Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4777 del 27/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4777 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 26593-2011 proposto da:
DE LEO NARDIS CARMELA DLN CML47H44B 859F,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO
69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che la rappresenta e
difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI
CALIULO, GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATTERI,
SERGIO PREDEN, giusta procura speciale in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 27/02/2014

- controricorrente avverso la sentenza n. 575/2011 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA del 26.5.2011, depositata 1’11/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;

agli scritti.
FATTO E DIRITTO
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito
di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio,
letta la memoria dell’INPS.
Con sentenza

del 26.5.2011 la Corte d’appello di L’Aquila,

confermando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda
propogia da De

I ronardà Carmela che, con riferimento alla

riliquidazione della pensione di reversibilità, aveva contestato la
decorrenza degli interessi legali, riconosciuti dall’INPS dalla domanda di
riliquidazione, anziché — come preteso dalla ricorrente —

da112

decorrenza originaria della pensione.
Avverso tale sentenza propone ricorso la De Leonardis con unico
motivo, avente ad oggetto il capo della sentenza relativo alla condanna
al pagamento delle spese di lite del grado di appello.
L’INPS, in sede di controricorso, sostiene che la condanna alle spese
trovava fondamento nella manifesta infondatezza della pretesa. Chiede
comunque di essere mantenuto indenne dal pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, non avendo alcuna responsabilità in ordine alla
statuizione emessa dalla Corte di merito, atteso che nel giudizio di
appello si era limitato ad invocare l’applicazione delle norme vigenti in

Ric. 2011 n. 26593 sez. ML – ud. 16-01-2014
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udito per il controticorrente l’Avvocato Sergio Preden che si riporta

materia (“spese come per legge”, nelle conclusioni della memoria di
costituzione in appello).
Con unico motivo la ricorrente denunciata violazione e falsa
applicazione dell’art. 42 comma 11 d.l. 30.9.2003 n. 269, conv.- con
modificazioni – nella legge n. 326 del 24.11.2003, in relazione all’art.

spese del secondo grado di giudizio, trattandosi di procedimento
avviato in primo grado nell’anno 2001.
Il motivo è palesemente fondato.
La nuova disciplina delle spese nei procedimenti in materia di
previdenza ed assistenza, introdotta dall’art. 42, 11^ comma, del
d.1.30.9.03 n.269 (pubblicato sulla G.U. n.229 del 2.10.03), conv., con
modificazioni, dalla legge 24.11.03 n.326 — che nei giudizi promossi
per ottenere prestazioni previdenziali limita ai cittadini aventi un
reddito inferiore a un importo prestabilito il beneficio del divieto di
condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali — non
si applica ai procedimenti incardinati prima dell’entrata in vigore del
relativo provvedimento legislativo (2 ottobre 2003) (Cass. nn. 4165/04,
4657/04, 6324/04). La fattispecie in esame non è dunque soggetta
ratione tempo,* alla nuova disciplina.
E’ pure da escludersi, in mancanza di qualsivoglia motivazione al
riguardo, che la Corte di appello abbia inteso ritenere la pretesa
temeraria, oltre che infondata.
Secondo Cass. 13269 del 2007 (cfr. pure Cass. 4052 del 2003), la
temerarietà della pretesa, che, a norma dell’art. 152 disp. att.cod. proc.
civ., deve concorrere con la manifesta infondatezza per giustificare la
condanna del lavoratore soccombente nei giudizi previdenziali, va
ravvisata nella coscienza dell’infondatezza o nel difetto della normale
diligenza per l’acquisizione di detta coscienza.
Ric. 2011 n. 26593 sez. ML – ud. 16-01-2014
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360 nn. 3 e 5 c.p.c., con riferimento alla condanna al pagamento delle

In conclusione, non trova giustificazione la condanna alle spese,
come invece ritenuto dalla Corte di merito; sul punto la sentenza
risulta erronea, oltre che totalmente carente di motivazione. Ne
consegue la cassazione in parte qua della sentenza impugnata e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la decisione nel merito

dell’attuale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di appello.
La non riferibilità all’Inps dell’errore che ha costituito la ragione del
ricorso e il comportamento dell’Ente in questo giudizio di cassazione
consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese di
quest’ultimo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata nel capo
relativo al regolamento delle spese e, decidendo nel merito, dichiara
irripetibili le spese di appello; compensa le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2014
Il Presidente

ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con esclusione della condanna

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