Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4766 del 28/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4766 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA
sul ricorso 17156-2016 proposto da:
MALTESE BRUNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
OSLAVIA n.7, presso lo studio dell’avvocato SARA D’ONOFRIO,
che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato
ANDREA SOLFANELLI;

– ricorrente contro
RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., C.E/P.I.
06382641006, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II n.326, presso lo studio dell’avvocato
CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 14711/2015 della CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, depositata il 14/07/2015;

Data pubblicazione: 28/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 19/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA
SPENA.

Ric. 2016 n. 17156 sez. ML – ud. 19-12-2017
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PROC nr. 17156/2016 RG

RILEVATO:
che la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale
della stessa sede, che aveva integralmente accolto il ricorso, accoglieva
parzialmente la domanda proposta da BRUNO MALTESE per l’accertamento
della nullità del termine apposto ai contratti di lavoro subordinato intercorsi
con RAI-RADIOTELEVISIONE ITALIANA ( in prosieguo: RAI) spa; per

indeterminato dall’8.3.2000;

che questa Corte, con sentenza n. 14711 del 14.7.2015, riuniti i ricorsi
principale ed incidentale, rispettivamente proposti da RAI spa e dal
MALTESE, respingeva il ricorso incidentale ed accoglieva i primi due motivi
del ricorso di RAI spa, assorbiti gli altri; cassava la sentenza impugnata con
rinvio alla Corte di appello di Roma;

che, in particolare, la Corte riteneva che al giudice dell’appello fosse
stata devoluta dall’appellante RAI spa la questione della legittimità del
termine non solo in relazione alla legge nr. 230/62 ma anche in riferimento
agli accordi conclusi ex lege 56/1987 e rimetteva l’esame di tali profili al
giudice del rinvio;

che della decisione della Corte chiede la revocazione, ex art. 395,
comma 1, n. 4, cod.proc.civ., BRUNO MALTESE, affidando la impugnazione
ad un unico motivo, cui ha opposto difese con controricorso RAI spa;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio;

che le parti hanno depositato memoria;
CONSIDERATO
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;
che con l’unico motivo il ricorrente ha dedotto che la sentenza della
Corte di Cassazione sarebbe affetta da errore di fatto revocatorio per avere
la Corte accolto il ricorso di RAI spa— ( ed affermato che RAI aveva
proposto appello per mancata applicazione della disciplina successiva alla
legge 230/1962) — avendo erroneamente assunto come contenuti del
ricorso in appello le deduzioni che, invece, erano state svolte nella

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l’effetto dichiarava la intercorrenza tra le parti di un rapporto a tempo

PROC nr. 17156/2016 RG

memoria difensiva del primo grado, come trascritte alle pagine 3 e 5 del
ricorso in cassazione (e richiamate nella sentenza revocanda); nell’atto di
appello RAI spa aveva impugnato la sentenza unicamente per erronea
applicazione della legge 230/1962;

che, ritiene il Collegio, si debba dichiarare inammissibile il ricorso;
che l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a

cassazione, deve consistere in un errore di percezione risultante dagli atti o
dai documenti della causa direttamente esaminabili dalla Corte, riferito alle
ipotesi in cui la decisione è fondata sulla supposizione della esistenza di un
fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa ovvero della inesistenza di
un fatto la cui verità e positivamente stabilita, sempre che il fatto del quale
è supposta l’esistenza o l’inesistenza non abbia costituito un punto
controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziare.
Nella fattispecie di causa i primi due motivi del ricorso in cassazione
proposto da RAI spa censuravano, sotto il profilo della violazione di legge
(art. 346 cod.proc.civ.) e del vizio di motivazione, la statuizione con cui la
Corte d’Appello di Roma riteneva che l’atto di appello di RAI spa attenesse
esclusivamente alla applicazione della legge 230/1962 e non anche alla
legittimità del termine ai sensi degli accordi stipulati

ex lege 56/1987,

articolo 23 . Nell’accogliere i predetti motivi di ricorso questa Corte
affermava, nella sentenza della quale si chiede la revocazione, che
«l’esame devoluto al giudice del gravame sulla legittimità della clausola
appositiva del termine ai singoli contratti riguardava quindi non solo la
conformità alla disciplina dettata dalla legge più risalente, ma anche alla
normativa di legge e collettiva tempo per tempo vigente ed applicabile agli
stessi . Ciò tanto più in quanto la stessa Corte riferisce a pg. 2 della
motivazione che i contratti a termine a decorrere dal 26 luglio 1999 erano
stati stipulati ai sensi dell’accordo collettivo dell’aprile 1997 e del successivo
contratto del 2000» (pagina 8 della sentenza).
L’ errore revocatorio denunziato cade dunque esattamente sul fatto
costituente il punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.
Ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod.proc.civ., richiamato per le sentenze della

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determinare la revocazione delle sentenze, comprese quelle della Corte di

PROC nr. 17156/2016 RG

Corte di cassazione dall’art. 391 bis cod.proc.civ., rientra fra i requisiti
necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di
esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale
la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore
revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia
formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito

(Cassazione civile, sez. I, 15/12/2011, n. 27094).

che, pertanto, in conformità alla proposta del relatore, deve pervenirsi
alla declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza ai sensi dell’art.
391 bis cod.proc.civ., (non rivestendo alcuna incidenza ai fini di una diversa
soluzione della controversia i rilievi formulati in memoria, posto che gli
stessi tendono a ribadire quanto già esposto nel ricorso );

che le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo;
che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, DPR
115 del 2002;

PQM
La Corte

dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna parte

ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 200 per spese ed
euro 4.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15 % ed
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 19 dicembre 2017

IL PRESIDENTE

dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice

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