Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4744 del 26/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 26/02/2010), n.4744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21529-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

A.P.M. DI VINCENZO DE VITA & C. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 16/2003 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di NAPOLI, depositata il 10/02/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI FABRIZIO, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Napoli la società A.P.M. Sas di Vincenzo De Vita & C. in liquidazione impugnava l’avviso di accertamento, relativo all’imposta Iva per l’anno 1994, fatto notificare alla medesima dal competente ufficio di quella città, e con il quale l’amministrazione comunicava di avere accertato un maggior reddito rispetto a quanto dichiarato.

L’opponente deduceva che tale avviso era da annullare, in quanto carente di motivazione, e perchè basato su presupposti inesistenti.

Quanto alla sanzione applicata, lamentava che l’atto impositivo andava notificato al precedente amministratore, autore delle violazioni, e che semmai era il soggetto nei confronti del quale essa andava applicata.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, dal momento che l’accertamento era scaturito dalle accurate indagini svolte dalla Guardia di finanza nei riguardi della contribuente e di terzi, a loro volta sottoposti a verifica, come risultava peraltro dal relativo verbale di constatazione, consegnato al liquidatore, che lo aveva pure sottoscritto; perciò chiedeva il rigetto dell’impugnativa.

Il giudice adito rigettava il ricorso introduttivo con la sentenza n. n. 544 del 2001.

Avverso tale decisione la contribuente proponeva appello, cui l’amministrazione resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Campania, la quale, con sentenza n. 16 del 2003, in riforma di quella impugnata, ha annullato l’avviso di accertamento, osservando che la verifica svolta presso terzi non poteva avere riflessi negativi verso la contribuente, che non conosceva gli elementi posti a suo carico, mentre per la sanziona essa doveva essere applicata al precedente amministratore, già cessato, e cioè tale D.V.V..

Contro questa decisione il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

La società A.P.M. Sas di Vincenzo De Vita & C. non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rilevato che il Ministero non era stato parte nel giudizio di secondo grado, e perciò non poteva impugnare la sentenza del giudice di appello; pertanto il ricorso proposto anche da esso va dichiarato inammissibile.

Invero in tema di contenzioso tributario, una volta che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale era stato proposto soltanto dall’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle finanze nel corso del giudizio di primo grado, e la società contribuente aveva accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, il relativo rapporto si svolgeva soltanto nei confronti dell’agenzia delle entrate stessa, che ha personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 330 del 1999, e che era divenuta operativa dal 1.1.2001 a norma del D.M. 28 dicembre 2000, senza che il dante causa Ministero delle finanze fosse stato evocato in giudizio, l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale allora era solamente l’agenzia delle entrate. Pertanto il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 18394 del 2004, n. 19072 del 2003).

1) Per quanto poi attiene alla posizione dell’agenzia, col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56 oltre che difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la commissione tributaria regionale non ha considerato che l’avviso di accertamento conteneva gli elementi acquisiti dalla polizia tributaria nel corso della verifica, e faceva riferimento a quelli rilevati nei riguardi di terzi, come riportato nel relativo verbale, peraltro richiamato nell’atto impositivo, e già conosciuto dal liquidatore, perchè previamente sottoscritto da lui.

Il motivo è inammissibile.

Appare opportuno premettere che l’atto amministrativo finale di imposizione tributaria, il quale sia il risultato dell’esercizio di un potere frazionato anche in poteri istruttori attribuiti, in proprio o per delega, ad altri uffici amministrativi, è legittimamente adottato quando, munendosi di un’adeguata motivazione, faccia propri i risultati conseguiti nelle precedenti fasi procedimentali. Tale principio è desumibile sia dalle norme generali sull’attività amministrativa poste dalla L. 7 agosto 1990, n. 241 (applicabili, salva la specialità, anche per il procedimento amministrativo tributario), alla stregua delle quali il titolare dei poteri di decisione non è tenuto a reiterare l’esercizio dei poteri, d’iniziativa e, soprattutto, istruttori, che hanno preparato la sua attività; sia dalle norme tributarie generali di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 7 e 12; sia, infine – per quanto concerne in particolare l’IVA – dalle disposizioni del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51 e 52 che, nel regolare minuziosamente la fase istruttoria del procedimento di accertamento, prevedono che gli uffici IVA si avvalgano delle prestazioni cognitive di altri organi, di altre amministrazioni dello Stato e della Guardia di finanza (Cfr.

anche Cass. Sentenza n. 10205 del 2003).

Ciò posto, tuttavia va rilevato che la ricorrente non ha indicato espressamente le parti della motivazione dell’atto impositivo che a suo avviso non sarebbero state ben valutate dal giudice di appello, che esattamente ha osservato che l’appellata non conosceva gli elementi scaturenti dalla verifica svolta nei confronti di terzi da parte della polizia tributaria, con la conseguenza che gli effetti di tale indagine non potevano avere riflessi negativi nei riguardi dell’APM di Vincenzo De Vita & C; nè tali atti sono stati espressamente indicati.

Dunque alla luce di quanto più sopra enunciato, la sentenza impugnata risulta motivata in modo adeguato, oltre che giuridicamente corretto.

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 11 e 27 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 giacchè la CTR doveva considerare che la sanzione andava applicata direttamente in capo all’attuale amministratore della società, posto che la nuova disciplina, secondo cui risponde di essa l’autore dell’infrazione, e in via sussidiaria l’ente o società rappresentati, si applica dal 1 aprile 1998 in poi.

La censura rimane assorbita dal motivo teste esaminato.

Ne deriva che il ricorso va rigettato.

Quanto alle spese di questa fase, non si fa luogo ad alcuna statuizione, stante la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero; dichiara altresì inammissibile il primo motivo di quello dell’agenzia, e assorbito il secondo, rigetta il ricorso stesso.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010

 

 

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