Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4778 del 24/02/2017

Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 26/09/2016, dep.24/02/2017),  n. 4778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25922-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AI DUE LEONI DI D. & M.L. SNC in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato LAURA TRICERRI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CORRADO DISO giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/2008 della COMM.TRIB.REG. del FRIULI

VENEZIA GIULIA, depositata il 12/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento e in subordine la compensazione delle spese;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso introduttivo della Società.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Commissione Tributaria Regionale del Fiuli Venezia-Giulia, con la sentenza n. 41/11/08, depositata il 12.11.2008 e non notificata, respingeva l’appello dell’Ufficio proposto contro la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società Ai Due Leoni SNC di D. e M.L. avverso il diniego di rimborso IVA per l’esercizio 1999, motivato dalla tardiva presentazione del modello VR oltre il termine biennale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.

2. Il giudice di appello ha motivato la decisione sostenendo che il mancato uso del modello VR non comporta la decadenza, nè incide sul diritto al rimborso, perfezionatosi nella dichiarazione regolarmente presentata dalla società.

3. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi; si è costituito con controricorso, accompagnato da memoria ex art. 382 c.pc., L.D., in qualità di legale rappresentante della società cessata, a mezzo di procuratrce generale.

4. Con ordinanza comunicata in data 09.05.2016 la Corte ha assegnato al pubblico ministero ed alle parti un termine di giorni sessanta dalla comunicazione per il deposito in Cancelleria di osservazioni sulla questione concernete la intervenuta o meno cancellazione della società dal Registro delle Imprese.

Il controricorrente ha depositato memoria con allegata la visura della Camera di Commercio dalla gale risulta ce la società è stata cancellata dal Registro delle Imprese in data 30.03.2000.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va rilevato che la società aveva cessato l’attività sin dal 28.12.1999, come si evince dal ricorso, circostanza confermata nel controricorso, e dal 30.03.2000 è stata cancellata dal Registro delle Imprese; il provvedimento di rigetto del’istanza di rimborso di un credito IVA relativo all’anno di imposta 1999 venne notificato alla società in epoca successiva, il 08.03.2005.

2. Orbene – come è stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte – la cancellazione delle società di persone e di capitali dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, soltanto nel caso in cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003, art. 4 (1.1.04), che, modificando l’art. 2495 c.c., comma 2, ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione.

Ed infatti, a tale disposizione non può attribuirsi natura interpretativa della disciplina previgente, in mancanza di un’espressa previsione di legge, con la conseguenza che, non avendo essa efficacia retroattiva e dovendo tutelarsi l’affidamento dei cittadini in ordine agli effetti della cancellazione in rapporto all’epoca in cui essa ha avuto luogo, per le società cancellate in epoca anteriore al 1 gennaio 2004 l’estinzione opera solo a partire dalla predetta data (cfr. Cass. S.U. 4060/10).

3. Nel caso concreto, pertanto, essendo stata effettuata la cancellazione della società in epoca precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003 (30.03.2000), l’estinzione dell’ente deve considerarsi avvenuta in data 1 gennaio 2004. Ne discende, in ragione della data di notifica del diniego di rimborso IVA (08.03.2005), che la capacità processuale della suddetta società era venuta meno, per effetto dell’estinzione della stessa a seguito della cancellazione, già prima dell’instaurazione del giudizio di primo grado, definito con sentenza della CTP di Trieste n. 36/04/2006.

4. Ebbene – come hanno, del pari, statuito le Sezioni Unite di questa Corte – a seguito dell’estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono – il che sacrificherebbe ingiustamente i diritto dei creditori sociali – ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti “pendente societate”. Ne discende che i soci, successori della società, subentrano, altresì, nella legittimazione processuale facente capo all’ente (Cass.S.U. 6070/13) la cui estinzione è equiparabile alla morte della persona fisica, ai sensi dell’art. 110 c.p.c. – in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovvero,a a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (Cass. 9418/01, 20874/04, 23765/08).

5. Nel caso in esame il ricorso in primo grado e la partecipazione ai successivi gradi di giudizio è sempre stata svolto in rappresentanza della società, oramai cessata e, quindi, priva di legittimazione processuale e non dai soci, quali successori della società.

L’accertamento del difetto di legitimatio ad causam, secondo giurisprudenza costante, eliminando in radice ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, comporta, a norma dell’art. 382 c.p.c., comma 3, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. n. 22863/2011; n.14266/2006; n. 2517/2000).

Devesi qui d’ufficio provvedere, in applicazione del sopra esposto principio di diritto, alla cassazione senza rinvio dell’impugnata sentenza, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, perchè la causa non poteva essere proposta su iniziativa del liquidatore della società estinta, – trattasi invero di un vizio insanabile originario del processo, che da subito avrebbe dovuto condurre a una pronuncia declinatoria del merito.

6. L’esame dei motivi di ricorso resta assorbito. Le spese del giudizio, per tutte le fasi, si compensano per equità, in ragione della progressiva evoluzione giurisprudenziale in materia.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE

– dichiara che la causa non poteva essere proposta;

– cassa l’impugnata sentenza senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3;

– compensa le spese del giudizio per tutte le fasi.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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