Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4742 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27683-2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

CITY SERVICE in liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza n. 350/04/2018 della Commissione tributaria

regionale della TOSCANA, depositata in data 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito d’impresa ai fini IVA, IRES ed IRAP per l’anno di imposta 2006, conseguente al disconoscimento dei costi risultanti da fatture che l’amministrazione finanziaria riteneva essere state emesse per operazioni inesistenti, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Toscana rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ed annullava l’avviso di accertamento sostenendo la non applicabilità alla fattispecie del raddoppio dei termini di accertamento per essere stata effettuata la comunicazione della notitia criminis in data 9 luglio 2014, ovvero oltre la scadenza degli ordinari termini di accertamento;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorre con unico motivo l’Agenzia delle entrate, cui non replica l’intimata società;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– è fondato e va accolto, benchè nei limiti di cui appresso si dirà, il motivo di ricorso, con cui la difesa erariale, deducendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, lamenta che la CTR aveva erroneamente ritenuto non applicabile alla fattispecie il raddoppio dei termini di accertamento per essere stata effettuata la comunicazione della notitia criminis oltre la scadenza dei termini ordinari;

– invero, la statuizione d’appello si pone in insanabile contrasto con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui “In tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per l’IRPEF e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza”, come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, “senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati” (Cass. n. 16728 del 2016; conf. Cass. n. 26037 del 2016);

– nelle citate pronunce questa Corte ha avuto cura di precisare: a) che “non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza”, applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice; b) che tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, nè dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando “nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)” (Cass. n. 16728/16, cit.); c) che su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento (L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, nonchè D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati – come nel caso in esame, in cui gli atti impositivi risultano notificati in data 23/05/2011 – si applica la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2 (che non è stato modificato dalla successiva L. n. 208 del 2015), che fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in vigore del predetto decreto;

– che, pertanto, con riferimento ad avviso di accertamento emesso e notificato nell’anno 2013, come nella fattispecie qui vagliata, è del tutto indifferente la data in cui viene effettuata la comunicazione di notizia di reato, e persino l’omissione di quella comunicazione, perchè quello che invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti; circostanza sub specie sussistente e, comunque, non contestata;

– per tale ragione il raddoppio dei termini di accertamento non opera con riferimento all’IRAP posto che, “non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 20435/2017; n. 4775/2016 n. 26311 del 2017, n. 23629 del 2017);

– conclusivamente, il ricorso va accolto limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA e IRES e rigettato quanto alla ripresa a fini IRAP; la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR per l’esame delle questioni inerenti le predette imposte (IVA ed IRES), rimaste assorbite, e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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