Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4748 del 24/02/2020
Cassazione civile sez. VI, 24/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4748
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11389-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ARMANDO AMENDOLITO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2929/28/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il
03/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA
MARIA CASTORINA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016,
osserva quanto segue:
Con sentenza n. 2929/28/2017, depositata il 3.10.2017 non notificata, la CTR della Puglia – ha rigettato l’appello proposto nei confronti dei S.G. dall’Agenzia delle Entrate per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Taranto che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso per l’Irap versata per il 2006.
Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato resiste con controricorso, illustrato con memoria. 1.Con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 37, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando che la CTR aveva ritenuto inammissibile l’eccezione relativa alla compensazione di alcuni versamenti Irap chiesti a rimborso, già effettuata dal contribuente, sollevata il grado di appello.
La censura è fondata.
Questa Corte ha affermato che, tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 542 del 1996, art. 57, comma 2, sono precluse in appello esclusivamente le nuove eccezioni in senso tecnico, dalle quali deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione, sicchè, a fronte dell’impugnazione, da parte del contribuente, del silenzio rifiuto su di un’istanza di rimborso d’imposta, l’Amministrazione finanziaria può difendersi dalla pretesa azionata eccependo, anche in appello, il mancato versamento degli importi richiesti o la loro utilizzazione in compensazione, integrando tale attività una mera difesa o un’eccezione in senso improprio, pienamente ammissibile in quanto mera contestazione delle censure mosse con il ricorso, senza introduzione di alcun elemento nuovo d’indagine (Cass. 23587/2016).
2. Con il secondo motivo l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 3. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, lamentando che la CTR non aveva accertato gli elementi per escludere l’autonoma organizzazione.
La censura è fondata.
Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9451, cui si è uniformata la successiva giurisprudenza), componendo il contrasto emerso nell’ambito della sezione tributaria, nella risoluzione di questione di massima di particolare importanza, hanno affermato il principio che il requisito dell’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”.
L’avere la sentenza impugnata totalmente omesso di esaminare la circostanza, eccepita dall’ufficio delle spese (sotto forma di compensi corrisposti a terzi) e le modalità di svolgimento dell’attività del dipendente sulla base degli elementi probatori offerti dal contribuente, concretizza, dunque, il vizio denunciato dall’Amministrazione ricorrente, alla stregua del principio di diritto sopra enunciato, anche in considerazione del fatto che incombe al professionista, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in materia, l’onere di provare l’insussistenza dell’autonoma organizzazione quale presupposto impositivo del tributo in oggetto (tra le molte cfr. Cass. sez. 5, 28 novembre 2014, 25311; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2014, n. 18749).
Il ricorso va dunque accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla CTR della Puglia in diversa composizione, che esaminerà l’eccezione di compensazione e svolgerà, alla stregua del principio di diritto innanzi richiamato, i necessari accertamenti di fatto in ordine alle spese effettuate e alla natura delle mansioni svolte dal collaboratore.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020