Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4753 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. I, 14/02/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 14/02/2022), n.4753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26537/2020 proposto da:

E.A.E.E.M., difeso dall’avv. Paolo

Sassi, giusta procura in atti, domiciliato presso la Cancelleria

della I sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 33/2020 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 03/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/11/2021 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Campobasso ha rigettato l’appello proposto da E.A.E.E.M. avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Campobasso il 6.9.2018, il quale, aveva, a sua volta, rigettato l’impugnazione proposta dall’odierno ricorrente avverso il provvedimento emesso dal Questore di Isernia il 15.3.2018 con cui era stato negato al cittadino straniero il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La Corte d’Appello da un lato, ha escluso che il ricorrente avesse raggiunto un grado adeguato di integrazione sociale e lavorativa in Italia, e, dall’altro, ha evidenziato che non erano stati indicati dal cittadino straniero i concreti e specifici rischi cui sarebbe stato esposto in caso di rimpatrio nel paese d’origine ((OMISSIS)).

Ha proposto ricorso per cassazione E.A.E.E.M. affidandolo a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 5 e 6 e art. 19 nonché l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello, nel valutare la sussistenza dei requisiti per la concessione del permesso per motivi umanitari, si è soffermato esclusivamente sulle condanne dallo stesso riportate senza considerare i nuovi elementi sopravvenuti, come il suo affidamento in prova ai servizi sociali disposto dal Tribunale di Sorveglianza di Campobasso (in considerazione della buona condotta tenuta in carcere), in relazione al quale adesso svolge attività di volontariato e mansioni di manutenzione dell’immobile e giardinaggio presso il Convento dei (OMISSIS).

Il ricorrente si duole che la Corte di merito ha formulato il giudizio di pericolosità sociale sulla base dei suoi precedenti giudiziari, e non un esame concreto della sua personalità nell’ottica di una valutazione pro-futuro.

Inoltre, la Corte d’Appello ha omesso qualsiasi valutazione inerente al fattore soggettivo, non considerando sia che il ricorrente manca dall'(OMISSIS) da ben tredici anni, sia le conseguenti difficoltà che incontrerebbe nel reinserirsi in tale paese.

Infine, il ricorrente evidenzia la gravità della situazione in (OMISSIS), caratterizzata da sistematiche violazioni dei diritti umani.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8.

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello, nel definire l'(OMISSIS) un paese sicuro, ha omesso l’indicazione delle fonti consultate.

Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni collegate, presentano profili di inammissibilità ed infondatezza.

Va osservato che il ricorrente non ha fatto altro che censurare (inammissibilmente) la valutazione di merito compiuta dalla Corte d’Appello in ordine al suo livello di integrazione in Italia ed agli eventuali rischi concreti (ritenuti insussistenti) cui sarebbe esposto in caso di rientro nel suo paese d’origine ((OMISSIS)).

In proposito, la Corte d’Appello, nell’escludere che il ricorrente avesse raggiunto un adeguato livello di integrazione, non si è soffermata soltanto sui suoi precedenti penali, avendo evidenziato che lo stesso, prima delle attuali attività imposte dal Tribunale di Sorveglianza, non aveva svolto alcuna attività lavorativa nonostante una sua permanenza in Italia di ben tredici anni.

Quanto alla misura dell’affidamento in prova, il giudice di secondo grado ha coerentemente osservato che la stessa poteva aver rilievo per consentire una rieducazione del condannato, affinché lo stesso si astenesse in futuro dal commettere reati, ma non rappresentava in sé una dimostrazione della sua integrazione sociale in Italia.

La Corte d’Appello, nella valutazione comparativa tra le condizioni del richiedente nel paese d’accoglienza e quelle del paese d’origine, ha, altresì, evidenziato come costui non avesse nemmeno allegato i concreti specifici pericoli cui sarebbe stato esposto in caso di rimpatrio, né la situazione generale socio-politica del paese d’origine era di gravità tale da rappresentare un rischio per il ricorrente, per il solo fatto della sua presenza sul territorio.

In proposito, ha osservato il giudice di secondo grado che, come si evinceva dal rapporto di Amnesty International del 2018 – infondata è quindi la censura che la Corte di merito non avrebbe indicato le fonti consultate – i soggetti più esposti alla violazione dei diritti umani in (OMISSIS) erano le persone critiche verso il governo, manifestanti pacifici, giornalisti, difensori dei diritti umani, gli occidentali (sito “(OMISSIS)” del Ministero degli Esteri), situazioni e problematiche che non era quindi possibile ricollegare alla situazione personale del richiedente.

La Corte d’Appello ha quindi fatto buon uso del principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la condizione di vulnerabilità che dà diritto al rilascio della protezione umanitaria deve essere caratterizzata da un profilo individualizzante, diversamente, si verrebbe a prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine, in termini del tutto generali ed astratti (vedi Cass. n. 9304/2019, Cass. n. 4455/2018).

Con tutti i precisi rilievi della Corte d’Appello il ricorrente non si è seriamente confrontato, limitandosi a dedurre apoditticamente di aver raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale in Italia e reiterando la propria deduzione della gravità della situazione generale dell'(OMISSIS).

Non si liquidano le spese di lite, in conseguenza dell’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

Non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, essendo il ricorso esente dal contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

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