Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4775 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 26/09/2016, dep.24/02/2017),  n. 4775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21880-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TREND SRL A SOCIO UNICO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 31/2008 della COMM.TRIB.REG. del PIEMONTE,

depositata il 09/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’atto di contestazione n. (OMISSIS), L’Ufficio contestava alla società Trend SRL a socio unico la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, commi 1 e 8, e art. 5, comma 4, per omessa fatturazione IVA, omessa regolarizzazione e dichiarazione infedele per l’anno di imposta 2002, per non avere emesso fatture per i rapporti commerciali intrattenuti con il Consorzio Manital, al quale partecipava come consorziata.

L’atto traeva origine dal processo verbale di constatazione n. 69/2005 del 13.09.2005 del Nucleo Regionale Polizia Tributaria di Torino, che aveva effettuato una verifica nei confronti del Consorzio Manital, operante nel campo della manutenzione di complessi immobiliari civili ed industriali.

L’atto aveva a suo fondamento le modalità di contabilizzazione operate dal Consorzio Manital e dalla società consorziata per i lavori o servizi alla stessa affidati. Nel constatare che il Consorzio Manital, nelle proprie fatture verso il terzo committente, aveva applicato un ricarico sugli importi fatturatigli dalli impresa consorziata, per i lavori da quest’ ultima eseguiti, l’Ufficio contestava I’ indebita compensazione tra i ricavi che il Consorzio avrebbe dovuto trasferire alla consorziata ed il contributo che quest’ultima doveva al consorzio per il suo funzionamento; secondo l’ufficio tale modalità di fatturazione comportava la mancata evidenziazione di parte dei ricavi percepiti dalla società consorziata.

2. L’atto veniva impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino con esito favorevole.

L’appello proposto dalla Agenzia delle entrate era respinto nel merito dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con sentenza n. 31/06/08, depositata il 09.07.2008 e non notificata.

3. Con tale decisione il giudice adito affermava di confermare e condividere la decisione di primo grado.

Osservava il secondo giudice che le argomentazioni dell’Ufficio erano petizioni di principio che partivano dal presupposto che il Consorzio non potesse operare come aveva operato, senza tuttavia avere il supporto di fatto o di diritto.

Affermava che l’analisi della documentazione provava la regolarità del comportamento di Trend SRL nei suoi rapporti con il Consorzio e l’ininfluenza dei rapporti tra il Consorzio Manital e la società Manitalidea SPA.

In particolare affermava che “l’accertamento a carico di Trend derivava da considerazioni sugli aspetti contabili del Consorzio Manital e, quindi, operava un rovesciamento a carico di Trend di costi e ricavi regolarmente contabilizzati e fatturati a terzi o da terzi fatturati a Manital” (fol. 7), e rimarcava che la premessa relativa alla irregolarità della contabilità del Consorzio era apodittica. Denunciava che gli argomenti utilizzati dall’ufficio per sostenere la irregolarità dei rapporti tra Manital e Trend non tenevano conto: a) della natura esterna del Consorzio, b) della possibilità dello stesso di agire in modo autonomo nell’interesse dei consorziati, senza rappresentarli, raccogliendo le commesse e subappaltandole, c) del fatto che il Consorzio era costituito come S.p.A. con personalità giuridica, caratterizzata da autonomia patrimoniale ed a responsabilità limitata; d) del fatto che il Consorzio, come si evinceva dallo Statuto e dal regolamento consortile (art. 3 Reg.) per l’assegnazione ed esecuzione dei lavori non aveva fini di lucro.

Il giudice di appello osservava che Manital teneva i rapporti con la committente, assumeva il nome proprio sia l’esecuzione dei lavori che la prestazione dei servizi e l’esecuzione delle opere, raccoglieva le offerte dei consorziati e provvedeva, a suo insindacabile giudizio, all’assegnazione dei lavori; peraltro il Consorzio, non essendo ciò escluso dagli accordi consortili, si era dotato una regolare struttura produttiva ed eseguiva dei lavori anche direttamente.

Secondo la Commissione il Consorzio, operando su mandato dei consorziati ma non il loro nome, non poteva che fatturare direttamente agli enti committenti e, quindi, ricevere le fatture passive dai consorziati ai quali avesse eventualmente affidato lavori.

Inoltre, secondo la Commissione, il meccanismo individuato all’art. 4 del Reg. (che consentiva alle consorziate di formulare delle offerte per ottenere opere in subappalto, tra quelle acquisite dal Consorzio) permetteva l’esistenza di una differenza tra importi fatturati alla committente ed importi fatturati dai consorziati a Manital, “creando così un margine operativo a copertura dei costi di struttura del Consorzio” (fol. 10) ed il singolo consorziato doveva fatturare al Consorzio esclusivamente i lavori eseguiti.

Affermava quindi che, nel caso concreto, l’Amministrazione finanziaria non aveva dimostrato che Trend aveva ceduto beni o prestato servizi senza emissione di fattura, per cui nessuna censura poteva essere mossa alla società; ciò valeva anche per le operazioni attive del Consorzio nei confronti della contribuente.

Escludeva inoltre che il Consorzio potesse configurare un centro di imputazione di rapporti giuridici da ripartire per trasparenza, sotto specie di ricavi e costi, a tutti gli enti associati in relazione alla quota consortile sottoscritta, poichè ciò non era previsto dal contratto di consorzio, nè desumibile da comportamenti concludenti. Ne seguiva che erroneamente l’Ufficio aveva contestato omessa fatturazione e omessa autofatturazione per il ribaltamento di maggiori ricavi ed i costi, poichè non era stato provato che alcun corrispettivo non era stato regolarmente coperto da fattura nei rapporti tra le parti.

4. Per la cassazione della sentenza della CTR ha proposto ricorso la Agenzia delle entrate, affidato a tre motivi; l’intimata società non ha svolto difese.

Il procedimento, rinviato a nuovo ruolo in attesa dell’esame della questione da parte delle Sezioni Unite della Cassazione, è stato nuovamente fissato all’udienza pubblica a seguito della intervenuta decisione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, comma 1, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5, e art. 55, commi 1 e 2, nn. 2 e 3, corredato da quesito di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), laddove la CTR, nonostante la natura mutualistica del Consorzio e la neutralità del Consorzio nei rapporti con le consorziate, ha escluso che l’Amministrazione potesse procedere con accertamento induttivo – una volta accertate sulla base dei conteggi aggregati del Consorzio le operazioni non fatturate, ma assoggettabili a imposizione – e ritenere che i ricavi ed i costi per le commesse eseguite dal Consorzio non erano stati formalmente ribaltati con fatturazione sull’impresa consorziata, laddove invece era onere del contribuente dimostrare il diverso ammontare dell’imponibile.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 c.c., corredato da quesito (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), laddove la CTR aveva escluso che l’Amministrazione potesse procedere alla prova sulla base di presunzioni semplici, sia pure gravi, precise e concordanti, ai fini dell’accertamento IVA in caso di omessa fatturazione.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione del combinato disposto dell’art. 1706 c.c., art. 1713 c.c., comma 1, art. 1719 c.c., art. 1720 c.c., comma 1, e degli artt. 1709, 2602 e 2615-ter c.c.; nonchè del principio generale dell’abuso del diritto desunto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 1, dall’art. 53 Cost. e dal principio di primazia del diritto comunitario in tema di IVA; dell’art. 1241 c.c.; dell’art. 1705 c.c. e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3, ultimo periodo, art. 6, comma 3, primo periodo, art. 13, commi 1 e 2, nonchè dell’art. 21, comma 1, corredato da quesito (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), laddove la CTR, nonostante la natura mutualistica del consorzio, ha escluso che lo stesso dovesse ribaltare integralmente sulle consorziate i costi generali di gestione, i costi specifici relativi alle singole commesse e gli utili, con i conseguenti obblighi di fatturazione ed autofatturazione, ed ha qualificato come provvigione per l’espletamento del mandato, disciplinata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13, l’importo trattenuto dal consorzio, ritenendo che lo stesso potesse essere non fatturato, trascurano di considerare se tale condotta potesse integrare un abuso del diritto.

1.4. E’ opportuno ricordare, in merito alla fattispecie in esame che:

E’ incontestato tra le parti: che il Consorzio agiva quale mandatario senza rappresentanza delle ditte consorziate, che emetteva fattura nei confronti dei committenti e che ribaltava sulle consorziate che avevano eseguito i lavori l’importo corrispondente ai lavori eseguiti, detratta una percentuale diretta a coprire i costi consortili; che il Consorzio aveva natura di società per azioni.

E’ controversa: la natura esclusivamente mutualistica del Consorzio; la applicazione dei principi in tema di accertamento induttivo e di onere della prova, in merito alla imputabilità “per trasparenza” di tutti i ricavi e di tutti i costi del Consorzio ai soggetti consorziati in proporzione della quota di partecipazione al fondo consortile, anche a prescindere dall’effettivo e diretto svolgimento di commesse acquisite dal Consorzio da parte della consorziata in subappalto.

1.5. I motivi possono essere trattati congiuntamente per connessione, sono inammissibili e vanno respinti.

1.6. Sulla tematica in esame sono di recente intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con le pronunce dal n.12190 al n. 12192, depositate il 14.06.2016, che hanno chiarito con molteplici argomenti di derivazione normativa, superando due precedenti e contrapposti orientamenti giurisprudenziali di legittimità, che “l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, essendosi ormai “superata l’immedesimazione tra società e scopo di lucro da un lato e cooperativa ed interesse mutualistico dall’altro.” (p. 19), e si sono soffermate sulla rilevanza di tale compatibilità sui consorzi con attività esterna anche ai fini fiscali, desunta indirettamente dal dettato normativo di cui alla L. n. 240 del 1981, art. 4, laddove si subordina la possibilità per i consorzi e le società consortili di fruire di una determinata agevolazione fiscale alla previsione statutaria di un divieto di distribuzione di utili alle consorziate; divieto altresì disposto dalla L. 5 ottobre 1991, n. 317, art. 18, e che non avrebbe ragion d’essere qualora si escluda la possibilità per le società consortili di conseguire utili.

Sulla scorta della possibile sovrapposizione dello scopo mutualistico e dello scopo di lucro, le SU hanno valorizzato da un lato la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere dal consorzio o dalla società consortile e da ciascuna consorziata – dovendosi ritenere che la possibile struttura giuridiche assunta dal consorzio sul punto sostanzialmente non rileva ed anzi rafforza la conclusione – e, dall’altro lato, hanno focalizzato l’attenzione sulle operazioni poste in essere dalla società consortile, rimarcando la necessità di distinguere le operazioni compiute in esecuzione del patto mutualistico, rilevanti in ragione della previsione di cui all’art. 2615 ter c.c., da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile.

Sul piano generale le SU, tuttavia, hanno posto l’accento sulla necessità di uno specifico accertamento, alla luce dei patti consortili e dell’attività in concreto esercitata, teso a valutare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale, rilevante sul piano dell’abuso del diritto, (tra le altre Cass. n. 30055/2008), intento ben presumibile laddove lo scopo mutualistico risulti di carattere del tutto residuale (p. 23, Cass. SU n. 12191/2016).

Laddove sia da escludere una ipotesi di abuso del diritto, quindi, le SU hanno indicato “la necessità di un ulteriore accertamento circa i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati, rapporti che, in assenza di specifica disposizione normativa, possono anche essere in concreto ricondotti ad istituti diversi dal mandato con o senza rappresentanza” (p. 24), accertamento volto a verificare la sussistenza dei “presupposti imprescindibili per stabilire se sia o meno necessario il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi” con i conseguenti oneri concernenti la fatturazione e la autofatturazione (p.25), con riferimento alla diverse modalità attraverso le quali viene svolta l’attività della società consortile, nonchè la correlazione delle stesse con gli scopi di volta in volta perseguiti.

In buona sostanza le SU affermano che, in ragione della pluralità di scopi, anche lucrativi, che possono connotare l’attività consortile, contrariamente a quanto posto dall’Agenzia delle entrate come presupposto delle doglianze svolte, non necessariamente tutti gli effetti economici delle operazioni compiute dal Consorzio sono destinati a confluire sui consorziati.

Su tale premessa le SU chiariscono che:

1) per l’ipotesi in cui il consorzio acquisisca una commessa e proceda ad un autonomo adempimento della stessa, indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, va esclusa la legittimità di un ribaltamento dei costi tra tutti i consorziati;

2) per l’ipotesi in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque connessi al criterio mutualistico di utilizzo del servizio consortile si dovrà di contro procedere al “ribaltamento” di costi e ricavi (p. 26).

Tale ricostruzione civilistica dei rapporti tra Consorzio e consorziate produce differenti ricadute in tema di prova e di onere della prova, qualora si riscontri una differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli trasferiti – o presumibilmente trasferiti (ribaltati) sulle consorziate.

Invero nel primo caso (attività adempiuta direttamente dal Consorzio), qualora non risulti un formale ribaltamento, l’Amministrazione non potrà assumere in via presuntiva che vi sia stato un ribaltamento occulto sulla scorta della differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli che formalmente risultano trasferiti (ribaltati) sulle consorziate, e non potrà contestare omesse fatturazioni ed autofatturazioni. Invece nel secondo caso (attività compiuta direttamente dal Consorzio, ma complementare alla finalità mutualistica), qualora non risulti un formale ribaltamento, l’Amministrazione potrà assumere in via presuntiva che vi sia stato un ribaltamento occulto mediante compensazione sulla scorta della differenza tra gli incassi e le spese rispettivamente percepiti e sopportati dal Consorzio e quelli formalmente trasferiti (ribaltati) sulle consorziate, e contestare omesse fatturazioni ed autofatturazioni, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico della consorziata.

Tale complessa ricostruzione è stata sintetizzata nel seguente principio di diritto “La causa consortile non è ostativa allo svolgimento, da parte della società consortile, di una distinta attività commerciale con scopo di lucro. Costituisce questione di merito l’accertamento in ordine ai rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nell’assegnazione dei lavori o servizi ai singoli consorziati e nella esecuzione delle commesse. Nel caso di differenza tra quanto fatturato dalla società consortile al terzo committente e quanto alla prima fatturato dal consorziato, nel rispetto dei principi certezza, effettività, inerenza e competenza, costituisce onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, o che la stessa corrisponda a provvigioni o servizi resi dal consorzio al terzo.” (Cass. SU n. 12190/2016).

1.7. Passando all’esame del presente caso, si deve osservare quanto segue.

Contrariamente a quanto dato come presupposto dalla ricorrente in tutti i motivi di ricorso e posto a fondamento delle regulae juris di cui si chiede l’applicazione, la natura esclusivamente mutualistica del Consorzio non costituisce circostanza non contestata, nè acclarata, atteso che la CTR, con un accertamento in fatto di opposto contenuto, si è pronunciata con dovizia di argomenti proprio sulla natura anche commerciale assunta in concreto dal Consorzio con riferimento alla fattispecie in esame, sia pure riconoscendo – come peraltro affermato anche dalle SU – la compresenza di uno scopo non lucrativo.

Ciò è desumibile dalla articolata motivazione, ove è rimarcato che il Consorzio ha la possibilità di agire come “un qualsivoglia imprenditore autonomo”, che opera con personalità giuridica e e che è caratterizzato da autonomia patrimoniale e da responsabilità limitata (fol. 8 della sentenza) e che, sulla scorta degli accordi esistenti con i consorziati, non può essere considerato un centro di imputazione di rapporti giuridici da ripartire “per trasparenza”, sotto specie di costi e ricavi, tra tutti gli enti associati in relazione alla quota consortile sottoscritta (fol. 11 della sentenza).

1.8. Le censure, quindi, risultano tutte inammissibili perchè, sul piano del diritto, la prospettazione dall’Amministrazione, preliminare e fondante, circa la natura esclusivamente non lucrativa del Consorzio e la sua inconciliabilità assoluta con uno scopo commerciale, è errata alla luce delle ricordate e sopravvenute decisioni delle SU, e da ciò discende la non pertinenza dei motivi alla fattispecie concreta.

Per altro verso le doglianze non colgono nel segno poichè sono del tutto assenti le critiche sul piano motivazionale in merito all’accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, in ordine alla riconosciuta natura di ente anche commerciale del Consorzio ed alla riconduzione delle attività di cui si discute proprio a questo ultimo ambito, che risulta perciò esterno ai rapporti con la consorziata, di guisa che la stessa non è soggetta ad alcun obbligo di fatturazione ed autofatturazione in merito. Sul piano della autosufficienza va altresì rimarcato che non emerge alcun elemento che consenta di distinguere le operazioni compiute in esecuzione del patto mutualistico, da quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile.

1.9. L’ultima censura non risulta adeguatamente sviluppata nemmeno per i denunciati aspetti di abuso del diritto i quali, non potendo essere ricondotti al mero svolgimento di attività anche commerciali – compatibili con lo scopo mutualistico alla luce della decisione delle SU -, avrebbe dovuto essere accompagnata dalla prova, anche presuntiva, del carattere meramente residuale dello scopo non lucrativo.

2.1. Conclusivamente il ricorso va rigettato per inammissibilità dei motivi.

2.2. Considerata la complessità della questione e l’intervento della giurisprudenza sopra richiamata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, si ritiene che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite per tutte le fasi del giudizio.

PQM

La Corte di cassazione,

– rigetta il ricorso per inammissibilità dei motivi;

– compensa le spese di lite per tutte le fasi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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