Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4753 del 23/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 23/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.23/02/2017),  n. 4753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.G.M.T., elettivamente domiciliata in Roma, via

Giacinto Carini 58, presso gli avv.ti Maria Pia Sabatini e

Ferdinando Tota, che la rappresentano e difendono, per procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

D.P., elettivamente domiciliato in Roma, via Val di Cogne

22, presso l’avv. Antonio Voci, che lo rappresenta e difende, per

procura in calce al controricorso, e indica per le comunicazioni

relative al processo il fax n. 06/64492958 e la p.e.c.

antoniovoci-ordineavvocatiroma.org;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, emessa il 16

luglio 2014 e depositata il 27 ottobre 2014, n. R.G. 4503/13;

Rilevato che in data 20 ottobre 2016 è stata depositata relazione ex

art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. D.G.M.T. ha agito in via monitoria nei confronti del marito D.P. per ottenere il rimborso di spese straordinarie (inerenti alla sfera sanitaria e scolastica) da lei effettuate in favore della figlia I.. La D.G. deduceva nel ricorso per ingiunzione che, in base al regime di separazione vigente all’epoca dell’effettuazione delle spese, il D. era tenuto al pagamento del 70% delle spese straordinarie scolastiche, ludiche e mediche non coperte dal SSN per la figlia e che pertanto era creditrice, per la quota parte del marito, di Euro 2.582,09 per spese sanitarie (cure di ortodonzia in favore della figlia), di Euro 263,30 per spese scolastiche e di Euro 186,79 per l’acquisto di materiale didattico, per un ammontare complessivo di Euro 3.032,08.

2. D.P. ha impugnato il D.I. emesso il 12.06.2009 dal Tribunale di Roma con il quale è stato ingiunto il pagamento della somma richiesta di Euro 3.032,08 eccependo che: a) nonostante il regime di affido condiviso della figlia, egli non era stato preventivamente avvisato e consultato circa l’ingente spesa straordinaria; b) qualora fosse stato previamente avvisato, la figlia avrebbe potuto beneficiare di una convenzione medica in suo favore; c) la moglie non aveva provato la natura medico-curativa della spesa e la sua urgente necessità.

3. Si è costituita in giudizio la Sig.ra D.G. chiedendo il rigetto dell’opposizione e proponendo, in via riconvenzionale, la condanna al risarcimento del danno da lite temeraria nella misura di complessivi Euro 1.500,00.

4. Il Tribunale, con sentenza n. 1236/13, ha accolto l’opposizione del D’Andrea e revocato il D.I. ritenendo non dovute le somme richieste perchè relative a spese effettuate precedentemente al regime di separazione e perchè non riconducibili alla categoria delle spese straordinarie e non concordate preventivamente come imposto dal regime di affidamento condiviso.

5. D.G.M.T. ha proposto appello avverso tale sentenza, ribadendo le difese svolte in primo grado; in particolare ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 155 c.c., comma 3 per aver il Giudice erroneamente ritenuto sussistente un obbligo imprescindibile di concertazione e di condivisione preventiva delle spese straordinarie, anche di quelle mediche necessarie. Una interpretazione della norma che, secondo l’appellante, comporterebbe una lesione degli interessi del minore di fronte a rifiuti ingiustificati del genitore non collocatario.

6. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 6575/14, ha confermato la decisione di primo grado ritenendo fondata l’esclusione del diritto al rimborso delle spese effettuate prima della separazione e delle spese effettuate senza essere preventivamente concordate. La Corte distrettuale ha condannato la D.G. al rimborso delle spese processuali del giudizio di appello, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese forfettarie.

7. D.G.M.T. ricorre per Cassazione avverso tale sentenza, affidandosi a due motivi: a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 155 c.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 b) in via subordinata al rigetto del primo motivo, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e del R.G.L. n. 1578 del 1933, art. 60, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e con riferimento all’art. 384 c.p.c., comma 4.

8. Con il primo motivo la ricorrente sostiene che il Giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto sussistente un obbligo imprescindibile di concertazione e di condivisione delle spese straordinarie, obbligo non previsto dall’ordinanza presidenziale emessa il 22 gennaio 2008 nel corso del giudizio di separazione con la quale si statuiva che il padre “provvede al pagamento del 70% delle spese straordinarie scolastiche mediche non coperte dal SSN e ludiche per la figlia”. In virtù di detto provvedimento, la Sig.ra D.G. non aveva ritenuto di dover previamente concordare le spese straordinarie in favore della figlia con il marito e tale convinzione si era basata su un orientamento giurisprudenziale anteriore alla riforma del 2012 in base al quale si affermava che “non è configurabile a carico del coniuge affidatario alcun obbligo di previa concertazione con l’altro coniuge sulla determinazione delle spese straordinarie” (Cass. Civ. Sez. 1., sent. n. 2182/2009; n. 5262/1999). La normativa e la giurisprudenza successiva non può secondo la ricorrente essere applicata retroattivamente.

9. Con il secondo motivo di ricorso D.G.M.T. lamenta che il giudice di secondo grado avrebbe liquidato le spese processuali in una somma superiore al doppio della sorte oggetto del giudizio richiesta a titolo di spesa straordinaria, nonchè superiore ai limiti tabellari, violando così le disposizioni in materia di spese processuali. La ricorrente rileva inoltre che il ricorso è stato proposto in pendenza di istanza di correzione di errore materiale per la erronea liquidazione di spese di secondo grado, il cui accoglimento potrebbe privare parzialmente l’interesse del ricorso.

Ritenuto che:

10. Il primo motivo di ricorso è infondato, sia pure per ragioni non completamente coincidenti con quelle esposte nella motivazione della Corte di appello. Infatti la giurisprudenza di legittimità invocata dalla ricorrente prevede, comunque, nel regime precedente la L. n. 54 del 2006, l’obbligo di concertazione per le decisioni di maggiore interesse e non esclude il sindacato del giudice sulla soggezione del coniuge non affidatario al rimborso delle spese necessarie non concordate (cfr. Cass. civ. sez. 1 n. 2182 del 28 gennaio 2009 secondo cui in tema di separazione personale dei coniugi, poichè l’art. 155 c.c., nel testo in vigore prima della modifica apportata con la L. n. 54 del 2006, consente al coniuge non affidatario di intervenire nell’interesse dei figli soltanto con riguardo alle “decisioni di maggiore interesse”, non è configurabile a carico del coniuge affidatario alcun obbligo di previa concertazione con l’altro coniuge sulla determinazione delle spese straordinarie, nei limiti in cui esse non implichino decisioni di maggior interesse per i figli; tuttavia, tale principio non è inderogabile, essendo sempre possibile che il giudice, ai sensi del secondo e del terzo comma della norma citata, determini, oltre che la misura, anche i modi con í quali il coniuge non affidatario contribuisce al mantenimento dei figli, in modo difforme da quanto previsto in linea di principio dalla legge).

11. Secondo la giurisprudenza più recente non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro coniuge in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, trattandosi di decisione “di maggiore interesse” per il figlio e sussistendo, pertanto, a carico del coniuge non affidatario, un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso. Ne consegue che, nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità e della sostenibilità della spesa stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori (Cass. civ. sez. 6-1 ord. n. 16175 del 30 luglio 2015).

12. Nella specie tale verifica della rispondenza delle spese all’interesse del minore è stata compiuta dal giudice di merito rilevando che il rifiuto di provvedere al loro rimborso si era basato giustificatamente sulla possibilità di affrontare la spesa medica necessaria mediante l’utilizzazione della convenzione sanitaria correlata all’attività professionale del padre.

13. Il secondo motivo è parzialmente fondato. Se è vero, infatti, quanto rilevato dal controricorrente richiamando il D.M. Giust. n. 55 del 2014, art. 4 (e cioè che “il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate stabilendo che vi possa essere un aumento dei parametri indicati fino ad una misura dell’80%, in considerazione del pregio dell’attività prestata, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche ivi trattate e che, ex art. 4, punto 8 il compenso da liquidare giudizialmente a carico del soccombente costituito può essere aumentato fino ad un terzo rispetto a quello altrimenti liquidabile quando le difese della parte vittoriosa sono risultate particolarmente fondate”) rimane tuttavia fermo il principio giurisprudenziale per cui il giudice che deroga ai massimi tariffari è tenuto a motivare espressamente le ragioni della deroga (cfr. Cass. civ. sez. 1 n. 20289 del 9 ottobre 2015).

14. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del primo motivo del ricorso e l’accoglimento parziale del secondo motivo.

La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere accolto limitatamente al secondo motivo. Le spese del giudizio di appello vanno pertanto determinate in Euro 5.100 di cui Euro 100 per spese. In relazione all’esito del presente giudizio le spese vanno compensate per metà e per la quota residua vanno poste a carico della ricorrente.

PQM

La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, cassa in relazione alla predetta decisione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ridetermina in 5.100 Euro le spese del giudizio di appello. Compensa per metà le spese del giudizio di cassazione e pone la quota residua a carico della ricorrente liquidandola nella metà di 2.600 Euro, di cui 100 Euro per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017

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