Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4740 del 25/02/2011

Cassazione civile sez. II, 25/02/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 25/02/2011), n.4740

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 9437/08) proposto da:

INGG. D.F.L. e D.F.I. – IMPRESA COSTRUZIONI

S.P.A. IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona dei liquidatori

A.M. e B.A., rappresentata e difesa, in

forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti

ALPEGGIANI Giorgio, Francesco Beccaria Balduzzi e Paolo Stella

Richter ed elettivamente domiciliata presso lo studio del terzo, in

Roma, Viale Mazzini, n. 11;

– ricorrente principale –

contro

CON.I.COS. Partecipazioni Generali s.p.a. (OMISSIS) in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli

Avv.ti OLIVIERO Pier Giorgio e Goffredo Gobbi, in virtù di procura

speciale a margine del controricorso contenente ricorso incidentale,

ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma,

alla V. M. Cristina, n. 8;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e

DEL FAVERO S.P.A. (già DEL FAVERO S.R.L), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

nonchè

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 12817/08) proposto da:

CON.I.COS. Partecipazioni Generali s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pier

Giorgio Oliviero e Goffredo Gobbi, in virtù di procura speciale a

margine del controricorso contenente ricorso incidentale, ed

elettivamente domiciliata presso lo studio de secondo, in Roma, alla

V. M. Cristina, n. 8;

– ricorrente incidentale –

contro

INGG. D.F.L. e D.F.I. – IMPRESA COSTRUZIONI

S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona dei liquidatori A.M. e

B.A., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv.ti Giorgio Alpeggiani,

Francesco Beccaria Balduzzi e Paolo Stella Richter ed elettivamente

domiciliata presso lo studio del terzo, in Roma, viale Mazzini, n.

11;

– ricorrente principale –

DEL FAVERO S.P.A. (già DEL FAVERO S.R.L.), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 12/2008,

depositata il 19 gennaio 2008;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 3

febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

uditi gli Avv. ti Paolo Stella Richter, per la ricorrente principale,

e Olivero Pier Giorgio per la ricorrente incidentale;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 23 novembre 1999 la CON.I.COS. s.p.a., corrente in (OMISSIS), conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trento la DEL FAVERO s.p.a. in liquidazione chiedendone la condanna al risarcimento dei danni tutti da essa attrice subiti a causa dell’inadempimento del contratto stipulato fra le parti in data 12 maggio 1993 e confermato con atto del 10 giugno 1993, con il quale tra la società DEL FAVERO e la CON.I.COS. s.p.a. si era convenuto di provvedere all’esecuzione delle opere relative alla costruzione di due dighe nell’area di (OMISSIS). Autorizzata ed eseguita la chiamata in causa della DEL FAVERO s.p.a., già DEL FAVERO s.r.l., il tribunale adito rigettava le domande attoree, qualificando gli assunti contratti conclusi “inter partes” alla stregua di una lettera di intenti.

Con atto di citazione del 6-8 ottobre 2003 la CON.I.COS. s.p.a.

proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Trento n. 635/2002 del 15 luglio 2002 con la quale era stata respinta la suddetta domanda come risultante proposta nei confronti della DEL FAVERO s.r.l. in liquidazione e nei confronti della DEL FAVERO s.p.a.. Nella costituzione di entrambe le società appellate, la Corte di appello di Trento, con sentenza non definitiva n. 256/2005 del 29 giugno 2005 (confermata con sentenza di questa Corte n. 23949 del 2008, depositata il 22 settembre 2008), sul presupposto dell’attribuzione agli accordi stipulati tra le parti della natura di contratto, accoglieva, per quanto di ragione, l’appello ed accertava, conseguentemente, che la società appellante aveva diritto al risarcimento dei danni patiti a seguito dell’inadempimento della DEL FAVERO s.p.a. in liquidazione, respingeva la domanda di risarcimento dei danni nei confronti della nuova società DEL FAVERO s.p.a. e disponeva la prosecuzione del giudizio per l’accertamento dei danni, nel cui corso si provvedeva all’ammissione di c.t.u.. Con la successiva sentenza definitiva n. 12/2008, depositata il 19 gennaio 2008, la suddetta Corte territoriale, in riforma dell’impugnata sentenza, condannava la DEL FAVERO s.p.a. in liquidazione al pagamento, in favore della società appellante, della somma di Euro 1.096.918,41, con il relativo computo degli interessi legali dovuti, oltre che alla rifusione delle spese del doppio grado a vantaggio della medesima appellante, che, veniva, peraltro, condanna a rifondere le spese del grado in favore della DEL FAVERO s.p.a..

Avverso la suddetta sentenza di appello (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 1 aprile 2008 e depositato il 17 aprile successivo) la DEL FAVERO s.p.a. in liquidazione articolato in tre motivi, avverso il quale si è costituita la CON.I.COS. Partecipazioni Generali s.p.a. con controricorso contenente ricorso incidentale (notificato il 9 maggio 2008 e depositato il 26 maggio 2008), basato su un unico motivo. L’intimata DEL FAVERO s.p.a. (già DEL FAVERO s.r.l.) non risulta costituita in questa fase. Il difensore della ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente principale, in via preliminare e pregiudiziale, ha dedotto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità dell’impugnazione promossa dalla s.p.a. CON.I.COS. avverso la sentenza di primo grado, per mancanza di valida procura alle lite e, conseguentemente, la nullità della sentenza di appello.

Con riferimento a tale motivo ha formulato il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: “dica la S.C. se il difensore che abbia promosso il procedimento di impugnazione in appello in forza di procura alle liti rilasciatagli, anche per il secondo grado, dalla parte estintasi nel corso del procedimento di primo grado, non sia legittimato a proporre appello stante il dettato dell’art. 1722 c.c., n. 4, secondo il quale la morte del mandante (come ciascuno degli altri eventi in detta norma contemplati) estingue il mandato, dovendo l’ultrattività della procura alle liti essere contenuta entro il rigoroso ambito applicativo previsto dall’art. 300 c.p.c., commi 1 e 2, che si configura come norma derogatoria della suddetta norma del c.c; dica la S.C. se, conseguentemente, siano nulli l’atto di appello, il procedimento di appello e la sentenza di appello relativi ad una impugnazione promossa dal detto difensore in forza di procura alle liti conferitagli per il primo grado dalla parte estintasi nel corso di tale procedimento”.

2. Con il secondo motivo la suddetta ricorrente principale ha censurato, in via subordinata, la sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), prospettando, in proposito, la sintesi del dedotto vizio motivazionale in virtù del già richiamato art. 366 bis c.p.c. nel senso che “il fatto controverso oggetto di omessa motivazione era costituito dalla determinazione del lucro cessante della s.p.a.

CON.I.COS. sulla base dei meri ricavi della commessa, senza computare i costi della commessa stessa (costi generali, costi per assunzione di nuovi dipendenti, costi per immobilizzazioni): il giudice del merito non aveva motivato le sue affermazioni che a) “il lucro cessante cagionato dall’inadempimento deve essere determinato a monte dei costi che sarebbero gravati sulla società CON.I.COS. e non a valle di essi” (sentenza impugnata, pag. 18, ultimo capoverso); che b) CON.I.COS., se avesse realizzato le opere, non avrebbe dovuto assumere nuovi dipendenti (sentenza impugnata, pag. 18, ultimo capoverso) e che c) CON.I.COS., se avesse realizzato le opere, non avrebbe dovuto sostenere costi per immobilizzazioni (sentenza impugnata, pag. 19, terzo capoverso).

3. Con il terzo motivo la ricorrente principale ha assunto, sempre in via subordinata, la violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), oltre a dedurre il vizio della contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

In ottemperanza al disposto dell’art. 366 bis c.p.c., risulta esposto, quanto alla supposta violazione di legge, il seguente complesso quesito di diritto: “dica la S.C. se violi l’art. 2697 c.c. il riconoscimento di un diritto a risarcimento per mancato utile di un non eseguito appalto di lavori sebbene l’impresa non abbia dato la prova che da quella esecuzione avrebbe appunto ricavato un utile”;

“dica, altresì, la S.C. se violi l’art. 115 c.p.c. il giudice che, in difetto di ogni specifico elemento di prova, ritenga che un’impresa avrebbe costruito due dighe all’estero senza sopportare spese per amministrazione, personale e mezzi d’opera”; “dica la S.C. se violi gli artt. 2727 e 2729 c.c., il giudice che operi una presunzione semplice senza prendere a base alcun fatto noto”.

Con riferimento al vizio di motivazione viene evidenziato che “il fatto controverso oggetto di motivazione contraddittoria è costituito dall’accertamento dell’utile che l’attrice CON.I.COS. avrebbe ricavato dall’esecuzione della sua quota di lavori, che la Corte di appello per un verso aveva riconosciuto dovesse essere da essa attrice provato (pag. 22 della sentenza) e, poi, aveva accertato invece che fosse stata data prova alcuna”.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale (non munito, peraltro, del prescritto requisito previsto dall’art. 366 bis c.p.c., “ratione temporis” applicabile nella fattispecie e privo, inoltre, dell’indicazione delle specifiche norme assunte come violate) la s.p.a. CON.I.COS Partecipazioni Generali ha censurato la sentenza impugnata con riferimento al capo contenente la sua condanna (ancorchè non soccombente) al pagamento delle spese legali sostenute dalla DEL FAVERO s.p.a. (già DEL FAVERO s.r.l.), liquidate in Euro 17.829,00, per il secondo grado di giudizio e non aveva disposto la condanna della stessa DEL FAVERO s.p.a. a rifondere le spese del primo grado.

5. Rileva il collegio che assume valore evidentemente pregiudiziale l’esame del primo motivo, di carattere processuale, formulato nell’interesse della ricorrente principale. Esso è fondato e, pertanto, merita accoglimento, con la conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma, 3, ultima parte.

Con tale motivo la ricorrente principale ha, invero, dedotto la nullità dell’appello proposto dalla s.p.a. CON.I.COS. Partecipazioni Generali avverso la sentenza di primo grado per effetto della nullità derivante dal difetto di una valida procura alle liti (questione, oltretutto, rilevabile anche d’ufficio, per la prima volta, in sede di legittimità: cfr. Cass. 14 gennaio 2003, n. 444, e Cass. 17 marzo 2009, n. 6439). In proposito, la stessa ricorrente ha dedotto che la CON.I.COS. Partecipazioni Generali s.p.a. aveva proposto l’impugnazione con il patrocinio degli stessi difensori che avevano sottoscritto l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, i quali avevano assunto il mandato di rappresentarla e difenderla in appello “per procura speciale 15 novembre 1999 a margine dell’atto di citazione di prime cure”. Senonchè, la stessa ricorrente principale ha esposto che in quest’ultimo atto la ragione sociale dell’attrice (e, cioè, del soggetto che aveva conferito la procura) era indicata con la formulazione abbreviata “Con.I.Cos.

s.p.a.”, laddove la ragione sociale completa era “Con.I.Cos.

Contratti Internazionali s.p.a”, che identificava la società che aveva preso parte agli accordi del 1993, la quale, però, si era estinta (con conseguente cancellazione) in data 16 dicembre 1999 (come rilevabile dalle allegate visure storiche della competente Camera di commercio) a seguito di fusione per incorporazione, con atto del 14 dicembre 1999, nella Con.i.Cos. Partecipazioni Generali s.p.a. (attuale controricorrente e ricorrente incidentale). Pertanto, siccome la procura alle liti in forza della quale era stata promossa l’impugnazione in appello definita con la sentenza oggetto del presente ricorso della Corte di appello di Trento si sarebbe dovuta considerare rilasciata da una parte già estintasi nel corso del giudizio di primo grado, in mancanza del conferimento di una nuova procura da parte della società incorporante per il giudizio di appello, non poteva che conseguire la nullità e/o l’inammissibilità dell’atto di impugnazione in appello e dell’intera attività processuale svolta nel giudizio dinanzi alla suddetta Corte territoriale culminato nella sentenza sul “quantum” oggetto del ricorso nella presente sede di legittimità. La doglianza, confortata dalla inerente documentazione attinente alle vicenda estintiva della società che aveva instaurato la controversia e alla sua sopravenuta incorporazione nella Con.I.Cos. Partecipazioni Generali s.p.a.

anteriormente alla definizione del giudizio di primo grado, coglie nel segno, risultando inequivocabilmente “ex actis” che i difensori della società appellante avevano proposto impugnazione in forza della procura speciale rilasciata a margine dell’atto di citazione riferita alla menzionata società estinta.

In proposito la giurisprudenza di questa Corte (v., sulla questione specifica, Cass., sez. 3^, 6 dicembre 2004, n. 22877, e Cass., sez. 3^, 9 maggio 2008, n. 11532) è univoca nel ritenere che l’incorporazione di una società realizza una situazione giuridica corrispondente a quella della successione universale e produce gli effetti, tra loro indipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità del rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della nuova persona giuridica; pertanto, se tale evento si verifica nel corso del giudizio di primo grado (come verificatosi nel caso di specie), ancorchè in quel giudizio non sia stata dichiarata in udienza (o notificata) l’estinzione della rappresentata, il difensore della società incorporata non può proporre impugnazione a nome della società incorporante, in difetto di espresso e specifico mandato di quest’ultima, avvalendosi della procura conferita dalla società estinta (nè potrebbe ammissibilmente formularla a nome della società incorporata, appunto perchè ormai estinta). In altri termini, una volta estintasi per incorporazione una società nel corso del giudizio di primo grado – e non dichiarato l’evento (come pure verificatosi nella fattispecie dedotta in ricorso) – deve considerarsi inammissibile l’impugnazione proposta dal procuratore della società incorporata a nome dell’incorporante, in difetto del conferimento di una nuova procura. Occorre, peraltro, osservare, in proposito, che il riportato principio, riferito alla società incorporata, non si pone affatto in contrasto con la nuova disposizione prevista dal modificato art. 2504 bis c.c. (per effetto del D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, art. 23, comma 1) che regola, al comma 1, gli effetti della fusione, disponendo che “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione” (cfr., anche, Cass. 7 gennaio 2004, n. 50; Cass. 6 maggio 2005, n. 9423; Cass. 24 maggio 2006, n. 6686, e Cass. 16 febbraio 2007, n. 3695).

Del resto, il recente indirizzo delle S.U. (v. sentenza 14 settembre 2010, n. 19509) ha chiarito che la fusione per incorporazione, che si sia verificata prima dell’entrata in vigore del novellato art. 2504 bis c.c. (ipotesi configuratasi nel caso in esame), ha determinato l’estinzione della società incorporata, non avendo la nuova disciplina normativa della fusione, introdotta dal D.Lgs. n. 6 del 2003, carattere interpretativo ed efficacia retroattiva, ma esclusivamente innovativo. Inoltre, secondo lo stesso avviso delle SU. (v. sentenza 17 settembre 2010, n. 19698), pur dovendosi statuire che il principio desumibile dal nuovo art. 2504 bis – alla stregua del quale la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo – non vale per le fusioni anteriori all’entrata in vigore della innovata disciplina (1 gennaio 2004), queste, tuttavia, pur dando luogo ad un fenomeno successorio, si diversificano dalla successione “mortis causa” (con conseguente inapplicabilità della disciplina dell’interruzione di cui all’art. 299 c.p.c., e segg.), perchè la modificazione dell’organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, con la conseguenza che quella estinta non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce l’incorporante (o la società risultante dalla fusione), che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole. In applicazione di quest’ultima asserzione, le SU. hanno, perciò, stabilito che, in tema di fusione per incorporazione realizzata prima dell’entrata in vigore del novellato art. 2504 bis c.c., l’impugnazione deve considerarsi validamente notificata al procuratore costituito di una società che, successivamente alla chiusura della discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di replica) si sia estinta per incorporazione, se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità della persona giuridica mediante la notificazione di esso.

Questo principio, che fa leva sulla tutela dell’affidamento della parte impugnante ai fini della valutazione della validità della notificazione dell’atto di impugnazione nel caso della sopravvenuta estinzione per fusione della società costituita in primo grado non portata a sua conoscenza, non è, ovviamente, adattabile alla situazione processuale determinatasi nel processo in questione, nel quale la società incorporante, subentrata (al di fuori del processo) prima della definizione del giudizio di prima istanza a quella incorporata, pur avendo la legittimazione a proporre appello in sostituzione di quella appunto incorporata, avrebbe dovuto, quale nuovo soggetto giuridico, conferire una nuova procura al difensore secondo le forme prescritte dall’art. 83 c.p.c. al fine della sua legittima costituzione in giudizio (secondo le modalità e i termini di cui all’art. 347 c.p.c.), non potendo fare affidamento sull’efficacia della procura rilasciata in primo grado (ancorchè riferita anche ai gradi successivi) in quanto imputabile ad una società ormai estinta, alla stregua dei principi generali precedentemente evidenziati.

6. In definitiva, in accoglimento del primo motivo pregiudiziale del ricorso principale e ritenuti assorbiti gli altri motivi dello stesso ricorso principale e il ricorso incidentale (il cui esame è precluso dalla ritenuta fondatezza dell’assorbente doglianza afferente il dedotto vizio processuale), deve concludersi per la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, ricorrendo l’ipotesi prevista dall’art. 382 c.p.c., comma, 3, ultima parte (v. Cass. 26 agosto 2004, n. 17026; Cass. 24 gennaio 2007, n. 1505, e Cass. 13 novembre 2009, n. 24047), poichè l’assenza di una valida procura alle liti avrebbe dovuto impedire lo svolgimento del giudizio di appello, il quale deve essere, perciò, ritenuto nullo con conseguente trasmissione della sua invalidità anche sulla sentenza (quale atto terminate dipendente) intervenuta all’esito del gravame, che ha costituito oggetto del ricorso nella presente sede di legittimità.

7. Con riferimento alle spese, essendo stato deciso il ricorso in base ad un motivo dedotto per la prima volta in questa sede di legittimità (attinente, peraltro, ad una questione rilevabile anche d’ufficio) e non prospettato (nè, quindi, esaminato) già nel giudizio di appello, si ritiene che sussistano idonei motivi per disporne l’integrale compensazione con riferimento a detto giudizio, mentre, con riguardo alla loro disciplina relativa alla presente fase, trova applicazione il principio della soccombenza, con la conseguente condanna al pagamento delle stesse – liquidate come in dispositivo – a carico della controricorrente-ricorrente incidentale Con.I.Cos. Partecipazioni Generali s.p.a..

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Compensa integralmente le spese del giudizio di appello e condanna la controricorrente-ricorrente incidentale CON.I.COS Partecipazioni Generali s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, in favore della ricorrente principale, liquidandole in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011

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