Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4747 del 26/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2010, (ud. 22/01/2010, dep. 26/02/2010), n.4747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. est. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.G., domiciliato in Roma, Via Vincenzo Ugo Taby n. 19,

presso Francesco Pernarella, rappresentato e difeso dall’avv.

TAMMETTA Walter giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in

carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore Centrale

pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la stessa domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 112.40.05 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 16.06.2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22

gennaio 2010 dal consigliere relatore Dott. Sergio Bernardi;

viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto di

entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Sulla scorta dei rilievi contenuti in un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza di Ventotene, l’Ufficio II.DD. di Formia rettificava la dichiarazione Irpef presentata da A.G. per l’anno 1995. L’avviso di accertamento era oggetto di ricorso, accolto solo in parte dalla CTP di Latina. Su appello del contribuente la CTR del Lazio ha ulteriormente ridotto l’accertamento dell’Ufficio in ragione del 40%.

L’ A. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR con sei motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, nel quale spiega ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

L’Agenzia ha dedotto l’inammissibilità del ricorso principale per difetto di procura speciale, rilevando che la formula della delega rilasciata dal contribuente è generica, e non contiene alcun riferimento al giudizio di cassazione.

Il rilievo è infondato, non potendosi dubitare della riferibilità al giudizio di cassazione della delega apposta a margine dello stesso ricorso (e non su foglio separato ad esso spillato, come nel caso deciso dalla sentenza – Cass. 23381/04 – invocata dall’Agenzia).

Col primo motivo del ricorso principale (art. 360 c.p.c., n. 3) si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e art. 115 c.p.c., assumendo che “malgrado quanto riferito dai giudici d’appello”, non erano stati prodotti in giudizio il p.v.c. della Guardia di Finanza nè le risposte al questionano rimesso ai clienti dell’albergo.

Col secondo motivo del ricorso principale – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si deduce violazione dell’art. 2697 cod. civ., comma 1 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), assumendo la insufficienza della prova desunta dal rinvio fatto dalla sentenza impugnata al processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, contenente elementi presuntivi non “gravi, precisi e concordanti”.

Col terzo motivo si lamenta (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4) omessa pronuncia sulla eccezione di illegittimità della acquisizione delle risposte ai formulali fornita dai clienti dell’impresa sollevata in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4.

Col quarto motivo – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – si deduce insufficienza della motivazione con la quale la CTR ha ridotto del 40% i ricavi dell’impresa accertati nell’avviso impugnato.

Col quinto – anch’esso ricondotto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – si lamenta che la motivazione della riduzione del 40% dei ricavi accertati dall’Ufficio sarebbe anche contraddittoria, avendo tratto la conclusione dalla premessa che gli elementi acquisiti erano generici “e perciò inidonei per una sicura quantificazione dell’incasso conseguito”.

Col sesto (ex art. 360 c.p.c., n. 4) si deduce nullità della sentenza perchè non ha dato conto del rilievo che l’Ufficio aveva, nelle more del processo, annullato in sede di autotutela un accertamento identico a quello impugnato, concernente una diversa annualità di imposta.

Il primo motivo è inammissibile, perchè deduce un fatto contrario a quanto accertato dalla sentenza impugnata, avendo la CTR osservato che i documenti (p.v.c. e questionari) posti a base dell’accertamento erano stati prodotti in giudizio. La doglianza che viceversa non lo erano stati avrebbe dovuto proporsi (sul presupposto che quei documenti fossero decisivi) come motivo di revocazione, ex art. 395 c.p.c., Il secondo motivo è del pari inammissibile. La CTR ha osservato che l’accertamento dei maggiori incassi era giustificato dalla “documentazione, allegata al p.v. (pure agli atti)”, ed in particolare dalle agende rinvenute dalla guardia di finanza, nelle quali erano annotati “pagamenti, incassi, relativi sia all’attività di affittacamere (documentata dai questionari) sia di ristorazione”.

La tesi che gli elementi considerati non costituirebbero, nel loro insieme, presunzioni gravi, precise e concordanti critica il merito e non la legittimità della decisione impugnata.

Anche il terzo motivo va respinto. L’omesso esame che vizia la motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5, e non art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, come denunciato) attiene a circostanze di fatto, e non a tesi giuridiche. L’utilizzabilità delle risposte fornite da terze persone ai questionari sottoposti dalla guardia di finanza non è affatto esclusa dalla giurisprudenza costituzionale citata dal ricorrente, che ne ha invece ammesso il valore indiziario, corroborabile dagli opportuni riscontri, nella specie legittimamente ravvisati nelle caratteristiche dell’impresa e nei dati contenuti nella documentazione extracontabile rinvenuta dalla polizia tributaria.

Col quarto e quinto ed il terzo motivo si rileva che “i giudici di secondo grado hanno riconosciuto che gli appunti rinvenuti nelle agende … sono troppo generici, privi cioè di importo, di riferimenti adeguati e perciò inidonei per una sicura quantificazione dell’incasso conseguito. Pur tuttavia hanno quantificato con esattezza i minori ricavi, riducendo i maggiori ricavi accertati dall’ufficiò nella misura del 40%, osservando che “dal riesame della documentazione gli incassi accertati appaiono eccessivi e comunque non così attendibili e che la dimensione e la connotazione dell’attività giustificano invece incassi certamente minori”. Si osserva che la motivazione è generica e contraddittoria, e non consente di ricostruire la “ratio” della decisione.

Decisione investita anche dal ricorso incidentale, col quale si denuncia ultrapetizione (perchè la contribuente aveva contestato la esistenza e non la entità dei maggiori incassi) e vizio di motivazione (perchè “la sentenza emessa dai giudici di secondo grado non fornisce alcuna indicazione in ordine ai passaggio logico in relazione al quale sono stati ritenuti eccessivi gli incassi accertati”).

La pronuncia resiste a tali critiche. Il vizio di estrapetizione denunciato col ricorso incidentale non sussiste, perchè la contestazione dell’intero contiene la contestazione di ciascuna partita che nell’intero confluisce. Nel merito, la motivazione non è generica nè contraddittoria, perchè evidenzia i dati rilevanti per la decisione ai quali non nega efficacia probatoria pur riconoscendone un peso inferiore a quello ritenuto dall’Ufficio. La censura di insufficiente motivazione della determinazione al 60% dei ricavi accertati dall’ufficio è del resto generica e non autosufficiente, mancando di specificare i dati quantitativi delle risultanze processuali che non sarebbero state adeguatamente considerate, e di sviluppare il ragionamento che – sulla base di quei dati negletti – avrebbe dovuto condurre alla diversa conclusione auspicata.

Il sesto motivo del ricorso principale è inammissibile perchè omette di precisare la norma di legge che sarebbe stata violata ed è palesemente infondato perchè l’annullamento in sede di autotutela di provvedimento concernete una diversa annualità non può assumere alcuna rilevanza nel giudizio.

Vanno dunque rigettati entrambi i ricorsi, e compensate le spese del giudizio.

P.Q.M.

Riunisce e rigetta i ricorsi. Compensa fra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010

 

 

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