Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4742 del 25/02/2011
Cassazione civile sez. III, 25/02/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 25/02/2011), n.4742
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 27564/2009 proposto da:
L.C. (OMISSIS), esercente la patria potestà su
L.G., oggi Z.G., elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA ANCO MARZIO 25 presso lo studio dell’avvocato REMEDIA Angelo,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENZO RIDOLFI
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INA – ASSITALIA SPA (nuova denominazione di FATA Assicurazioni Spa,
nella quale è stata incorporata ASSITALIA – Le Assicurazioni
d’Italia Spa insieme ad INA Vita Spa), (OMISSIS), in persona del
Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato VINCENTI Marco,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERCOLANI LUCA
giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
DIREZIONE DIDATTICA STATALE DI ZOLA PREDOSA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 302/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del
18/3/08, depositata il 04/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
03/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;
è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA
LETTIERI.
La Corte, letti gli atti depositati:
Fatto
OSSERVA
E’ stata depositata la seguente relazione:
1 – Con ricorso notificato il 21 dicembre 2009 L.C., esercente la patria potestà sulla figlia L.G. (ora Z. G.) ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 27 ottobre 2009, depositata in data 4 marzo 2009 dalla Corte d’Appello di Bologna che, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni patiti dalle minore a seguito di lesioni subite all’interno di una struttura scolastica.
L’ina – Assitalia S.p.A. (incorporante FATA Assicurazioni S.p.A.) ha resistito con controricorso, mentre l’altra intimata, Direzione Didattica Statale di Zola Predosa, non ha espletato attività difensiva.
2 – Il ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni, in primo luogo perchè, come risulta dal medesimo. L.G. (ora Z.) è nata il (OMISSIS) quindi aveva già raggiunto la maggiore età nel momento in cui i ricorso è stato proposto e, quindi, avrebbe dovuto proporlo personalmente, essendo venuta meno la rappresentanza legale della madre.
3. Inoltre i due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360.
per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva m una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione de tatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sedi – di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
Il primo motivo denuncia violazione e mancata applicazione artt. 2043, 2047, 2048 e 2053 c.c., ma la censura non contiene il prescritto quesito di diritto con il quale la ricorrente avrebbe dovuto postulare l’enunciazione di un principio fondato sulle norme indicate e diverso da quello applicato dalla Corte territoriale.
Il secondo motivo lamenta carenza di motivazione, ma anche questa censura risulta priva del momento di sintesi formulato secondo il paradigma sopra enunciato e necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare quali parti della sentenza impugnata e per quali ragioni presentino motivazione carente.
4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;
Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione ed ha ritenendo assorbente la mancanza del quesito e del momento di sintesi;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;
visti di artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente ai pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidale in complessivi Euro 1.700,00, di Euro 1.500.00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011