Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4756 del 26/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 26/02/2010), n.4756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18935-2007 proposto da:

ANTARES SAS, in persona del Socio Accomandatario e legale

rappresentante pro tempore, B.E. in proprio, B.

G. in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA VIA LIMA 15,

presso lo studio dell’avvocato VERINO MARIO ETTORE, che li

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

sul ricorso 19391-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

B.E. in proprio, K.G. in proprio,

ANTARES DI BIGARAN EGIDIO & C SAS in persona del Socio

Accomandatario

e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA LIMA 15, presso lo studio dell’avvocato VERINO MARIO ETTORE,

che li rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 10/2 006 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 12/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE; per R.G.

18935/07;

udito per il ricorrente l’Avvocato VERINO MARIO ETTORE, che ha

chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato BARBARA TIDORE, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto;

per R.G. 19391/2007;

udito per il ricorrente l’Avvocato BARBARA TIDORE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato VERINO MARIO ETTORE, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia trae origine dalle impugnazioni proposte dalla S.a.s.

contribuente e dai suoi soci, accomandatario il primo ed accomandante la seconda, avverso gli avvisi di accertamento rispettivamente emessi per la rettifica dell’imponibile ai fini imposte dirette ed IVA per i periodi d’imposta dal 1994 al 1998. L’adita C.T.P. accoglieva i ricorsi relativi ai redditi per il 1994 e 1995; mentre respingeva quelli relativi agli altri periodi d’imposta. La C.T.R., con sentenza del 23 agosto 2004 n. 7/2004, riuniti i procedimenti, accoglieva parzialmente gli appelli delle parti, considerando legittima l’attività amministrativa di verifica ed accertamento, ritenendo l’astratta imputabilità a movimentazione di merci di parte degli assegni transitati sui c.c. diversi da quelli intestati alla società e di cui il B. aveva la disponibilità; disponeva c.t.u. per ricostruire la contabilità sociale, previa imputazione dei singoli assegni ad attività dell’ente, a spese personali dei soci o dei singoli traenti.

Con la sentenza 12 maggio 2006 n. 10/2006, la C.T.R. in accoglimento parziale dei rispettivi appelli delle parti, riformava gli atti impositivi conformemente alle conclusioni del C.T.U., ad eccezione di quelli relativi al 1998, rispetto ai quali veniva imputato ad attività d’impresa un terzo dell’importo accertato in base ai movimenti bancari ricostruiti dal C.T.U..

Con separati ricorsi chiedono la cassazione della sentenza sopra indicata (n. 10/2006) le parti private (R.G. 18935/07) – in forza di cinque motivi, i primi tre dei quali riferiti a statuizioni contenute nella sentenza non definitiva del 2004, considerata dai ricorrenti avente contenuto sostanziale di ordinanza – nonchè l’Agenzia delle entrate (R.G. n. 19391/07), sulla base di un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va disposta la riunione dei ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Preliminarmente rileva la Corte che sono inammissibili i primi tre motivi del ricorso proposto dalle parti private, giacchè dichiaratamente rivolti avverso statuizioni della sentenza del 23 agosto 2004 n. 7/2004. Deve, infatti, ribadirsi il consolidato principio, secondo cui i motivi del ricorso per cassazione devono essere, oltre che specifici, riferibili alla sentenza impugnata (Cass. 17 luglio 2007 n. 15952; 6 giugno 2006 n. 13259; 15 marzo 2006 n. 5637; 15 febbraio 2003 n. 2312).

Con il quarto ed il quinto motivo, le parti private si dolgono – rispettivamente sotto il profilo del vizio motivazionale su fatto decisivo e della violazione di legge ed error in procedendo, in specie degli artt. 113, 114 e 118 c.p.c. – che la C.T.R., nel determinare la pretesa erariale per il 1998, aveva disatteso le conclusioni del C.T.U. e senza aderenza agli atti l’aveva fissata equitativamente in un terzo dei movimenti bancari ricostruiti dal C.T.U., in mancanza, peraltro, di esplicita e concorde richiesta delle parti in tal senso.

Le censure si rivelano infondate. Non sussistono, infatti, le lamentate violazioni di norme di diritto, dovendosi ribadire che la valutazione dell’entità della pretesa erariale, in quanto frutto di un giudizio estimativo, non è riconducibile ad una decisione della causa secondo la cd. equità sostitutiva, che, consentita nei soli casi previsti dalla legge, attiene al piano delle regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia ed attribuisce al giudice il potere di prescindere nella fattispecie dal diritto positivo. In relazione ad essa non è ipotizzabile, quindi, la dedotta violazione degli artt. 113, 114 e 118 c.p.c., e, rientrando l’apprezzamento nei generali poteri conferiti al medesimo giudice dagli artt. 115 e 116, c.p.c., la relativa pronuncia, rimessa alla sua prudente discrezionalità, è suscettibile di controllo in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della carenza od inadeguatezza della corrispondente motivazione (Cass. n. 24520/05; 11354/01).

Un tale vizio – lamentato nel quarto motivo -non è comunque ravvisabile nella specie, avendo la commissione tributaria regionale dato adeguatamente conto delle ragioni per le quali era pervenuta alla riduzione ad un terzo dell’importo dei movimenti bancari ricostruiti dal c.t.u., mediante il richiamo all’impossibilità, da un lato, per il c.t.u. di reperire prove documentali certe circa la destinazione degli ingenti importi di cui ai 21 assegni girati e negoziati per cassa dal B. nell’ultimo trimestre del 1998 (pag. 10 ed 11 sentenza impugnata) e, dall’altro, l’imputabilità, sia pure parziale, degli stessi all’attività economica “non potendosi ragionevolmente presupporre che dal giro degli assegni non sia scaturito alcun reddito” (pag. 18 sent. cit.).

Il riferimento espresso all’equità della determinazione non ha assunto, quindi, nel provvedimento impugnato il significato di un’elusione dell’analisi degli elementi di prova addotti dalle parti e dell’indicazione del percorso argomentativo alla base della pronuncia – che sono stati oggetto di critica della ricorrente al mero (e non ammissibile) fine di proporre una propria “diversa lettura” delle risultanze di causa – ma quello di affermazione della congruità del valore determinato rispetto alla dinamica aziendale esaminata.

Nel proprio ricorso, la parte erariale, deducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, e art. 2697 c.c. lamenta che la C.T.R. illegittimamente ha parzialmente annullato le riprese fiscali sulla scorta delle indicazioni della c.t.u. disposta per ricostruire i movimenti bancari; mentre, constatato il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del contribuente, avrebbe dovuto confermare la tesi erariale.

Al riguardo, deve ribadirsi che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 che attribuisce al giudice il potere di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova, deve essere interpretato alla luce del principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., il quale non consente al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori tale potere, pertanto, può essere esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di incertezza, al fine d’integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti, e non anche nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia (Cass. 17 novembre 2006 n. 24464; 10 settembre 2007 n. 18976).

Quanto alla ripartizione dell’onere probatorio in tema di dati desunti dalla movimentazione di conti correnti bancari, va ribadito che è onere del contribuente, a carico del quale si determina una inversione dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (Cass. 26 febbraio 2009 n. 4589).

Invero, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 come il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anzichè costituire acquisizione di utili; posto che, in materia, sussiste inversione dell’onere della prova, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale (Cass. 5 ottobre 2007 n. 20858; 27 luglio 2007 n. 16720; 13 giugno 2007 n. 13819; 21 marzo 2007 n. 6743; 8 settembre 2006 n. 19330; 23 giungo 2006 n. 14675; 9 settembre 2005 n. 18016; 7267/02; 9103/01).

Rileva la Corte che, su tale assetto dell’onere probatorio, non ha inciso la disposta C.T.U.: la C.T.R., nella motivazione in diritto della sentenza impugnata da atto che la sentenza non definitiva del 2004 ha condiviso nel suo insieme il modello operativo dell’amministrazione e descrive il contesto documentale che l’ha indotta a richiedere l’apporto dell’ausiliare nella ricostruzione della contabilità sociale. In quest’ottica, l’aver fatto ricorso alla consulenza d’ufficio non ha comportato una violazione delle regole sull’onere probatorio, nè sull’assetto dello stesso nascente dalle disposizioni fiscali in merito agli accertamenti sulla base dei dati delle movimentazioni bancarie. Infatti, anche nel giudizio tributario, la CTU non costituisce un mezzo di prova, ma un mezzo per valutare risultanze già acquisite al processo esigenti una risposta tecnico – economica che può essere sempre disposto d’ufficio dal giudice tributario di merito (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7), in virtù del suo potere discrezionale insindacabile in sede di legittimità, a meno che – nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso – non sia indicato in quali termini e su quali presupposti sia stata violata la ripartizione dell’onere probatorio ovvero venga dimostrata la decisività delle critiche rivolte ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 27052/05, in motivazione, proprio relativa ad accertamento tributario sulla base di movimentazioni bancarie; nonchè in generale su detto potere del giudice di merito, Cass. n. 88/2004; 26083/05; 21412/06;

4853/07). Il che non è avvenuto nella fattispecie, nella quale la valutazione tecnica delle risultanze probatorie è stata dovuta alla “assoluta confusione documentale” caratterizzante la contabilità aziendale negli anni in contestazione ed alla notevole incidenza dei movimenti a mezzo assegni, tutti negoziati per cassa (pag. 10 e 11 sentenza impugnata).

Ne deriva il rigetto di entrambi i ricorsi. Dato l’esito della lite, ricorrono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

PQM

Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010

 

 

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