Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4762 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2022, (ud. 22/12/2021, dep. 14/02/2022), n.4762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5255-2020 proposto da:

M.U., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO CAVICCHIOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI NOVARA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1086/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 26/06/2019 R.G.N. 2459/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/12/2021 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello proposto da M.U., cittadino del Pakistan, avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

2. Il richiedente aveva allegato di essere fuggito dal Pakistan in quanto aveva intenzione di sposare una ragazza di etnia diversa nonostante l’opposizione della famiglia; che quest’ultima aveva reagito violentemente, uccidendo la ragazza e uccidendo anche il fratello del ricorrente, sicché questi, temendo per la propria vita, aveva deciso di lasciare il Paese d’origine.

3. La Corte d’appello ha condiviso la decisione del tribunale di insussistenza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), per essere le minacce e la violenza provenienti da un gruppo privato e, in ogni caso, ha giudicato non credibile il racconto del richiedente sul rilievo che non fosse plausibile che la famiglia della ragazza avesse rivolto le sue ire, non solo nei confronti del fratello dell’appellante, senza che quest’ultimo fosse in qualche modo coinvolto.

4. Ha negato i presupposti per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), osservando che le censure dell’appellante non erano in grado di demolire la ratio decidendi adottata dal primo giudice e che le fonti citate nel ricorso in appello erano anteriori di almeno tre anni alla situazione attuale. Ha richiamato i rapporti della Farnesina, in particolare il rapporto del 2019 pubblicato sul sito viaggiaresicuri.it, nonché il rapporto Easo del 2018, che descrivono una situazione difficile del Pakistan nelle zone al confine con l’India e l’Afghanistan, ma non estesa alla regione di provenienza del richiedente, cioè il Punjab.

5. La Corte di merito ha parimenti escluso i presupposti della protezione umanitaria per l’insussistenza di una adeguata attività lavorativa dopo il novembre 2017 e per non avere l’appellante allegato situazioni di vulnerabilità afferenti i beni primari della persona.

6. Avverso tale sentenza il richiedente la protezione ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

7. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

8. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione dell’art. 342 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte d’appello giudicato inammissibile il secondo motivo di impugnazione, avverso il rigetto della domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

9. Col secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonché omesso esame della provenienza del richiedente dalla regione del Nord Punjab, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

10. Parte ricorrente assume che la Corte di merito abbia utilizzato fonti non attendibili (sito Viaggiare sicuri) e non abbia considerato che il ricorrente proviene dal nord Punjab, al confine con l’Azad Kashmir, territorio quest’ultimo conteso tra Pakistan, India e Cina e teatro di un conflitto bellico a bassa intensità che dura da oltre 40 anni. Rileva che il Pakistan ha una superficie di 900.000 km quadrati e lo stato del Punjab una superficie di oltre 200.000 km quadrati e che le fonti riportate nella sentenza impugnata, focalizzate in generale sull’intero Pakistan e sull’intero Stato del Punjab, non consentono di ritenere espletata un’istruttoria corrispondente ai criteri indicati dall’art. 8, comma 3, cit., che deve invece riguardare specificamente la zona di provenienza del richiedente la protezione internazionale.

11. Col terzo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 8, e dell’art. 115 c.p.c., in riferimento alle domande di riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria.

12. Il ricorrente sostiene che la Corte di merito abbia escluso l’esistenza, nel paese di provenienza, di una situazione di violenza generalizzata sussumibile nell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non solo utilizzando fonti non corrispondenti ai criteri di cui al citato art. 8, comma 3, ma anche senza sottoporre gli elementi probatori acquisiti d’ufficio al contraddittorio delle parti; ciò ha impedito all’appellante di far rilevare la genericità delle informazioni raccolte poiché non relative alla sua specifica zona di provenienza.

13. Col quarto motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la Corte d’appello giudicato inammissibile il motivo di impugnazione sul rigetto della domanda di protezione umanitaria.

14. Col quinto motivo si addebita alla sentenza d’appello la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché omesso esame di fatti decisivi per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

15. Si sostiene che la Corte di merito abbia omesso di indagare sulle condizioni di pericolo per la popolazione civile esistenti nella zona di provenienza del richiedente, Nord del Punjab, rilevanti anche ai fini della protezione umanitaria; inoltre, che pur dando atto del livello di integrazione sociale e lavorativa raggiunto dal richiedente, ha negato la protezione umanitaria sul rilievo che mancasse la prova di una condizione di vulnerabilità concernente beni primari della vita, ritenendo non sufficiente ad integrare la condizione di vulnerabilità il generalizzato pericolo a cui, in quei territori, è esposta la popolazione civile.

16. Per ragioni di ordine logico si esamina in via prioritaria il secondo motivo di ricorso che risulta inammissibile.

17. Il motivo denuncia il mancato adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria da parte dei giudici di appello, che avrebbero raccolto informazioni genericamente sullo Stato del Punjab, anziché indagare con specifico riferimento alla provincia di provenienza del ricorrente, Giurat, sita nel nord del Punjab, al confine con la regione autonoma Azad Kashmir, teatro di un decennale conflitto bellico.

18. Il ricorrente, tuttavia, non allega e non dimostra di avere, nei precedenti gradi di giudizio, dedotto la specifica condizione di rischio alla quale egli era esposto in quanto proveniente dalla provincia situata al confine con l’Azad Kashmir e neppure individualizza in maniera concreta e dettagliata la condizione di rischio posta a base della censura in esame, rilevante ai fini della protezione sussidiaria ed anche dello stato di vulnerabilità ai fini della protezione umanitaria.

19. Considerato che la sentenza d’appello non contiene alcun riferimento alla condizione di rischio connessa alla peculiare posizione geografica della provincia di provenienza del richiedente, sarebbe stato onere del medesimo allegare e dimostrare di avere sottoposto ai giudici di merito gli elementi fattuali necessari a indirizzare le indagini informative sul rischio esistente in quella zona e idoneo a coinvolgere la popolazione civile.

20. La mancanza di allegazioni in tal senso rende inammissibili le censure mosse.

21. Neppure può trovare accoglimento la denuncia di violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 8, e dell’art. 115 c.p.c., in riferimento alle domande di riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria. Questa S.C. ha chiarito che, in tema di protezione internazionale, l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI (“country of origin information”) assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poiché in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali, a condizione che il tribunale renda palese nella motivazione a quali informazioni abbia fatto riferimento, al fine di consentirne l’eventuale critica in sede di impugnazione. Sussiste, invece, una violazione del diritto di difesa del richiedente denunciabile nel giudizio di cassazione quando costui abbia esplicitamente indicato le COI, ma il giudice ne abbia utilizzato altre, di fonte diversa o più aggiornate, che depongano in senso opposto a quelle offerte dal ricorrente, senza prima sottoporle al contraddittorio, sempre che la censura sia formulata in modo conforme al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione ed indichi in quale modo l’omessa conoscenza delle COI da parte del richiedente abbia inficiato il giudizio conclusivo del giudice (Cass. n. 29056 del 2019 e n. 899 del 2021). Requisiti non ricorrenti nel caso in esame, in cui peraltro la sentenza impugnata dà atto del carattere datato delle fonti invocate dal ricorrente.

22. Parimenti inammissibile è il quinto motivo di ricorso che censura l’omesso riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, opponendo una valutazione alternativa degli elementi fattuali raccolti e valutati dalla Corte di merito, che ha accertato la mancanza di un effettivo radicamento sul territorio nazionale per l’insussistenza di una occupazione lavorativa dopo il novembre 2017.

23. Inammissibili sono infine il primo e il quarto motivo di ricorso, che denunciano la violazione dell’art. 342 c.p.c., per la statuizione di inammissibilità dei motivi di appello adottata dalla Corte di merito.

24. Premesso che l’art. 342 c.p.c., disciplina l’inammissibilità del ricorso in appello e non del singolo motivo, le censure tuttavia non si confrontano con la autonoma e assorbente ratio decidendi della sentenza impugnata che ha giudicato le rispettive censure inammissibili ma comunque le ha esaminate e dichiarate infondate.

25. Per le considerazioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.

26. Nulla va disposto sulle spese atteso che il Ministero non ha svolto attività difensiva.

27. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 22 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

 

 

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