Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4754 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 14/02/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 14/02/2022), n.4754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20339-2016 proposto da:

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO, N. 12, presso lo

studio dell’avvocato GRAZIANO PUNGI’, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANNAPAOLA DE MASI;

– ricorrente –

contro

G.A., G.M., GA.MA., g.m., nella

qualità di eredi di A.M., tutti elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO, n. 9, presso lo studio dell’avvocato

ANDREA CLAUDIO MAGGISANO, rappresentati e difesi dall’avvocato

ROSARIO CHIRIANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 860/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 14/07/2016 R.G.N. 705/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/11/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 14 luglio 2016, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da A.M., dipendente della Regione Calabria – proseguita dai suoi eredi G.A., G.M., GA.MA., g.m. – per il ricalcolo della indennità supplementare prevista dalla L.R. CALABRIA n. 8 del 2005, art. 7, per l’adesione alla proposta di esodo anticipato e per la condanna del datore di lavoro ad includere nella retribuzione mensile posta a base del computo il rateo della tredicesima mensilità.

2. La Corte territoriale riteneva infondata la tesi della Regione, secondo cui la clausola contenuta nel contratto di risoluzione del rapporto di lavoro, art. 5, conteneva a livello individuale la pattuizione di non includere nella base di calcolo il rateo della tredicesima mensilità. Osservava che la clausola conteneva un duplice rinvio: alla L.R. n. 8 del 2005, art. 7, comma 1, ed alla Delib. di Giunta Regionale n. 532 del 2005, punto 11.

3. In applicazione della volontà delle parti, doveva aversi riguardo esclusivamente al contenuto della norma della L. n. 8 del 2005, art. 7, comma 1, vigente al momento della conclusione del contratto mentre si doveva considerare irrilevante la interpretazione autentica effettuata dalla L. n. 15 del 2008, art. 44, il cui comma 2, era stato peraltro dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte Cost. n. 271/2011.

4. Il significato della norma richiamata nella pattuizione individuale, sul quale le parti potevano fare ragionevole affidamento, era quello della inclusione nella espressione testuale “retribuzione mensile lorda”, da essa utilizzata, delle componenti fisse dello stipendio a carattere continuativo, tra cui si collocava la tredicesime mensilità, come ritenuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 271/2011. La Corte costituzionale aveva precisato che la tredicesima mensilità era compresa anche nella elencazione delle voci di retribuzione concorrenti alla determinazione della indennità supplementare di cui alla Delib. di Giunta n. 532 del 2005, punto 11.

5. La indicazione del quantum complessivo della indennità e la scheda contabile allegata all’accordo di risoluzione consensuale non esprimevano la volontà delle parti di introdurre un limite a tale nozione di “retribuzione mensile lorda”.

6. D’altra parte, la dipendente aveva accettato la risoluzione del rapporto di lavoro in cambio non già di una somma determinata ma di una indennità calcolata sulla base di criteri che, secondo la comune intenzione delle parti, ricostruita secondo il canone ermeneutico della buona fede, vedevano incluso il rateo di tredicesima mensilità.

7. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la REGIONE CALABRIA, sulla base di sei motivi di censura; hanno resistito con controricorso gli eredi di A.M..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la Regione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L.R. n. 8 del 2005, art. 7, comma 6, – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – rilevando che la retribuzione mensile richiamata alla L.R. n. 8 del 2005, art. 7, comma 6, è esclusivamente quella prevista del CCNL del 2000, art. 52, comma 2, lett. c), diversa dalla “retribuzione globale di fatto”, che prevede il rateo di tredicesima tra le voci di definizione.

2. Il motivo è infondato.

3. La questione prospettata nel ricorso è stata già affrontate dalla sentenza di questa Corte n. 1748/2017 e da successive numerose ordinanze (tra le altre: Cass. n. 10307/2018; n. 12157/2018; n. 14185/2018; n. 19248/2018; n. 19250/2018 e n. 6276/2019), alle cui motivazioni si rinvia, in quanto integralmente condivise.

4. Nei precedenti citati si è ritenuto che nel concetto di “retribuzione lorda” previsto dalla L.R. CALABRIA 2 marzo 2005, n. 8, art. 7, deve essere inclusa la 13 mensilità: dunque il dato normativo, nell’unica sua interpretazione possibile – (come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale nel dichiarare illegittima, con sentenza n. 271/2001, la norma di interpretazione autentica di cui alla L.R. CALABRIA 13 giugno 2008, n. 15, art. 44, che disponeva in senso contrario) depone nel senso della fondatezza della pretesa dei dipendenti.

5. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c.; si lamenta che la Corte d’appello non abbia considerato che la controparte aveva accettato senza riserve la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro in cambio del pagamento della somma di denaro effettivamente liquidata, espressamente prevista in contratto e dettagliatamente indicata in una scheda di calcolo allegata al contratto stesso e sottoscritta per accettazione.

6. Il motivo è inammissibile.

7. La sentenza impugnata ha esaminato il contenuto delle pattuizioni individuali contenute nell’accordo di risoluzione consensuale e nella allegata sceda di calcolo, art. 5, e le ha interpretate nel senso che la volontà delle parti non fosse quella di derogare alla disposizione di legge.

8. Trattasi di un accertamento di fatto che non può essere contestato in via diretta davanti a questa Corte sotto il profilo della violazione del principio di autonomia negoziale.

9. Con il terzo motivo la Regione deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale abbia dichiarato d’ufficio la nullità della clausola contrattuale contenuta nel contratto di risoluzione consensuale, art. 5, senza che il dipendente avesse chiesto siffatta pronuncia di nullità e senza attivare sul punto il contraddittorio.

10. Con il quarto motivo la Regione denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., censurando la sentenza per avere dichiarato d’ufficio la nullità della clausola 5 dell’accordo. Assume che dal suddetto art. 5, e dalla scheda di calcolo si evinceva con chiarezza l’esclusione del rateo di 13.a mensilità e che la sottoscrizione del contratto, involgendo anche il quantum della pretesa, precludeva al giudice ogni provvedimento di rimozione o correzione del dato contrattuale, trattandosi di diritti disponibili. La fonte del diritto di credito del lavoratore era costituita dall’accordo sottoscritto dalle parti, che ben avrebbero potuto concordare l’importo dell’incentivo in misura ridotta.

11. Con il quinto motivo, la Regione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1418,1339 c.c., e dell’art. 1419 c.c., comma 2, nonché della L. n. 297 del 1982, art. 4,comma 5, sostanzialmente ribadendo quanto già sostenuto nel secondo e nel quarto motivo di ricorso ed osservando che la rinuncia del lavoratore alla inclusione del rateo di 13.a mensilità riguardava un diritto disponibile, non potendosi attribuire alla L.R. n. 8 del 2005, art. 7, nell’interpretazione datane dalla Corte territoriale, valenza di norma imperativa inderogabile, con l’ulteriore conseguenza che non poteva essere dichiarata la nullità della clausola contenuta nel contratto, art. 5.

12. I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili, in quanto non sono conferenti ai contenuti della sentenza impugnata, che non ha dichiarato la nullità della clausola contrattuale, ritenendo, all’opposto, che il contratto fosse la fonte di disciplina del diritto in causa.

13. Con l’ultimo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, e della L. Cost. n. 87 del 1953, art. 30, lamentando che la Corte territoriale abbia applicato la sentenza della Corte costituzionale n. 271 del 2011 ad un rapporto giuridico esaurito.

14. Il motivo è infondato.

15. Anche in ordine tale motivo, vanno richiamati i precedenti di questa Corte sopra citati, nei quali si è ribadito che il principio che gli effetti dell’incostituzionalità non si estendono ai rapporti ormai esauriti riguarda le sole ipotesi in cui sia formato il giudicato, si sia verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo ovvero si siano prodotte preclusioni processuali, decadenze o prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti formativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità, ipotesi non ricorrenti in causa, giacché il poagamento della indennità, in misura parziale, non determina alcun consolidamento del rapporto.

16. Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto.

17. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

18. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 3.000 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

 

 

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