Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4756 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 23/02/2021), n.4756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17033/2015 R.G., proposto dalla:

Agenzia delle Entrate, con sede in (OMISSIS), in persona del

Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

B.A.C., M.D., M.E.,

M.G. e M.S., nella qualità di eredi legittimi del

defunto M.F., rappresentati e difesi dall’Avv.

Alessandro Siagura, con studio in Siracusa, elettivamente

domiciliati presso l’Avv. Giovanni Palmeri, con studio in Roma,

giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel

presente procedimento;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Palermo il 5 gennaio 2015 n. 38/01/2015, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, con le modalità stabilite

dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed

Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del

5 novembre 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Palermo il 5 gennaio 2015 n. 38/01/2015, non notificata, che, in controversia su impugnazione di silenzio – rifiuto su istanza di rimborso dell’I.R.P.E.F. corrisposta sulla pensione privilegiata ordinaria concessa al defunto M.F. per menomazioni subite durante il servizio militare di leva, ha respinto il ricorso proposto dalla stessa nei confronti di B.A.C., M.D., M.E., M.G. e M.S., nella qualità di eredi legittimi del defunto M.F., avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo il 7 ottobre 2011 n. 385/06/2011. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che la pensione privilegiata in questione, costituendo una forma di risarcimento da parte dello Stato per le menomazioni subite durante il periodo del servizio militare di leva, era esente da I.R.P.E.F.. B.A.C., M.D., M.E., M.G. e M.S., nella qualità di eredi legittimi del defunto M.F., si sono costituiti con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e – “ove occorrer possa” – n. 3, per aver omesso di pronunciarsi sulla eccezione di decadenza dal diritto al rimborso per il periodo antecedente ai 48 mesi dalla proposizione della relativa istanza e di rilevare l’inosservanza dell’onere probatorio a carico degli eredi del contribuente in ordine all’assenza delle condizioni costituenti il presupposto impositivo.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver tenuto conto della documentazione prodotta dall’amministrazione finanziaria.

Ritenuto che:

1. Il primo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento del secondo motivo.

1.1 Anzitutto, la sentenza impugnata dà atto che l’eccezione di decadenza dal diritto al rimborso era stata proposta dall’amministrazione finanziaria sin dal giudizio di primo grado (ancorchè con riguardo al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 38 e non art. 37). Per cui, l’inammissibilità opposta dagli eredi del contribuente non ha alcun fondamento.

1.2 A ben vedere, il giudice di appello non si è pronunciato in ordine alla specifica ed autonoma censura della tardività della domanda di rimborso.

Nè si può profilare un rigetto implicito del motivo di appello, atteso che l’estraneità al thema decidendum delle argomentazioni su cui la sentenza impugnata è fondata lasciano ritenere che sia stata completamente omessa la decisione indispensabile per la soluzione del caso concreto.

1.3 Dunque, va ribadito l’orientamento di questa Corte per cui l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell’atto di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (in termini: Cass., Sez. Lav., 27 ottobre 2004, n. 22759; Cass., Sez. 6, 22 ottobre 2017, n. 23930).

1.4 A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 387 dell’11 luglio 1989, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34, comma 1, nella parte in cui non estende l’esenzione dall’I.R.PE.F. alle pensioni privilegiate ordinarie tabellari spettanti ai militari di leva, la circolare emessa dal Ministero delle Finanze il 12 ottobre 1989, n. 16, ha correttamente precisato che il rimborso delle ritenute dirette operate sulle pensioni “militari tabellari” prima dell’intervento del giudice costituzionale spettava nel limite della prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c., decorrente dall’effettuazione delle ritenute, sempre che non si fosse verificato l’effetto preclusivo conseguente ad un atto dell’amministrazione finanziaria ormai inoppugnabile ovvero a sentenza passata in giudicato, e che l’istanza di rimborso doveva essere presentata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 37.

Dunque, fermo il termine prescrizionale di 10 anni, l’istanza di rimborso per le ritenute dirette operate sui ratei pensionistici percepiti prima della dichiarazione di illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34, comma 1, doveva essere proposta entro il termine decadenziale di 48 mesi dalla pubblicazione in G.U. della richiamata sentenza della Corte Costituzionale (19 luglio 1989).

Per cui, è indubbio che l’istanza di rimborso sia stata presentata dagli eredi del contribuente ben oltre la scadenza dei predetti termini (3 marzo 2010).

1.5 Si evince dalla sentenza impugnata che l’amministrazione finanziaria aveva eccepito la decadenza degli eredi del contribuente dal diritto al rimborso sin dal giudizio di primo grado, per quanto l’erroneo riferimento al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 38 anzichè art. 37, (che riguarda specificamente la ripetizione delle indebite ritenute) non infici la proponibilità dell’eccezione, non mutando la durata e la decorrenza del termine decadenziale rispetto alla diversa qualificazione d’ufficio della fattispecie.

1.6 Ne discende che la Commissione Tributaria Regionale ha fatto malgoverno del principio enunciato, non avendo tenuto conto della riproposizione – come motivo di appello dell’eccezione preliminare che avrebbe comportato l’accoglimento del gravame.

2. Stante la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può trovare accoglimento e l’impugnata decisione deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di rigetto del ricorso originario degli eredi legittimi del contribuente.

3. L’andamento della causa nelle fasi di merito e l’insussistenza di specifici precedenti sulla questione controversa giustificano la compensazione delle spese dei giudizi di merito. Viceversa, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario degli eredi del contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna gli eredi legittimi del contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione finanziaria, che liquida nella somma complessiva di Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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