Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4779 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 26/09/2016, dep.24/02/2017),  n. 4779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 966-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SIGMA DI S. L. & C., S.L., A.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 53/2008 della COMM.TRIB.REG. DEL PIEMONTE

depositata il 24/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del 2 motivo

di ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con la sentenza n. 53/30/08, depositata il 24.11.2008 e non notificata, previa riunione, respingeva gli appelli dell’Agenzia delle entrate avverso le sentenze di primo grado nn. 5, 6, 7, 8 e 9 emesse nel 2007 dalla CTP di Torino, che avevano annullato gli avvisi di accertamento ed un atto di contestazione per l’anno 2000 notificati alla società SIGMA SNC di S. L. & C. ed ai soci S.L. e C.M., in ragioni dei rapporti esistenti tra la società, consorziata, ed il Consorzio per servizi integrati con rilevanza esterna Manital, avvisi di accertamento aventi ad oggetto il recupero della maggiore Iva dovuta dalla società consorziata e dei maggiori redditi, anche imputati per trasparenza ai soci.

Gli avvisi traevano origine da un pvc della G. di F. Secondo l’Amministrazione finanziaria la società – partecipante ad un consorzio di imprese senza scopo di lucro, che costituiva organizzazione di più imprenditori per lo svolgimento in comune di determinate fasi dell’impresa – non aveva provveduto alla fatturazione ed alla autofatturazione di costi ed utili che il Consorzio aveva l’obbligo di ribaltare in toto per trasparenza fra tutti i consorziati e che, nella prospettazione dell’Amministrazione erano stati ribaltati in modo occulto mediante la compensazione.

La società contribuente, dopo avere esposto che il Consorzio aveva operato come ente senza di scopo di lucro nel rispetto della normativa fiscale, aveva precisato di non avere eseguito alcuna lavorazione in subappalto nel periodo in contestazione e che nessuna delibera assembleare per il riparto dei ricavi era intervenuta per cui non avrebbe potuto procedere ad alcun fatturazione o autofatturazione.

La società consorziata, in subordine, contestava inoltre la quantificazione della quota di partecipazione al Consorzio sulla quale l’Ufficio aveva calcolato i recuperi a tassazione e chiedeva il ricalcolo.

Di contro l’Ufficio, fondando il proprio ragionamento proprio sulla natura non lucrativa del Consorzio, riteneva irrilevante la circostanza che nel triennio in verifica la consorziata non avesse partecipato alla esecuzione di alcuna commessa in subappalto o non avesse ricevuto alcuna fattura di addebito per costi specifici delle commesse esterne: la consorziata, nella prospettazione dell’Ufficio, avrebbe dovuto comunque emettere fattura nei confronti del Consorzio per tutti i proventi consortili da questo fatturati ai committenti, anche se non eseguiti dalla stessa consorziata, in proporzione della quota di partecipazione al Consorzio ed emettere autofattura, entro quattro mesi dalla data dell’operazione, per tutti i costi consortili generali e specifici delle commesse.

2. Il giudice di appello, dopo avere ricordato che in primo grado gli accertamenti erano stati annullati sulla circostanza che la società non aveva ricevuto alcuna commessa nel 2000, di guisa che andava escluso che la stessa avesse l’obbligo di fatturare alcunchè al Consorzio o di emettere autofattura, evidenziava che l’accertamento era stato fondato sulla diversa argomentazione secondo la quale il Consorzio, ente operante senza fini di lucro, avrebbe dovuto procedere annualmente all’intero ribaltamento di tutti i costi e ricavi generali di Manital a carico delle consorziate, indipendentemente al fatto che ciascuna di esse avesse o meno ricevuto incarichi dal Consorzio, laddove invece l’operato della Manital e delle consorziate sembrava aver realizzato una compensazione dei risultati economici dei due distinti rapporti di debito/credito, con violazione fiscale.

Sulla scorta di tale premessa confermava l’annullamento degli avvisi, osservando che il Consorzio operava con attività esterna, poteva assumere obbligazioni in nome proprio svolgendo una attività economica in perfetta autonomia rispetto alle società consorziate con le quali esistenza un rapporto qualificabile come “mandato senza rappresentanza”.

Secondo la CTR il Consorzio non aveva alcun obbligo di ripartire costi e ricavi da lui sostenuti su tutte le consorziate in ragione della loro quota di partecipazione al fondo consortile, stante la autonomia operativa del Consorzio.

3. Per la cassazione della sentenza della CTR ha proposto ricorso la Agenzia delle entrate, affidato a due motivi; l’intimata società non ha svolto difese.

Il procedimento, rinviato a nuovo ruolo in attesa dell’esame della questione da parte delle Sezioni Unite della Cassazione, è stato nuovamente fissato all’udienza pubblica a seguito della intervenuta decisione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo si denuncia la nullità dei giudizi riuniti per violazione dell’art. 111 Cost., comma 2, dell’art. 101 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 59 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

1.2. Il motivo di impugnazione appare infondato e da disattendere.

1.3. Ed invero, l’esistenza di un litisconsorzio necessario tra la società e le persone fisiche che ne sono socie appare avere trovato un adeguato surrogato nella contestualità della trattazione che i distinti procedimenti hanno avuto nel primo grado di giudizio con decisioni di analogo contenuto e con reciproci e diretti riferimenti, culminata nella riunione tra gli stessi in secondo grado. Ricorre perciò nella specie il presupposto esonerativo della necessità di integrazione del contraddittorio tra le parti necessarie valorizzato da questa Corte nella sentenza n. 14815/2008 sicchè, in ossequio al principio da quest’ultima enunciato, non resta che respingere il motivo di ricorso fondato esclusivamente su tale censura (cfr. Cass. n.5207/2016).

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2602 c.c. e ss., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, degli artt. 1241 c.c. e ss., nonchè del principio generale del divieto dell’abuso del diritto desumibile dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

A parere della ricorrente la sentenza è errata in diritto nella parte in cui ritiene che l’Amministrazione finanziaria non sia riuscita a dimostrare la antigiuridicità degli atti del Consorzio e ricorda che l’impianto sul quale si fonda l’operato dell’Ufficio parte dalla considerazione che il Consorzio, ai sensi dell’art. 2602 c.c.persegue uno scopo mutualistico e, come previsto dallo Statuto, non può perseguire un lucro: a ciò consegue, nella prospettazione della ricorrente, avendo riscontrato una differenza tra gli importi fatturati dal Consorzio alle committenti ed i minori importi fatturati dalle consorziate al Consorzio, che gli utili e i costi devono sempre essere ribaltati sulle consorziate e che il consorzio non può trattenere gli utili o provvedere autonomamente ai costi.

La ricorrente chiede di sapere se la CTR sia incorsa nella violazione delle norme indicate annullando l’avviso di accertamento, per avere escluso – trascurando la natura mutualistica del Consorzio e le previsioni statutarie in merito alla partecipazione dei consorziati ai costi consortili e prescindendo dalla titolarità da parte del Consorzio anche di una autonoma organizzazione con la quale eseguiva il proprio alcune commesse – che il Consorzio avesse un obbligo di ribaltare sulle consorziate, con il conseguente obbligo di fatturazione e di autofatturazione, tutti i costi generali di gestione e i costi specifici relativi alle singole commesse e tutti gli utili (mai distribuiti alle consorziate), e che la mancata fatturazione del ribaltamento dei costi e degli utili postulava un ribaltamento realizzato in forma occulta con il meccanismo della compensazione, in violazione degli obblighi di fatturazione e-di autofatturazione ed in evasione dell’IVA.

2.2. E’ opportuno ricordare, in merito alla fattispecie in esame che:

E’ incontestato tra le parti: che il Consorzio agiva quale mandatario senza rappresentanza delle ditte consorziate, che emetteva fattura nei confronti dei committenti e che ribaltava sulle consorziate che avevano eseguito i lavori l’importo corrispondente ai lavori eseguiti, detratta una percentuale diretta a coprire i costi consortili.

E’ controverso lo svolgimento da parte del Consorzio di attività solo a scopo mutualistico, la applicazione dei principi in tema di imputabilità “per trasparenza” di tutti i ricavi e di tutti i costi del Consorzio ai soggetti consorziati in proporzione della quota di partecipazione al fondo consortile, a prescindere dall’effettivo e diretto svolgimento di commesse acquisite dal Consorzio da parte della consorziata in subappalto.

2.3. Il motivo è inammissibile e va respinto.

2.4. Sulla tematica in esame sono di recente intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con le pronunce dal n.12190 al n. 12192, depositate il 14.06.2016, che hanno chiarito con molteplici argomenti di derivazione normativa, superando due precedenti e contrapposti orientamenti giurisprudenziali di legittimità, che “l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, essendosi ormai “superata l’immedesimazione tra società e scopo di lucro da un lato e cooperativa ed interesse mutualistico dall’altro.” (p. 19), e si sono soffermate sulla rilevanza di tale compatibilità sui consorzi con attività esterna anche ai fini fiscali, desunta indirettamente dal dettato normativo di cui alla L. n. 240 del 1981, art. 4, laddove si subordina la possibilità per i consorzi e le società consortili di fruire di una determinata agevolazione fiscale alla previsione statutaria di un divieto di distribuzione di utili alle consorziate; divieto altresì disposto dalla L. 5 ottobre 1991, n. 317, art. 18, e che non avrebbe ragion d’essere qualora si escluda la possibilità per le società consortili di conseguire utili.

Sulla scorta della possibile sovrapposizione dello scopo mutualistico e dello scopo di lucro, le SU hanno valorizzato da un lato la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere dal consorzio o dalla società consortile e da ciascuna consorziata – dovendosi ritenere che la possibile struttura giuridiche assunta dal consorzio sul punto sostanzialmente non rileva ed anzi rafforza la conclusione e, dall’altro lato, hanno focalizzato l’attenzione sulle operazioni poste in essere dalla società consortile, rimarcando la necessità di distinguere le operazioni compiute in esecuzione del patto mutualistico, rilevanti in ragione della previsione di cui all’art. 2615 ter c.c., da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile.

Sul piano generale le SU, tuttavia, hanno posto l’accento sulla necessità di uno specifico accertamento, alla luce dei patti consortili e dell’attività in concreto esercitata, teso a valutare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale, rilevante sul piano dell’abuso del diritto, (tra le altre Cass. n.30055/2008), intento ben presumibile laddove lo scopo mutualistico risulti di carattere del tutto residuale (p. 23, Cass. SU n. 12191/2016).

Laddove sia da escludere una ipotesi di abuso del diritto, quindi, le SU hanno indicato “la necessità di un ulteriore accertamento circa i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati, rapporti che, in assenza di specifica disposizione normativa, possono anche essere in concreto ricondotti ad istituti diversi dal mandato con o senza rappresentanza” (p. 24), accertamento volto a verificare la sussistenza dei “presupposti imprescindibili per stabilire se sia o meno necessario il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi” con i conseguenti oneri concernenti la fatturazione e la autofatturazione (p. 25), con riferimento alla diverse modalità attraverso le quali viene svolta l’attività della società consortile, nonchè la correlazione delle stesse con gli scopi di volta in volta perseguiti.

In buona sostanza le SU affermano che, in ragione della pluralità di scopi, anche lucrativi, che possono connotare l’attività consortile, contrariamente a quanto posto dall’Agenzia delle entrate come presupposto delle doglianze svolte, non necessariamente tutti gli effetti economici delle operazioni compiute dal Consorzio sono destinati a confluire sui consorziati.

Su tale premessa le SU chiariscono che:

1) per l’ipotesi in cui il consorzio acquisisca una commessa e proceda ad un autonomo adempimento della stessa, indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, va esclusa la legittimità di un ribaltamento dei costi tra tutti i consorziati;

2) per l’ipotesi in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque connessi al criterio mutualistico di utilizzo del servizio consortile si dovrà di contro procedere al “ribaltamento” di costi e ricavi (p. 26).

Tale ricostruzione civilistica dei rapporti tra Consorzio e consorziate produce differenti ricadute in tema di prova e di onere della prova, qualora si riscontri una differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli trasferiti – o presumibilmente trasferiti (ribaltati) sulle consorziate.

Invero nel primo caso (attività adempiuta direttamele dal Consorzio), qualora non risulti un formale ribaltamento, l’Amministrazione non potrà assumere in via presuntiva che vi sia stato un ribaltamento occulto sulla scorta della differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli che formalmente risultano trasferiti (ribaltati) sulle consorziate, e non potrà contestare omesse fatturazioni ed autofatturazioni. Invece nel secondo caso (attività compiuta direttamente dal Consorzio, ma complementare alla finalità mutualistica), qualora non risulti un formale ribaltamento, l’Amministrazione potrà assumere in via presuntiva che vi sia stato un ribaltamento occulto mediante compensazione sulla scorta della differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli formalmente trasferiti (ribaltati) sulle consorziate, e contestare omesse fatturazioni ed autofatturazioni, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico della consorziata.

Tale complessa ricostruzione è stata sintetizzata nel seguente principio di diritto “La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro.

Costituisce questione di merito l’accertamento in ordine ai rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nell’assegnazione dei lavori o servizi ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse. Nel caso di differenza tra quanto fatturato dalla società consortile al terzo committente e quanto alla prima fatturato dal consorziato, nel rispetto dei principi certezza, effettività, inerenza e competenza, costituisce onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, o che la stessa corrisponda a provvigioni o servizi resi dal consorzio al terzo.” (Cass. SU n. 12190/2016).

2.5. Passando all’esame del presente caso, si deve osservare quanto segue.

Contrariamente a quanto dato come presupposto dalla ricorrente e posto a fondamento della regula juris di cui si chiede l’applicazione, la natura esclusivamente mutualistica del Consorzio non costituisce circostanza non contestata, nè acclarata, atteso che la CTR, con un accertamento in fatto di opposto contenuto, si è pronunciata con dovizia di argomenti proprio sulla natura anche commerciale assunta in concreto dal Consorzio con riferimento alla fattispecie in esame, sia pure riconoscendo – come peraltro affermato anche dalle SU – la compresenza di uno scopo non lucrativo.

Ciò è desumibile dalla articolata motivazione, ove è rimarcato che il Consorzio ha la possibilità di svolgere attività economica autonoma e che non è possibile trasferire “per trasparenza” tutti i costi ed i ricavi tra tutti gli enti associati in relazione alla quota consortile sottoscritta.

2.6. La censura, quindi, risulta inammissibile perchè, sul piano del diritto, la prospettazione dall’Amministrazione, preliminare e fondante, circa la natura esclusivamente non lucrativa del Consorzio e la sua inconciliabilità assoluta con uno scopo commerciale, è errata alla luce delle ricordate e sopravvenute decisioni delle SU, e da ciò discende la non pertinenza dei motivi alla fattispecie concreta.

Per altro verso le doglianze non colgono nel segno poichè sono del tutto assenti le critiche sul piano motivazionale in merito all’accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, in ordine alla riconosciuta natura di ente anche commerciale del Consorzio ed alla riconduzione delle attività di cui si discute proprio a questo ultimo ambito, che risulta perciò esterno ai rapporti con la consorziata, di guisa che la stessa non è soggetta ad alcun obbligo di fatturazione ed autofatturazione in merito. Sul piano della autosufficienza va altresì rimarcato che non emerge alcun elemento che consenta di distinguere le operazioni compiute in esecuzione del patto mutualistico, da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile e che non viene esplicato tra quali importi si sarebbe realizzata la compensazione occulta, posto che è indiscusso che la società in esame non aveva eseguito commesse nel periodo in contestazione.

2.7. La censura non risulta adeguatamente sviluppata nemmeno per i denunciati aspetti di abuso del diritto i quali, non potendo essere ricondotti al mero svolgimento di attività anche commerciali – compatibili con lo scopo mutualistico alla luce della decisione delle SU -, avrebbe dovuto essere accompagnata dalla prova, anche presuntiva, del carattere meramente residuale dello scopo non lucrativo.

3.1. Conclusivamente il ricorso va rigettato per infondatezza del primo motivo, inammissibile il secondo.

3.2. Considerata la complessità della questione e l’intervento della giurisprudenza sopra richiamata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, si ritiene che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite per tutte le fasi del giudizio.

PQM

La Corte di cassazione,

– rigetta il ricorso per infondatezza del primo motivo ed inammissibilità del secondo motivo;

– compensa le spese di lite per tutte le fasi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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