, respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento notificato alla società STI SPA, partecipante al Consorzio per servizi integrati con rilevanza esterna Manital, avente ad oggetto il recupero della maggiore Iva dovuta dalla società consorziata.

Gli avvisi traevano origine da un pvc della G. di F. Secondo l’Amministrazione finanziaria la società – partecipante al Consorzio di imprese Manital senza scopo di lucro, che costituiva organizzazione di più imprenditori per lo svolgimento in comune di determinate fasi dell’impresa – non aveva provveduto alla fatturazione ed alla autofatturazione di costi ed utili che il Consorzio aveva l’obbligo di ribaltare in toto per trasparenza fra tutti i consorziati e che, nella prospettazione dell’Amministrazione erano stati ribaltati in modo occulto mediante la compensazione: ciò anche se nel periodo in contestazione la STI non aveva partecipato all’esecuzione di commesse. L’obbligo di emettere le fatture e le autofatture era stato commisurato dalla Amministrazione alla quota di partecipazione al fondo consortile.

La società contribuente, confermando di non avere eseguito alcuna lavorazione in subappalto nel periodo in contestazione, nel contestare la pretesa, esponeva che il Consorzio poteva essere qualificato come mandatario senza rappresentanza, che il Consorzio emetteva fattura al committente per i lavori eseguiti e pagava alla consorziata che aveva eseguito i lavori in sub appalto il corrispettivo dovuto, che i costi fissi del Consorzio erano ribaltati pro quota tra i singoli consorziati. Ne conseguiva, a suo dire, che l’impresa consortile aveva l’obbligo di fatturare al Consorzio l’importo dei soli lavori affidati ed eseguiti in proprio e di assolvere i relativi tributi. La contribuente, in subordine, contestava inoltre la quantificazione della quota di partecipazione al Consorzio sulla quale l’Ufficio aveva calcolato i recuperi a tassazione.

2. Il giudice di appello aveva condiviso le motivazioni del primo giudice che aveva escluso il ribaltamento di proventi ed oneri per gli associati che non avevano partecipato all’esecuzione degli appalti sulla considerazione della inammissibilità della prova presuntiva in merito alla ripartizione di eventuali utili conseguiti dal Consorzio e della previsione statutaria (art. 7) che consentiva al Consorzio di assumere commesse per tutti gli associati e per alcuni di essi. Aveva, in particolare, rilevato che il Consorzio agiva come mandatario senza rappresentanza delle singole società consorziate e pertanto era tenuto ad emettere fattura esclusivamente nei confronti dei clienti committenti con i quali aveva stipulati contratti; aveva quindi concluso che la pretesa tributaria era sfornita di prova in quanto fondata su una mera presunzione di ripartizione di eventuali utili conseguiti dal Consorzio Manital tra le varie società consorziate, presunzioni che non poteva essere poste a base dell’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis (accertamento parziale), da fondarsi invece solo su “elementi certi, oggettivamente riscontrabili”.

3. Per la cassazione della sentenza della CTR ha proposto ricorso la Agenzia delle entrate, affidandosi a due motivi; la società resiste con controricorso, corroborato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Il procedimento, rinviato a nuovo ruolo in attesa dell’esame della questione da parte delle Sezioni Unite della Cassazione, è stato nuovamente fissato all’udienza pubblica a seguito della intervenuta decisione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2602 c.c. e ss., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, dell’art. 1241 c.c. e ss. (art. 360c.p.c., comma 1, n. 3).

A parere della ricorrente la sentenza è errata in diritto nella parte in cui ritiene che l’Amministrazione finanziaria non sia riuscita a dimostrare la antigiuridicità degli atti del Consorzio e ricorda che l’impianto sul quale si fonda l’operato dell’Ufficio parte dalla considerazione che il Consorzio, ai sensi dell’art.2602 cc persegue uno scopo mutualistico, come previsto dallo Statuto, e non può mirare ad un lucro: a ciò consegue, nella prospettazione della ricorrente che gli utili e i costi devono sempre essere ribaltati sulle consorziate e che il consorzio non può trattenere gli utili o provvedere autonomamente ai costi, di guisa che la differenza riscontrata tra gli importi fatturati dal Consorzio alle committenti ed i minori importi fatturati dalle consorziate al Consorzio, è stata ritenuta sintomatica delle violazioni contestate.

La ricorrente chiede di sapere se la CTR sia incorsa nella violazione delle norme indicate annullando l’avviso di accertamento, per avere escluso – trascurando la natura mutualistica del Consorzio e le previsioni statutarie in merito alla partecipazione dei consorziati ai costi consortili e prescindendo dalla titolarità da parte del Consorzio anche di una autonoma organizzazione con la quale eseguiva in proprio alcune commesse – che il Consorzio avesse un obbligo di ribaltare sulle consorziate, con il conseguente obbligo di fatturazione e di autofatturazione, tutti i costi generali di gestione e i costi specifici relativi alle singole commesse e tutti gli utili (mai distribuiti alle consorziate), e che la mancata fatturazione del ribaltamento dei costi e degli utili postulava un ribaltamento realizzato in forma occulta con il meccanismo della compensazione, in violazione degli obblighi di fatturazione e di autofatturazione ed in evasione dell’IVA.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41 bis, comma 1, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5 e art. 55, commi 1 e 2, nn. 2) e 3), (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La ricorrente ricorda che, con l’avviso impugnato, l’Agenzia aveva contestato violazioni Iva degli anni 2000 e 2001 in presenza di elementi – consistenti nei dati contabili aggregati del Consorzio – che consentivano di stabilire l’esistenza di operazioni che avrebbero dovuto essere assoggettate ad imposizione e che, invece, non erano state fatturate. Ricordàti questi elementi, la ricorrente sostiene la legittimità della ricostruzione induttiva operata dall’Ufficio sulla base agli elementi comunque raccolti, stante la insufficienza della documentazione esibita, sulla considerazione che è onere del contribuente, in tal caso, dimostrare il diverso ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile, e non dell’Agenzia, come erroneamente ritenuto dalla CTR.

2.1. Il primo motivo è inammissibile ed il secondo va dichiarato assorbito.

2.2. E’ opportuno ricordare, in merito alla fattispecie in esame che:

E’ incontestato tra le parti: che il Consorzio agiva quale mandatario senza rappresentanza delle ditte consorziate, che emetteva fattura nei confronti dei committenti e che ribaltava sulle consorziate che avevano eseguito i lavori l’importo corrispondente ai lavori eseguiti, detratta una percentuale diretta a coprire i costi consortili.

E’ controverso lo svolgimento da parte del Consorzio di attività solo a scopo mutualistico, la applicazione dei principi in tema di imputabilità “per trasparenza” di tutti i ricavi è di tutti i costi del Consorzio ai soggetti consorziati in proporzione della quota di partecipazione al fondo consortile, a prescindere dall’effettivo e diretto svolgimento di commesse acquisite dal Consorzio da parte della consorziata in subappalto.

2.3. Sulla tematica in esame sono di recente intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con le pronunce dal n. 12190 al n. 12192, depositate il 14.06.2016, che hanno chiarito con molteplici argomenti di derivazione normativa, superando due precedenti e contrapposti orientamenti giurisprudenziali di legittimità, che “l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, essendosi ormai “superata l’immedesimazione tra società e scopo di lucro da un lato e cooperativa ed interesse mutualistico dall’altro.” (p. 19), e si sono soffermate sulla rilevanza di tale compatibilità sui consorzi con attività esterna anche ai fini fiscali, desunta indirettamente dal dettato normativo di cui alla L. n. 240 del 1981, art. 4, laddove si subordina la possibilità per i consorzi e le società consortili di fruire di una determinata agevolazione fiscale alla previsione statutaria di un divieto di distribuzione di utili alle consorziate; divieto altresì disposto dalla L. 5 ottobre 1991, n. 317, art. 18, e che non avrebbe ragion d’essere qualora si escluda la possibilità per le società consortili di conseguire utili.

Sulla scorta della possibile sovrapposizione dello scopo mutualistico e dello scopo di lucro, le SU hanno valorizzato da un lato la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere dal consorzio o dalla società consortile e da ciascuna consorziata – dovendosi ritenere che la possibile struttura giuridiche assunta dal consorzio sul punto sostanzialmente non rileva ed anzi rafforza la conclusione – e, dall’altro lato, hanno focalizzato l’attenzione sulle operazioni poste in essere dalla società consortile, rimarcando la necessità di distinguere le operazioni compiute in esecuzione del patto mutualistico, rilevanti in ragione della previsione di cui all’art. 2615 ter c.c., da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile.

Sul piano generale le SU, tuttavia, hanno posto l’accento sulla necessità di uno specifico accertamento, alla luce dei patti consortili e dell’attività in concreto esercitata, teso a valutare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale, rilevante sul piano dell’abuso del diritto, (tra le altre Cass. n. 30055/2008), intento ben presumibile laddove lo scopo mutualistico risulti di carattere del tutto residuale (p. 23, Cass. SU n. 12191/2016).

Laddove sia da escludere una ipotesi di abuso del diritto, quindi, le SU hanno indicato “la necessità di un ulteriore accertamento circa i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati, rapporti che, in assenza di specifica disposizione normativa, possono anche essere in concreto ricondotti ad istituti diversi dal mandato con o senza rappresentanza” (p. 24), accertamento volto a verificare la sussistenza dei “presupposti imprescindibili per stabilire se sia o meno necessario il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi” con i conseguenti oneri concernenti la fatturazione e la autofatturazione (p. 25), con riferimento alla diverse modalità attraverso le quali viene svolta l’attività della società consortile, nonchè la correlazione delle stesse con gli scopi di volta in volta perseguiti.

In buona sostanza le SU affermano che, in ragione della pluralità di scopi, anche lucrativi, che possono connotare l’attività consortile, contrariamente a quanto posto dall’Agenzia delle entrate come presupposto delle doglianze svolte, non necessariamente tutti gli effetti economici delle operazioni compiute dal Consorzio sono destinati a confluire sui consorziati.

Su tale premessa le SU chiariscono che:

1) per l’ipotesi in cui il consorzio acquisisca una commessa e proceda ad un autonomo adempimento della stessa, indipendentemente dalla partecipazione” delle consorziate, va esclusa la legittimità di un ribaltamento dei costi tra tutti i consorziati;

2) per l’ipotesi in cui il consorzio, pur avvalendosi dì proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque connessi al criterio mutualistico di utilizzo del servizio consortile si dovrà di contro procedere al “ribaltamento” di costi e ricavi (p. 26).

Tale ricostruzione civilistica dei rapporti tra Consorzio e consorziate produce differenti ricadute in tema di prova e di onere della prova, qualora si riscontri una differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli trasferiti – o presumibilmente trasferiti (ribaltati) sulle consorziate.

Invero nel primo caso (attività adempiuta direttamerr dal Consorzio), qualora non risulti un formale ribaltamento, l’Amministrazione non potrà assumere in via presuntiva che vi sia stato un ribaltamento occulto sulla scorta della differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli che formalmente risultano trasferiti (ribaltati) sulle consorziate, e non potrà contestare omesse fatturazioni ed autofatturazioni. Invece nel secondo caso (attività compiuta direttamente dal Consorzio, ma complementare alla finalità mutualistica), qualora non risulti un formale ribaltamento, l’Amministrazione potrà assumere in via presuntiva che vi sia stato un ribaltamento occulto mediante compensazione sulla scorta della differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli formalmente trasferiti (ribaltati) sulle consorziate, e contestare omesse fatturazioni ed autofatturazioni, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico della consorziata.

Tale complessa ricostruzione è stata sintetizzata nel seguente principio di diritto “La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Costituisce questione di merito l’accertamento in ordine ai rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nell’assegnazione dei lavori o servizi ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse. Nel caso di differenza tra quanto fatturato dalla società consortile al terzo committente e quanto alla prima fatturato dal consorziato, nel rispetto dei principi certezza, effettività, inerenza e competenza, costituisce onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, o che la stessa corrisponda a provvigioni o servizi resi dal consorzio al terzo.” (Cass. SU n. 12190/2016).

2.4. Passando all’esame del presente caso, si deve osservare quanto segue.

Contrariamente a quanto dato come presupposto dalla ricorrente e posto a fondamento della regula juris di cui si chiede l’applicazione, la natura esclusivamente mutualistica del Consorzio non costituisce circostanza non contestata, nè acclarata, atteso che la CTR, con un accertamento in fatto di opposto contenuto, si è pronunciata con dovizia di argomenti proprio sulla natura anche commerciale assunta in concreto dal Consorzio con riferimento alla fattispecie in esame, in ragione dell’acquisizione di contratti sub appaltati a terzi estranei al consorzio o eseguiti in proprio, sia pure riconoscendo – come peraltro affermato anche dalle SU – la compresenza di uno scopo non lucrativo.

Ciò è desumibile dalla articolata motivazione, ove è rimarcato che il Consorzio ha la possibilità di svolgere attività economica autonoma e che non è possibile trasferire “per trasparenza” tutti i costi ed i ricavi tra tutti gli enti associati in relazione alla quota consortile sottoscritta.

2.5. La censura, quindi, risulta inammissibile perchè, sul piano del diritto, la prospettazione dall’Amministrazione, preliminare e fondante, circa la natura esclusivamente non lucrativa del Consorzio e la sua inconciliabilità assoluta con uno scopo commerciale, è errata alla luce delle ricordate e sopravvenute decisioni delle SU, e da ciò discende la non pertinenza dei motivi alla fattispecie concreta.

Per altro verso le doglianze non colgono nel segno poichè sono del tutto assenti le critiche sul piano motivazionale in merito all’accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, in ordine alla riconosciuta natura di ente anche commerciale del Consorzio ed alla riconduzione delle attività di cui si discute proprio a questo ultimo ambito, che risulta perciò esterno ai rapporti con la consorziata, di guisa che la stessa non.è soggetta alli obbligo di fatturazione ed autofatturazione in merito. Sul piano della autosufficienza va altresì rimarcato che non emerge alcun elemento che consenta di distinguere le operazioni compiute in esecuzione del patto mutualistico, da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile e che non viene esplicato tra quali importi si sarebbe realizzata la compensazione occulta, posto che è indiscusso che la società in esame non aveva eseguito commesse nel periodo in contestazione.

2.6. La declaratoria di inammissibilità del primo motivo, comporta l’assorbimento del secondo motivo concernete la legittimità della modalità accertativa seguita, la cui disamina risulta priva di interesse.

3.1. In conclusione il ricorso va rigettato per inammissibilità del primo motivo, assorbito il secondo.

3.2. Considerata la complessità della questione e l’intervento della giurisprudenza sopra richiamata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, si ritiene che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite per tutte le fasi del giudizio.

PQM

La Corte di cassazione,

– rigetta il ricorso per inammissibilità del primo motivo, assorbito il secondo motivo;

– compensa le spese di lite per tutte le fasi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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