Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4750 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25093-2018 proposto da:

TAVERNA PORTOSALVO DI M.G. & C. SAS, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

GIUFFRIDA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI PASCALE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 2869/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con ordinanza n. 2869/18 depositata il 6.2.2018 questa Corte accoglieva il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di Taverna Portosalvo di M.G. & C. s.a.s. e dei soci S.G., M.G. e S.P. avverso la sentenza n. 781/2/2015 della CTR della Campania che aveva accolto l’appello dei contribuenti, riformando la decisione di primo grado avverso avvisi di accertamento con i quali era stato rideterminato un maggiore reddito di impresa.

Avverso la ordinanza della Corte di Cassazione Taverna Portosalvo di M.G. & C. s.a.s. ha proposto ricorso per revocazione dinanzi alla Corte medesima, deducendo, in forza di un unico motivo, che l’ordinanza impugnata sarebbe frutto di errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per omessa notificazione del ricorso al procuratore costituito delle parti in secondo grado.

Questa Corte, con l’ordinanza oggetto di revocazione, ha rilevato la nullità della notifica del ricorso in appello all’agenzia delle Entrate e ha cassato la sentenza della CTR con rinvio alla CTR della Campania.

Il ricorso è inammissibile.

Deve qui ribadirsi che in ogni caso resta esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di asseriti errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti o risultanze processuali che investono direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perchè siffatto tipo di errore, pur se eventualmente fondato, costituirebbe pur sempre un errore di giudizio e non un errore di fatto (così, più di recente, Cass. sez. unite 3 novembre 2017, n. 26146; Cass. sez. 1, 14 aprile 2017, n. 9673).

Nella specie, nel dolersi della circostanza che la Corte non abbia disposto la rinnovazione della notifica del ricorso per cassazione, attesa la nullità della notifica omessa nei confronti del difensore costituito, parte ricorrente lamenta evidentemente non un errore di fatto ma di valutazione.

Di recente hanno affermato le sezioni unite che il combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c., e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; nè, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicchè non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza Europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonchè l’ordinata amministrazione della giustizia (Cass. SU n. 8984 del 2018).

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente società al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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