Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4740 del 27/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4740 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA

sul ricorso 24401-2008 proposto da:
ESPOSITO

ALESSANDRO

C.F.

SPSLSS42K51K501E,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,
presso lo studio dell’avvocato TRALICCI GINA, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente 2014
222

v

L

contro

BRANDONI FABIO C.F. BRNFBA57D19H501H, DEUTSCH PAUL
GEORG in proprio e nella qualità di Soci della
ASSOCIAZIONE SPORITVA GINNIC CLUB, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 13, presso lo

Data pubblicazione: 27/02/2014

studio dell’avvocato PARLATORE ANDREA,

che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato AMODEO
ROBERTO, giusta delega in atti;
– controricorrente
4925/2007

D’APPELLO di ROMA, depositata

della CORTE

il 19/10/2007

R.G.N.

6423/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udiun2a del 21/01/2014 dal Consigliere Dott. ADR1ANA

DORONZO;
udito l’Avvocato PARLATORE ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 4 luglio 2003 il Tribunale di Roma dichiarava la nullità del ricorso proposto da
Alessandro Esposito ed avente ad oggetto la domanda di accertamento della sussistenza di un
rapporto di lavoro subordinato intercorso tra il detto ricorrente e gli odierni intimati, nella loro
qualità di soci (e, in particolare, il Brandoni quale amministratore e il Deutsch quale presidente),
della Associazione Sportiva Ginnic Club, nonché di declaratoria dell’inefficacia del licenziamento
retributive.
1.1. La sentenza era appellata dall’Esposito, ma la Corte di appello di Roma, con sentenza resa in
data 19 ottobre 2007, rigettava il gravame, accogliendo l’eccezione di carenza di legittimazione
passiva sollevata dai convenuti. Il giudice di appello rilevava, infatti, che essi, fin dalla loro
costituzione nel giudizio di primo grado, avevano negato di essere soci o amministratori della
associazione e che era onere dell’appellante provare (anche mediante la produzione dell’atto
costitutivo e dello statuto) la dedotta qualità degli appellati, cosa che invece non era avvenuta.
La Corte, inoltre, rilevava che l’impugnazione era stata proposta dall’Esposito nei riguardi degli
appellati personalmente e non più come soci della associazione: ne conseguiva che essendo stata
modificata la domanda nei riguardi dei due appellati, convenuti in proprio e non più quali
responsabili della associazione, 1′ impugnazione doveva essere respinta per tale ulteriore ragione.
1.2. Contro la sentenza l’Esposito propone ricorso per cassazione fondato su di un unico motivo
articolato in più violazioni di legge. Resistono gli intimati depositando un controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il motivo di ricorso, la parte censura la sentenza per “violazione o falsa applicazione delle
norme di diritto ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. con riguardo agli artt. 112 c.p.c. error in procedendo 345,99, 180,101, 171,105 c.p.c.”. Sostiene infatti che:
a) nella memoria di costituzione di primo grado i convenuti non avrebbero mai contestato la qualità
di soci, ma solo negato di aver intrattenuto il dedotto rapporto di lavoro, il quale sarebbe invece
intercorso, sebbene presuntivamente non subordinato, con l’associazione sportiva;
b) il giudice del merito avrebbe violato il disposto dell’art. 112 c.p.c. non esaminando il motivo di
gravame proposto, fondato sull’erronea declaratoria di nullità del ricorso per indeterminatezza della
domanda;
c) la decisione del giudice era da ritenersi altresì inammissibile nella parte in cui aveva dichiarato la
carenza di legittimazione passiva dei convenuti con riguardo alla qualità di soci, in difetto della
necessaria eccezione.
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R.G. n. 24401/2008
Udienza 21 gennaio 2014

verbale intimato e di condanna dei resistenti al pagamento di somme pretese a titolo di differenze

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “dica la Suprema corte se nell’ipotesi in
esame in cui il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso per nullità dello stesso – in quanto
non era stato in grado di enucleare petitum e causa petendi – ed avverso tale unico motivo era stato
proposto gravame, poteva il giudice di appello rigettare l’impugnazione accogliendo l’eccezione di carenza di legittimazione passiva dei convenuti relativamente alla loro qualità di soci

1.1. Sulla base delle stesse disposizioni normative citate, censura inoltre l’altra ragione della
decisione, ritenendo che la costituzione dei convenuti in proprio aveva integrato il contraddittorio
anche nei loro confronti, oltre che dell’associazione suddetta, la quale era tuttavia rimasta
contumace: ne conseguiva che le pronunce emesse solo nei confronti dell’associazione e non anche
dei convenuti in proprio, erano da ritenersi nulle per violazione del contraddittorio, a nulla rilevando
la circostanza che l’appello fosse stato notificato solo ai due odierni intimati in proprio, in quanto
anch’essi litisconsorti necessari a seguito di intervento volontario autonomo spiegato in primo grado
ex art. 105 c.p.c., il che legittimava la domanda anche nei loro confronti.
1.2. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se nell’ipotesi
in esame, in cui a seguito della notifica del ricorso di primo grado ai rappresentanti
dell’associazione sportiva convenuta, si costituivano solo i soci della stessa in proprio, poteva il
primo giudice pronunciarsi solo nei confronti della stessa associazione ritenendola regolarmente
costituita, sebbene contumace e non nei confronti dei soci costituitisi personalmente; e nell’ipotesi
di specie in cui il ricorso di primo grado era stato notificato all’associazione sportiva tramite la
notifica ai suoi rappresentanti, poteva il giudice ritenere valida la costituzione della società
attraverso la sola costituzione dei suoi soci sebbene in proprio”.
2. Le censure, afferendo a vizi procedurali – come l’omessa pronuncia del giudice di secondo grado
sull’unico motivo dedotto nell’atto di appello, il rilievo d’ufficio della carenza di legittimazione
passiva dei convenuti, nonché l’omessa pronuncia nei confronti dei soci in proprio -, ai sensi
dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. attribuiscono al giudice di legittimità il potere-dovere di esaminare
gli atti del giudizio di merito, essendo giudice anche del fatto, inteso in senso processuale.
2.1. Dagli atti del giudizio di primo grado, emerge che:
a)

la domanda è stata proposta nei confronti dell’associazione: lo si rileva sia dall’intestazione del
ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, proposto nei confronti dei signori “Fabio
Brandoni e Paolo Doic nella qualità di soci della Associazione Sportiva Ginnic Club corrente
in Roma, via Portuense 810, in persona del presidente sig. Paolo Doic e dell’amm. re Fabio
Brandoni”, sia dalle relate di notifica, effettuate ai suddetti

“nella qualità di soci
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R.G. n. 24401/2008
Udienza 21 gennaio 2014

dell’associazione convenuta -formulata per la prima volta in sede di gravame”.

dell’associazione sportiva Ginnic Club… in persona del presidente Paolo Doic e amm. re
Brandoni a mani del Brandoni Vittorio padre del Brandoni Fabio”; tale circostanza risulta pure
dal presente ricorso (pag. 5), in cui si individua quale datrice di lavoro l’Associazione Ginnic
Club;
b) i due convenuti si sono costituiti in proprio (v. memoria di costituzione in primo grado:

difensiva, hanno eccepito il “difetto di legittimazione passiva” deducendo di non aver mai
“ricoperto alcuna carica sociale e, tanto meno, quelle di amministratore e/o presidente”, e di
essere stati pertanto “illegittimamente individuati dal ricorrente quali destinatari del ricorso”;
hanno quindi negato il loro potere di stare in giudizio e di rispondere per l’associazione, giusta il
chiaro disposto degli artt. 36 e ss. c.c. (p. 4 della memoria difensiva in primo grado).
2.2. Alla luce di questi elementi emerge l’infondatezza del motivo di ricorso, essendo errato il
presupposto di fatto da cui muove il ricorrente, ovvero la mancanza di un’eccezione dei
convenuti in ordine al proprio difetto di legittimazione passiva (rectius: di titolarità passiva del
rapporto), essendo invece evidente che, prima di ogni altra difesa, gli odierni intimati non solo
hanno contestato la riferibilità a loro del rapporto di lavoro subordinato (come invece ritiene
riduttivamente il ricorrente), ma hanno preso una specifica posizione sulle rispettive qualità di
presidente e amministratore dell’associazione sportiva, negandole.
2.3. Ora, a fronte di tale eccezione,- che si sostanzia nella deduzione della estraneità dei
convenuti al rapporto giuridico dedotto in giudizio e che si traduce nella proposizione di una
questione non già di legittimazione passiva ad causam, ma di difetto della condizione
dell’azione, consistendo nell’identificabilità del convenuto medesimo quale soggetto nei cui
confronti la legge conferisce il diritto azionato -, era onere dell’attore dimostrare le circostanze
relative all’individuazione nei convenuti della qualità di soggetti passivi di quel rapporto (Cass.,
8 ottobre 2013, n. 22902; Cass., 22 aprile 1994, n. 3843).
3. Il giudice del merito ha fatto corretta applicazione di questi principi.
Posto, invero, che si invoca l’adempimento di obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro
contratte dall’associazione e, per essa, dagli odierni intimati che avrebbero agito in suo nome e
per suo conto, era onere del ricorrente provare la qualità dei soggetti convenuti, e quindi la
carica di presidente del Deutsch e di amministratore del Brandoni posseduta al tempo in cui si
pretende svolto il rapporto (dal 7 ottobre 1992 al 21 gennaio 1995), nonché l’attività negoziale
da questi concretamente svolta in nome e per conto dell’associazione in quel determinato
periodo (stipulazione del contratto di lavoro, esercizio del potere gerarchico e organizzativo, con
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“nell’interesse dei signori Fabio Brandoni e Paolo Deutsch…”) e, nella stessa memoria

l’emanazione di ordini e direttive, atti di controllo sull’attività svolta, pagamento della
retribuzione, nonché tutte le altre attività connesse alla pretesa qualità di datore di lavoro
subordinato), sì da poter configurare in capo a questi soggetti la qualità di datori di lavoro,
riscontrare l’inadempimento contrattuale e quindi accertare l’obbligo di assumerne le relative
conseguenze (v. Cass. 14 dicembre 2007, n. 26290).

il profilo giuridico e, comunque, non censurato. Ne consegue l’infondatezza del motivo di
ricorso.
4. Non si ravvisa alcuna violazione dell’articolo 112 c.p.c. da parte della Corte territoriale che
avrebbe pronunciato sulla questione relativa alla carenza di legittimazione passiva, a fronte di
un unico motivo di appello, costituito dall’erronea pronuncia del giudice di primo grado circa la
nullità per indeterminatezza del ricorso ex art. 414 c.p.c.
4.1. Deve invero rilevarsi che, a fronte di una pronuncia di nullità della domanda per
indeterminatezza dell’oggetto o per la mancata esposizione dei fatti o delle ragioni di diritto che
la sorreggono, il giudice d’appello investito del gravame ove non condivida la decisione del
primo giudice non può rimettere la causa al giudice di primo grado – attesa la tassatività delle
cause di rimessione di cui agli art. 353 e 354 c.p.c., insuscettibili di applicazione analogica (v.
per tutte, Cass. 15 settembre 2004, n. 18571) -, ma nei limiti della domanda e delle conclusioni
formulate nell’appello deve deciderla nel merito.
4.2. E ciò che è avvenuto nel caso di specie, in cui la questione della nullità del ricorso – che
costituiva oggetto dell’impugnazione e che si profila preliminare rispetto all’esame della esatta
individuazione dei soggetti passivi – è stata risolta dalla Corte di appello implicitamente, come
può desumersi dal fatto che la domanda è stata esaminata nel merito, sia pure per pervenire ad
un giudizio di carenza di legittimazione passiva (rectius: di titolarità passiva del rapporto) dei
convenuti.
4.3. Non sussiste invero il vizio di omesso esame di una questione o di un’eccezione di nullità
(ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio), quando debba ritenersi che tali questioni od
eccezioni siano state esaminate e decise – sia pure con una pronuncia implicita della loro
irrilevanza o di infondatezza – in quanto superate e travolte, anche se non espressamente trattate,
dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga,
come necessario antecedente logico-giuridico, la detta irrilevanza o infondatezza (così Cass., 24
giugno 2005, n. 13649). Ne consegue che il dedotto vizio di omessa pronuncia è insussistente.
4
R.G. n. 24401/2008
Udienza 21 gennaio 2014

Questa prova è stata in concreto esclusa dal giudice di appello, con ragionamento corretto sotto

5. Il secondo motivo è inammissibile. Esso risolvendosi in una censura alla sentenza di primo

grado in alcun modo trattata nella sentenza impugnata avrebbe dovuto contenere, per il principio
di autosufficienza del ricorso per cassazione, la specifica indicazione del motivo sottoposto al
giudice del gravame e sul quale egli non si sarebbe pronunciato (Cass., 19 aprile 2006, n. 9076).
Al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, sussiste invero

al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto,
onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di
esaminare nel merito la questione stessa (Cass.,18 ottobre 2013, n. 23675; Cass., 28 luglio 2008,
n. 20518; Cass., 2 aprile 2004, n. 6542).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti, delle
spese del presente giudizio che liquida in E 100,00 per spese e € 3.500,00 per compensi
professionali, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2014
IL PRESIDENTE

l’onere per la parte ricorrente non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi

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