Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4757 del 25/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2011, (ud. 11/02/2011, dep. 25/02/2011), n.4757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12465/2010 proposto da:

F.G. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato BOUCHE’

Franco, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati LANZETTA Elisabetta, POLICASTRO LUCIA, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3702/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

30.4.09, depositata il 14/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Franco Bouchè che insiste per

l’accoglimento del ricorso e per la sua trattazione in pubblica

udienza;

udito per il controricorrente l’Avvocato Lelio Maritato (per delega

avv. Elisabetta Lanzetta) che si riporta ai motivi del controricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LIBERTINO

ALBERTO RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 30.4-14.11.2009 la Corte d’Appello di Roma, accogliendo il gravame proposto dall’Inps nei confronti di F. G., rigettò le domande svolte da quest’ultimo relative al riconoscimento delle differenze retributive per l’asserito svolgimento di mansioni dirigenziali nel periodo 1.7.1998-19.7.1999.

F.G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi; l’Inps ha resistito con controricorso.

A seguito di relazione e previo deposito di memoria da parte del ricorrente, la causa è stata decisa in Camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c..

2. Con il primo motivo il ricorrente si duole che la decisione della Corte territoriale si sia fondata su argomentazioni sviluppate soltanto in sede di appello e in forza di documentazione (la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Inps n. 799 del 28.7.1998) parimenti prodotta solo in tale grado di giudizio.

Il motivo è manifestamente infondato, poichè il rilievo attribuito dalla parte datoriale alla suddetta delibera costituisce mera argomentazione difensiva nell’ambito della già espletata resistenza alle avversarie pretese, nel mentre, quanto alla tardiva produzione del documento, appare evidente come la Corte territoriale abbia fatto implicita, ma inequivoca applicazione del disposto dell’art. 437 c.p.c., comma 2, che consente l’ammissione in grado di appello dei nuovi mezzi di prova indispensabili ai fini della decisione.

3. Con i restanti motivi, da esaminarsi congiuntamente siccome tra loro connessi, il ricorrente denuncia plurime violazioni di norme di diritto e vizi di motivazione, assumendo, in sostanza, che la suddetta delibera rivestiva carattere programmatico, cosicchè la stessa non aveva modificato, con effetto immediato, l’organizzazione dell’Istituto quale delineata dalla precedente Delib. n. 770 del 1989; per contro la nuova organizzazione dell’Ente sarebbe stata attuata soltanto con l’adozione della circolare applicativa Inps n. 2 del 4.1.2001; quindi, nel periodo per cui è causa, avrebbe dovuto riconoscersi la perdurante operatività della Delib. n. 770 del 1989, in relazione alla quale avrebbero dovuto essere valutate le mansioni espletate, con conseguente riconoscimento della loro natura dirigenziale.

La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affrontare le tematiche sollevate dal ricorrente (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 10540/2007; 19025/2007; 22890/2008; 23567/2008; 25578/2008, 17367/2010).

In particolare è stato osservato che, in base al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 27, comma 1, gli enti pubblici non economici nazionali, e quindi l’Inps, adeguano i propri ordinamenti a quelli stabiliti nel decreto legislativo, adottando appositi regolamenti di organizzazione; l’Inps ha adempiuto a tale dovere con la ricordata Delib. n. 799 del 1998, nel cui art. 16 sono ridisegnate le funzioni dirigenziali, e, diversamente da altre disposizioni di carattere organizzativo, per l’efficacia di quelle attinenti la dirigenza non era previsto alcun differimento sino alla integrale realizzazione del nuovo modello organizzativo; dal rilievo secondo cui il differimento costituiva una conseguenza logicamente necessaria, non potendo le nuove mansioni dirigenziali essere esercitata senza quel modello, non può trarsi l’ulteriore conseguenza che le mansioni esercitate secondo il modello precedente mantenessero il loro carattere dirigenziale, poichè tale conclusione da un lato non considera che una siffatta ultima attività avrebbe in definitiva comportato la reviviscenza di regole sulla dirigenza pubblica del tutto incompatibili con le norme recate dal D.Lgs. n. 80 del 1998 (poi consolidate con il D.Lgs. n. 165 del 2001) e, dall’altro lato, non tiene conto dei profili valutativi (e peraltro indirettamente regolativi) delle norme di cui alla citata delibera.

La doglianza del ricorrente, fondata sul rilievo secondo cui nelle funzioni del Consiglio di Amministrazione dell’Inps non rientra l’attribuzione di incarichi dirigenziali non generali, nel mentre il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19, comma 5 (ora trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19) attribuisce esplicitamente ai dirigenti generali il conferimento degli incarichi dirigenziali assegnati al loro ufficio, non è pertanto conducente, poichè, dopo il ricordato D.Lgs. n. 80 del 1998, è dirigenziale solo la funzione che risponde al modello ivi disegnato, cosicchè, qualora l’ente pubblico interessato si adegui alle nuove regole, pur mantenendo transitoriamente un assetto non corrispondente al nuovo modello, la valutazione delle funzioni che si esercitano in tale organizzazione, per stabilire se esse siano o no dirigenziali, dovrà essere riferita alle nuove regole e non a quelle precedenti.

Tali argomentazioni, di carattere assorbente e in relazione alle quali, stante la loro persuasività, non si ravvisano elementi tali da condurre al mutamento del ricordato consolidato orientamento di questa Corte, sono state sostanzialmente seguite dalla sentenza impugnata, dal che discende l’infondatezza dei motivi all’esame.

4. Il ricorso va quindi rigettato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta), oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011

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