Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4738 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. I, 21/02/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 21/02/2020), n.4738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33877/2018 proposto da:

C.I.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Marco

Giorgetti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in

Corso Mazzini n. 100, Ancona, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 11007/2018 del Tribunale di Ancona, depositato

l’8/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. MARIA GIOVANNA SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato l’8 ottobre 2018 il Tribunale di Ancona ha rigettato delle istanze di protezione internazionale avanzate da C.I.M., cittadino del Senegal, il quale aveva narrato di esser fuggito per sottrarsi ai gruppi di ribelli che attaccavano i villaggi, sequestravano e torturavano gli uomini onde indurli ad arruolarsi.

Il Tribunale ha ritenuto il richiedente non credibile, ha escluso la sussistenza della situazione di violenza indiscriminata in conflitto armato nella Regione di sua provenienza ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Ricorre il richiedente sulla base di tre motivi. L’Amministrazione è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 18 del 2014, in relazione alla Direttiva 2011/95/UE e vizio di motivazione. Per effetto di un approccio settoriale alla realtà sociopolitica senegalese, lamenta il ricorrente, il Tribunale è incorso nella denunciata violazione di legge, per non aver considerato che l’Italia ha recepito la Direttiva 2011/95/UE senza richiamare l’art. 8 della medesima, relativa alla protezione interna al Paese d’origine. Da tanto consegue che “o si considera il Paese d’origine interamente soggetto a protezione o non lo si considera tale”.

2. Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c.. E’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Cass. n. 2294 del 2012, n. 8399 del 2014; 5674 del 2018; n. 28433 del 2018; n. 13088 del 2019) e di essa il motivo non tiene conto, il principio secondo cui la realtà della zona di provenienza di un richiedente asilo è rilevante, essendo stato, appunto, affermato che il riconoscimento della protezione internazionale deve essere escluso nell’ipotesi in cui il pericolo di persecuzione non sussiste nella parte di territorio del paese di origine dalla quale il richiedente proviene, caso che è inverso rispetto a quello, di cui all’art. 8 della direttiva 2004/83/CE ed all’art. 8 della direttiva 2011/95/UE e non recepito nel nostro ordinamento, che consente il rifiuto della protezione nell’ipotesi in cui il pericolo di persecuzione sussista nel territorio di provenienza, ma potrebbe essere evitato con il trasferimento del richiedente in altra parte del territorio del medesimo paese in cui tale pericolo non sussiste.

3. Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c); D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1; D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 c-ter e vizio di motivazione.

Il ricorrente lamenta che il Tribunale è pervenuto ad una valutazione erronea e, pure, smentita da giurisprudenza di merito, circa la situazione esistente nella zona del Casamance in relazione al rischio di grave danno o alla compressione dei diritti fondamentali. Aggiunge che tale situazione avrebbe potuto, comunque, esser valutata ai fini della concessione del permesso umanitario.

4. Col terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e vizio di motivazione, per non avere il tribunale ritenuto sussistere la situazione di violenza indiscriminata ai fini della tutela richiesta.

5. I motivi, da valutarsi congiuntamente, sono inammissibili.

6. Va premesso che la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), deve essere interpretata in conformità della fonte Eurounitaria di cui è attuazione (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE), in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C542/13, par. 36), secondo cui i rischi a cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa di norma non costituiscono di per sè una minaccia individuale da definirsi come danno grave (v. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE), sicchè “l’esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 15, lett. c), della direttiva, a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07 e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018; n. 9090 del 2019).

7. L’accertamento in concreto della sussistenza di una situazione siffatta attiene al giudizio di fatto, rimesso, al giudice del merito, che potrà essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5, che limita il sindacato sulla motivazione ai soli casi di violazione del minimo costituzionale ed ha introdotto il vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Nella specie, il Tribunale ha affermato, sulla scorta dei richiamati reports, che la battaglia per l’indipendenza della regione del Casamance registra una situazione di tregua che in atto perdura ed hai in conseguenza, escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ed il motivo non indica il fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso e che avrebbe condotto ad una decisione differente, ma richiama fonti diverse rispetto a quelle tenute in considerazione dal Tribunale e così sollecita un’inammissibile rivisitazione dell’apprezzamento di fatto compiuto in sede di merito circa i paventati rischi in caso di rientro nel paese di origine. Resta da aggiungere che la violazione dei precetti di cui alle lettere a) e b) dell’art. 14 della Direttiva qualifiche, la cui violazione è pur menzionata nel titolo del secondo motivo, non risulta poi svolta nel contesto dello stesso.

8. Quanto al permesso umanitario, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte costituisce una misura residuale, per garantire le situazioni, da individuare caso per caso, nelle quali, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), non possa disporsi tuttavia l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. n. 4455 del 2018; n. 23604 del 2017; n. 15466 del 2014, n. 26566 del 2013). Tale vulnerabilità deve esser, poi, riconnessa non alla generale condizione del Paese di provenienza ma al rischio del medesimo richiedente di subire nel Paese d’origine una significativa ed effettiva compromissione dei diritti fondamentali inviolabili (Cass. n. 4455 del 2018 cit.). 9. Nella specie il giudice del merito ha escluso la sussistenza di una condizione di vulnerabilità, ed il ricorrente, pur invocando i principi giurisprudenziali in tema di protezione umanitaria, omette di allegarla, limitandosi ad affermare di esser giovane e privo di riferimenti affettivi e materiali.

10. Non va provveduto sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2020

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