Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4753 del 26/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 26/02/2010), n.4753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26665-2004 proposto da:

COMUNE DI PONTEDERA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso lo

studio dell’avvocato GREZ GIAN MARCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato IARIA DOMENICO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

V.D.;

– intimato –

sul ricorso 933-2005 proposto da:

V.D., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DOMENICO

BARONE 31, presso lo studio dell’avvocato BOTTAI ENRICO, che la

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PONTEDERA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 22/2003 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 10/10/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CHIECO BIANCHI ALESSANDRO per

delega Avv. IARIA, che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato BOTTAI ENRICO, che ha chiesto il

rigetto e lo stralcio della sentenza del Consiglio di Stato

depositata unitamente alla memoria, per tardività;

terminata l’udienza l’Avvocato deposita deduzioni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI PIETRO, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione di entrambi i ricorsi.

Udito il Procuratore Generale Dott. PIETRO ABBRITTI, che ha concluso

per il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Pisa V. D. impugnava sei avvisi di accertamento che il Comune di Pontedera le aveva fatto notificare ai fini dell’ici per gli anni dal 1995 al 2000, in quanto, ella, pur essendo comproprietaria per un terzo di alcuni terreni, costituiti da quattro particelle, due delle quali oggetto di occupazione per successiva espropriazione per pubblica utilità, da destinare alla costruzione di un parcheggio in zona ospedaliera, ed altre due con destinazione edificabile, aveva omesso di presentare la prevista dichiarazione per le prime, e pagato l’imposta in misura ridotta per le seconde. La contribuente assumeva in particolare che gli atti impositivi erano carenti di sottoscrizione, oltre che di motivazione; inoltre le sanzioni non dovevano essere applicate, o quanto meno si doveva tenere conto della continuazione, con applicazione del minimo edittale. Pertanto chiedeva l’annullamento di essi.

Instauratosi il contraddittorio, l’ente pubblico eccepiva la regolarità degli atti impositivi, come pure la debenza dell’imposta nella misura accertata, oltre alla regolare determinazione delle sanzioni; perciò chiedeva il rigetto dell’opposizione.

Il giudice, in parziale accoglimento di questa, annullava parzialmente quegli avvisi.

Avverso la relativa decisione l’ente locale proponeva appello principale, cui l’appellata resisteva, svolgendo a sua volta quello incidentale, dinanzi alla CTR della Toscana, la quale, in parziale riforma di quella impugnata, rideterminava il valore delle due particelle non occupate in L. 230.000 al mq., osservando che quelle oggetto di espropriazione non erano più nel possesso della proprietaria anche durante l’occupazione acquisitiva, mentre per le altre il valore come sopra indicato appariva equo.

Contro tale sentenza il Comune di Pontedera ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, ed ha depositato memoria.

Volpi ha resistito con controricorso, e a sua volta ha svolto ricorso incidentale, affidandolo a tre mezzi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c. atteso che essi sono stati proposti contro la stessa sentenza.

A) Ricorso principale.

1) Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la CTR non considerava che, ancorchè alcune particelle del terreno fossero state occupate per fini di pubblica utilità, anche se per esproprio, tuttavia la posizione della proprietaria rimaneva pur sempre quella di possessore, e conseguentemente l’altra dell’ente pubblico era di detentore, e ciò sino al perfezionamento del relativo procedimento amministrativo, che si poteva definire o con il decreto di espropriazione, ovvero col decorso del prescritto termine quinquennale dall’inizio dell’occupazione, mediante l’istituto dell’accessione invertita, atteso che invero non sempre la relativa procedura si chiude con l’acquisizione del bene, verificandosi a volte il caso che esso torni nella completa disponibilità del proprietario, o comunque del titolare del diritto reale.

Il motivo è fondato.

Com’è noto, in tema di espropriazioni, l’occupazione di urgenza, per il suo carattere coattivo, non priva il proprietario del possesso dell’immobile in quanto il bene, finchè non interviene il decreto di esproprio o comunque l’ablazione, continua ad appartenere a lui – tanto che per tal motivo gli si riconosce un’indennità per l’occupazione – mentre nell’occupante, che riconosce la proprietà in capo all’espropriando, manca l'”animus rem sibi habendi”, onde lo stesso è un mero detentore. Ne consegue che la proprietaria V. è soggetto passivo dell’ICI ed è, quindi, obbligata a presentare la relativa dichiarazione, anche se l’immobile è detenuto da terzi, nella specie l’ente territoriale (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 21433 del 12/10/2007, n. 5293 del 2000).

Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

2)Col secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 113 cod. proc. civ., e D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 oltre che omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, giacchè il giudice di merito non considerava che la base imponibile era costituita dal valore di mercato del cespite, senza che si potesse tenere conto nè di quello eventualmente dichiarato, nè dell’indennità effettiva di esproprio che sarebbe stata corrisposta, e ciò peraltro non necessariamente, tanto che in caso di divario tra i due valori, del resto sempre differenti, essendo l’indennizzo normalmente dimezzato, l’eventuale differenza d’imposta versata in più nel quinquennio precedente, sarebbe stata computata come maggiorazione dell’indennità. Nè il giudice di appello indicava le ragioni, in virtù delle quali determinava l’imponibile in L. 23 0.000 al mq. rispetto a quello valutato dall’amministrazione, pari a L. 300-350.000, molto maggiore. Inoltre la CTR non poteva applicare il criterio dell’equità, peraltro nemmeno mai richiesto dalle parti.

La censura va condivisa.

Infatti il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1 in nessun modo ricollega il presupposto dell’imposta all’idoneità del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, assumendo rilievo il valore dell’immobile, ai sensi del successivo art. 5, ai soli fini della determinazione della base imponibile, e quindi della concreta misura dell’imposta. Per conseguenza deve escludersi che un’area edificabile soggetta ad un vincolo urbanistico che la destini all’espropriazione (nella fattispecie, per la realizzazione di un parcheggio) sia per ciò esente dall’imposta. Tale conclusione riceve conferma dalla disciplina dettata dall’art. 16, comma secondo, del citato D.Lgs. n. 504 del 1992 – abrogato a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, art. 58, comma 1, n. 134, e art. 59, n. 327, modificati dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302 – e dal menzionato D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 8, i quali mirano a ristorare il proprietario del pregiudizio a lui derivante nel caso in cui l’imposta versata nei cinque anni precedenti all’espropriazione, conteggiata sul valore venale del bene, sia superiore a quella che sarebbe risultata se fosse stata calcolata sull’indennità di espropriazione effettivamente corrisposta (nè tale disciplina, nella parte in cui non si applica al periodo di tempo antecedente agli ultimi cinque anni rispetto alla data dell’espropriazione, pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 Cost.) (v. pure Cass. Sentenze n. 19 del 2008, n. 19750 del 04/10/2004). Inoltre va rilevato che il parametro per la determinazione del valore dell’area fabbricabile, fissato dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, è quello del valore venale in comune commercio, sul quale necessariamente incide il diverso livello di edificabilità delle parti che compongono l’area fabbricabile. Ne deriva che la valutazione dell’area medesima deve essere effettuata secondo il criterio del valore commerciale complessivo (pur tenendo conto dei differenti livelli di edificabilità delle parti che la compongono) (Cfr. pure Cass. Sentenze n. 20256 del 23/07/2008, n. 19515 del 2003).

Anche su tale punto dunque la sentenza impugnata non risulta motivata in modo adeguato e giuridicamente corretto.

3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, poichè il giudice del gravame, nonostante la dedotta censura relativa alla richiesta applicazione della normativa prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, non delibava la questione sollevata riguardo al trattamento sanzionatorio applicato dal giudice di prime cure, più favorevole alla contribuente, come introdotto successivamente con il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, atteso che invece doveva farsi riferimento soltanto a quello all’epoca vigente, per cui sarebbe applicabile la maggiore sanzione, da aumentare da un quarto al doppio, attesa la reiterazione dell’infedeltà della contribuente per cinque anni.

La doglianza è fondata.

La CTR non esaminava la questione relativa al trattamento sanzionatorio, nonostante essa fosse stata prospettata, come è dato riscontrare mediante l’esame dell’atto di appello, possibile in questa sede, trattandosi di violazione di norma processuale, e così pure peraltro nel ricorso introduttivo da parte dell’interessata, anche se sotto un profilo diverso, e cioè per l’esclusione delle sanzioni, o per il vincolo della continuazione.

B) Ricorso incidentale.

1) Col primo motivo la ricorrente per incidente deduce violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. giacchè il giudice di appello non delibava la questione attinente alla nullità degli avvisi di accertamento scaturente dal fatto che la firma apposta sugli stessi non è leggibile, ed inoltre non vi è indicato il nominativo del funzionario che poteva emetterli.

Il motivo è infondato, dal momento che il giudice di appello sostanzialmente lo disattendeva, ritenendo validi ed efficaci i provvedimenti, che indubbiamente provenivano dall’ente impositore, e mettevano la contribuente nella condizione di impugnarli e di approntare la difesa, per come del resto avvenuto.

2) Il secondo motivo, col quale si denunzia violazione di norme di legge, sul presupposto che con tali atti nulli fosse stata applicata una serie di sanzioni, nonostante l’incertezza del quadro normativo, rimane assorbito da quanto enunciato relativamente al terzo del ricorso principale, come sopra esaminato.

3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine al valore dell’area, stabilito in L. 230.000 nel 2001, nonostante che lo stesso Comune avesse proposto di acquisirla al prezzo di L. 40.000 al mq. già nel 1994.

Anche tale mezzo rimane assorbito da quanto enunciato rispetto al secondo motivo del ricorso principale.

Ne deriva che questo va accolto; quello incidentale rimane assorbito per quanto di ragione, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al primo, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Toscana, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese di questa fase, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

La Corte:

Riuniti i ricorsi, accoglie quello principale; dichiara assorbito l’altro incidentale per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione al primo, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Toscana, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010

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