Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4773 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 06/06/2016, dep.24/02/2017),  n. 4773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5375-2011 proposto da:

CONVIVI SRL, in persona dell’Amm.re e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALARIA 227, presso

lo studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA, rappresentato e difeso

dall’avvocato ERNESTO PROCACCINI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO CENTRALE DI ROMA in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI NAPOLI

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 34/2010 della COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA,

depositata il 02/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAMASSA che si riporta al

controricorso e chiede il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due motivi

di ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 34 del 2 febbraio 2010 la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate riformando la sentenza di primo grado che, rilevato il mancato rispetto del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 aveva accolto il ricorso proposto dalla CONVIVI s.r.l. ed annullato l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva rideterminato induttivamente il reddito d’impresa ai fini IVA, IRPEG ed IRAP relativamente all’anno d’imposta 2002, sul presupposto dell’omessa presentazione delle dichiarazioni per le annualità dal 2002 al 2006.

Sosteneva il giudice di appello che nel caso di specie l’Ufficio non aveva redatto alcun processo verbale di constatazione in quanto il funzionario che si era recato presso la sede della società si era limitato ad invitare il contribuente ad esibire la documentazione ritenuta necessaria ai fini della successiva verifica; che, in ogni caso, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non prevedeva alcuna sanzione per il mancato rispetto del termine ivi indicato; che l’omessa redazione del p.v.c. non poteva comunque comportare la nullità dell’avviso di accertamento; nel merito, che l’omessa presentazione delle dichiarazioni per più annualità giustificava il ricorso al metodo di accertamento induttivo utilizzato nella specie dall’Amministrazione finanziaria.

2. La società contribuente propone ricorso per cassazione anche nei confronti del Ministerro dell’Economia e delle Finanze, affidato a quattro motivi, cui replica la sola Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del MEF in quanto, in tema di contenzioso tributario, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate. divenuta operativa dal 1 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale la legittimazione ad causam e ad processum nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetta esclusivamente all’Agenzia (Cass. sent. n. 10183 del 2016: conf. Cass. n. 22889/2006, n. 22992/2010, n. 8177/2011. n. 18369 del 2015).

2. Con il primo e secondo motivo di ricorso la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nonchè degli artt. 3 e 97 Cost. e L. n. 241 del 1990, art. 1, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per avere il giudice di merito escluso l’applicabilità del termine dilatorio previsto dalla citata disposizione dello Statuto dei diritti del contribuente nell’ipotesi, come quella in esame, di compimento da parte del funzionario dell’Amministrazione finanziaria di operazioni meramente materiali, come l’acquisizione di documentazione, anche in mancanza di redazione di un processo verbale di constatazione e di ragioni di urgenza che giustificasse l’emanazione ante tempus dell’atto impositivo.

2.1. A conclusione del primo motivo di ricorso formula il seguente quesito di diritto: “dica, quindi, codesta Ecc.ma Corte che la locuzione “chiusura delle operazioni” di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 si riferisce anche alle operazioni meramente materiali, quali il prelievo della documentazione contabile presso il Contribuente”.

2.2. Conclude, invece, il secondo motivo di ricorso con il seguente quesito di diritto: “dica. quindi, codesta Ecc.ma Corte che prima del decorso del termine di sessanta giorni stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 non può essere emesso alcun avviso di accertamento da parte dell’Ufficio accertatore, salvo nell’ipotesi di particolare urgenza, essendo il predetto termine posto a garanzia della effettività del principio del contraddittorio previsto in favore del Contribuente interessato”.

3. Con il terzo motivo la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per avere il giudice di merito ritenuto fondata l’applicazione del metodo di accertamento induttivo in considerazione della omessa presentazione delle dichiarazioni dovute anche per più anni”.

3.1. A conclusione del primo motivo di ricorso formula il seguente quesito di diritto: “dica, quindi, codesta Ecc.ma Corte che il metodo induttivo di accertamento può essere utilizzato dall’Ufficio accertatore solo a fronte di “gravi”, “numerose” e “ripetute” irregolarità formali, ovvero sostanziali, delle scritture contabili, tali da renderle del tutto inattendibili”.

4. Con il quarto motivo la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per avere il giudice di appello ritenuto legittima l’applicazione delle sanzioni per mancato versamento di imposte risultanti da dichiarazione regolarmente presentata, alla diversa ipotesi di mancata presentazione della dichiarazione.

4.1. La ricorrente conclude il motivo di ricorso formulando il seguente quesito di diritto: “dica, quindi, codesta Ecc.ma Corte che risulta sanzionabile il solo mancato versamento delle imposte, laddove le stesse risultino da una dichiarazione presentata nei termini”.

5. I motivi presentano plurimi profili di inammissibilità.

5.1. Invero, in tutti i motivi la ricorrente deduce simultaneamente, in relazione alla medesima statuizione impugnata, il vizio di violazione di norme di diritto ed il vizio logico di motivazione, accomunati inestricabilmente nella esposizione dei motivi (che riportano ampi stralci delle argomentazioni svolte dai giudici di appello), i quali, pertanto, difettano del requisito di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, attesa l’ontologica distinzione tra i due vizi in questione ripetutamente ribadita dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito. la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (cfr. Cass. S.U. n. 10313 del 2006; conf. Sez. 1″, n. 4178 del 2007; sez. lav. n. 7394 del 2010). L’incertezza del parametro di legittimità denunciato dalla ricorrente determina, ex se, l’inammissibilità dei motivi, non essendo alla Corte demandato il compito di ricercare quale sia la effettiva critica mossa dalla parte alla sentenza impugnata, e non potendo ritenersi ricompreso nel compito di nomofilachia assegnato al Giudice di legittimità anche l’individuazione del vizio in base al quale poi verificare la legittimità della sentenza impugnata, come emerge dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che riservano in via esclusiva tale compito alla parte interessata (cfr. Cass. n. 4610 del 2016, che richiama Cass. Sez. 3^, n. 18242 del 2003; Sez. 1^. n. 22499 del 2006, con specifico riferimento al caso in cui il ricorrente non aveva indicato le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata e non aveva formulato censure specifiche contro di esse; Sez. 1^, n. 5353 del 2007; Sez. 3^, n. 18421 del 2009; Sez. 1^, n. 19443 del 2011 e Sez. 3^, n. 3248 del 2012).

5.2. Inoltre, con riferimento ai dedotti vizi motivazionali, che la ricorrente ha anche trascurato di accompagnare con il corrispondente momento di sintesi, come prescritto dall’art. 366 bis c.p.c.. applicabile ratione temporis, va rilevato che la denuncia di omessa motivazione, formulata – come nel caso in esame – congiuntamente con la denuncia di motivazione insufficiente o contraddittoria, è affetta da insanabile contrasto logico, non potendo il primo di tali vizi coesistere con gli altri, per l’ovvia ragione – peraltro desumibile dalla formulazione alternativa e non congiuntiva delle ipotesi in questione contemplate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – una motivazione mancante non può essere insufficiente o contraddittoria, mentre l’insufficienza e la contraddittorietà presuppongono che una motivazione, della quale appunto si ci duole, risulti comunque formulata (in termini, Cass. n. 21122 del 2015; id. n. 29153 del 2014).

6. In relazione al quarto motivo, con cui viene censurata una statuizione non rinvenibile nella sentenza impugnata, va osservato che la ricorrente avrebbe dovuto proporre la censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, previa deduzione e dimostrazione, nella specie del tutto carente, di aver ritualmente avanzato nel giudizio di merito la corrispondente domanda.

7. Conclusivamente, quindi, i motivi di ricorso vanno dichiarati inammissibili e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo ai sensi del D.M. Giustizia n. 55 del 2014 e tenuto conto della nota spese depositata dalla controricorrente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dichiara inammissibili i motivi del ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio sezione quinta civile, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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