Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4763 del 28/02/2018

Cassazione civile, sez. I, 28/02/2018, (ud. 27/10/2017, dep.28/02/2018),  n. 4763

Fatto

1. Con sentenza depositata il 12 maggio 2016 la Corte d’appello di Roma, sezione per i minorenni, ha rigettato l’appello proposto da C.B., in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore C.E., nei confronti di P.C. avverso la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda proposta da quest’ultimo, ai sensi dell’art. 250 c.c., comma 4, in tal modo tenendo luogo del consenso mancante della prima al riconoscimento della minore.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che, a fronte dell’interesse prioritario della minore ad acquisire uno stato che completi la sua personalità nella integrale dimensione psico – fisica, perdevano di significato i singoli episodi riferiti dalla C., che non assumevano rilievo tale da screditare la figura del P.; b) che il diritto del genitore ad operare il riconoscimento del figlio naturale, garantito dall’art. 30 Cost., non si pone in contrapposizione con l’interesse del minore, ma come misura ed elemento di definizione dello stesso; c) che il rifiuto della C. doveva ritenersi ingiustificato, considerato il diritto della minore ad entrambi i genitori in vista di una serena ed equilibrata crescita psico – fisica e dell’arricchimento che la stessa avrebbe ricevuto, da un punto di vista affettivo, oltre che materiale, dalla presenza anche del nucleo familiare paterno, composto da persone irreprensibili; d) che il P., nel corso dell’indagine da parte dei servizi sociali, aveva mostrato consapevolezza dei reati commessi, dei quali si era assunto ogni responsabilità; e) che l’adeguatezza dell’uno o dell’altro genitore, avrebbe potuto essere oggetto di successiva valutazione da parte del giudice, ai fini dei provvedimenti da adottare sia con riguardo alle modalità dell’affidamento, sia con riguardo all’esercizio della responsabilità genitoriale.

3. Avverso tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste il P. con controricorso.

Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta.

Diritto

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 250 c.c., comma 4, rilevando: a) che il sistema normativo esclude che al minore infraquattordicenne possano essere imposti rapporti familiari che infondano angoscia e che costituiscano fonte di dissidi, di distruzione o di oppressione; b) che, pertanto, dovevano essere presi in considerazione i numerosi episodi di violenza posti in essere dal P. in danno della C., anche in presenza di terze persone e degli altri figli della donna; c) che, del pari, doveva essere considerato che il P. non aveva ma fatto nulla per la figlia e non aveva contribuito in alcun modo alla sua crescita.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla mancata considerazione dei gravi episodi di violenza dei quali il P. si era reso responsabile.

3. I due motivi, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.

Secondo il costante orientamento espresso da questa Corte (v., ad es., di recente, Cass. 27 marzo 2017, n. 7762) il riconoscimento del figlio minore infraquattordicenne nato fuori dal matrimonio, già riconosciuto da un genitore, costituisce un diritto soggettivo dell’altro, tutelato nell’art. 30 Cost., che può, tuttavia, essere sacrificato in presenza del rischio della compromissione dello sviluppo psicofisico del minore stesso. In questo quadro, si pone la necessità di realizzare un bilanciamento tra l’esigenza di affermare la verità biologica con l’interesse alla stabilità dei rapporti familiari, attraverso una valutazione in concreto dell’interesse del minore stesso.

In tale contesto, è certamente esatto che il riconoscimento di un figlio naturale minore, già riconosciuto da un genitore, da parte dell’altro genitore non può essere escluso sulla sola base di una condotta morale non esente da censure, di per sè rilevante per il diverso fine dell’affidamento (Cass. 22 febbraio 2000, n. 1990), come pure in ragione della mera pendenza di un processo penale a carico del genitore richiedente (Cass. 3 febbraio 2011, n. 2645). Tuttavia, resta ferma la rilevanza che può assumere il percorso di vita del richiedente e l’eventuale accertamento di gravi carenze come figura genitoriale, con conseguente compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore derivante dal riconoscimento (Cass. 11 dicembre 2013, n. 27729).

In tale contesto, l’indicato bilanciamento è stato condotto dalla Corte territoriale non in concreto, ma attraverso formule generali che o non danno conto delle conclusioni raggiunte (così, ad es., quando si afferma semplicemente, a fronte dell’interesse del minore al secondo riconoscimento, che “perdono valenza i singoli episodi riferiti dalla resistente, che non assumono una portata tale da screditare la figura del richiedente”; o, ancora, quando a fronte della commissione di reati dei quali dà atto la medesima decisione, senza esaminarne tipologia e caratteristiche concrete, si attribuisce significato al fatto che il P. se ne sia assunto la responsabilità, rimproverandosi di aver coinvolto i genitori, senza che venga dato conto di alcuna rimeditazione verso le vittime di tali illeciti e con riguardo al contesto in cui sono maturati) o valorizzano profili privi di concludenza (quale la premessa, secondo la quale “l’altro genitore è quello che ognuno ha scelto per il proprio figlio” o l’inadeguatezza genitoriale della madre).

4. Ne discende che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, sezione per i minorenni, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma, sezione per i minorenni, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che, in caso di utilizzazione del presente provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti, riportati nel provvedimento.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2018

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