Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4764 del 23/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.23/02/2017),  n. 4764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4872-2014 proposto da:

A.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

DANTE FANI’ giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS), P.I. (OMISSIS), in persona del

curatore fallimentare, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato ERIKA GIOVANNETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIANO MILIA giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 591/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 23/04/2013 e depositata il 06/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che con due motivi di doglianza A.V. ha proposto ricorso per cassazione della sentenza, depositata in data 6 giugno 2013, con la quale la Corte di appello di L’Aquila, accogliendo il gravame interposto dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Pescara di accoglimento dell’opposizione proposta dall’ A. avverso la esecuzione instaurata nei suoi confronti dalla società poi fallita, ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di compensazione delle somme dovute dall’ A. alla (OMISSIS) in bonis con il suo maggior credito derivante da altro titolo giudiziale;

che la curatela fallimentare si è costituita con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto difese;

considerato che il primo motivo eccepisce la nullità della sentenza impugnata per avere omesso di rilevare il difetto di rappresentanza del curatore fallimentare, posto che l’autorizzazione del giudice delegato sarebbe stata limitata al solo primo grado del presente giudizio;

che il secondo motivo lamenta la violazione delle disposizioni di legge in tema di compensazione dei crediti in ipotesi di fallimento di una delle parti del rapporto, assumendo violato il principio secondo cui in ipotesi di giudizio intentato dalla curatela fallimentare per il recupero di un credito del fallito è ben possibile per la controparte opporre in compensazione un proprio credito;

che la controricorrente curatela ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, chiedendone comunque il rigetto per infondatezza;

ritenuto che il primo motivo di ricorso sembra inammissibile posto che, pur invocando un error in procedendo del giudice di secondo grado nell’aver omesso di rilevare il difetto di rappresentanza del curatore per inidoneità dell’autorizzazione del giudice delegato a costituirsi nel giudizio di appello, sembra aver omesso di rispettare i requisiti previsti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), non avendo riportato, nè specificamente indicato, gli atti processuali e/o i documenti cui fa riferimento per argomentare la fondatezza di quanto censurato, limitandosi a riportare uno stralcio della autorizzazione, così da non consentire a questa Corte di procedere alla verifica di quanto lamentato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012);

che il secondo motivo appare fondato, atteso che l’affermazione della Corte territoriale, secondo cui – una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento di un parte – tutte le azioni pendenti in cui sia parte il fallito si trasferiscono alla cognizione del tribunale fallimentare, non appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato (Sezioni unite n. 21499/2004 e 21500/2004, seguite dalle successive pronunce delle sezioni semplici, 453/05, 17749/09, 73/2012) che la vis actractiva del Foro fallimentare in ipotesi di deduzione di compensazione del credito vantato dal fallimento con un debito della società fallita nei riguardi del terzo opera solo qualora la compensazione derivi dal medesimo rapporto, e l’accertamento sia chiesto con efficacia di giudicato nei confronti della massa; laddove non opera qualora, come nel caso di specie, la parte intenda solo paralizzare l’azione intentata dal fallimento (in questo caso l’esecuzione forzata) senza alcuna intenzione di far valere l’accertamento del proprio credito nei confronti della massa fallimentare (Sez. 1, Sentenza n. 14418 del 07/06/2013);

che, pertanto, il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380 bis c.p.c. per ivi, qualora il Collegio condivida i rilievi che precedono, essere accolto”.

2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio condivide integralmente le considerazioni esposte nella relazione e le conclusioni cui perviene, parzialmente condivise dal ricorrente nella memoria da ultimo depositata. Infondatamente peraltro quest’ultimo contesta la inammissibilità del primo motivo, dal momento che il ricorso risulta privo sia della specifica indicazione della collocazione nel fascicolo di causa dei documenti sui quali si basa la doglianza illustrata nel motivo, sia della allegazione dei documenti stessi (art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4).

Si impone pertanto, in accoglimento del secondo motivo, la cassazione del provvedimento impugnato, con rinvio della causa alla Corte d’appello di L’Aquila perchè, in diversa composizione, proceda ad un nuovo esame nel rispetto del principio di diritto qui affermato, regolando anche le spese di questo giudizio di cassazione.

PQM

La Corte cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017

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