Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4738 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. I, 14/02/2022, (ud. 04/02/2022, dep. 14/02/2022), n.4738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21670/2017 r.g. proposto da:

CASSA DI RISPARMIO DEL VENETO S.P.A., (già Cassa di Risparmio di

Padova e Rovigo s.p.a.), con sede legale in (OMISSIS), in persona

del suo procuratore speciale Avv. G.T., rappresentata e

difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso,

dall’Avvocato Andrea Maturo, con cui elettivamente domicilia in

Roma, al Largo di Torre Argentina n. 11, presso lo studio

dell’Avvocato Dario Martella;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del curatore Dott.

P.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata

in calce al controricorso, dall’Avvocato Daniela Beccarello, con cui

elettivamente domicilia in Roma, alla Piazza dei Prati degli Strozzi

n. 22, presso lo studio dell’Avvocato Maria Francesca Fera;

– controricorrente –

e

B.A., e C.D., entrambi rappresentati e

difesi, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso,

dall’Avvocato Carlo Covini, con cui elettivamente domiciliano in

Roma, alla Piazza dei Prati degli Strozzi n. 22, presso lo studio

dell’Avvocato Maria Francesca Fera;

– controricorrenti –

avverso la sentenza, n. cron. 1159/2017, della CORTE DI APPELLO DI

VENEZIA depositata in data 31/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 04/02/2022 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto notificato l’11 giugno 2007, la (OMISSIS) s.r.l. citò la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a. davanti al Tribunale di Bassano del Grappa onde ottenerne la condanna alla restituzione, in suo favore, di somme asseritamente non dovute relativamente ai rapporti di c/c n. (OMISSIS), n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), dalla stessa già intrattenuti presso il menzionato istituto di credito, perché conseguenti all’applicazione ivi di interessi debitori usurari e superiori al tasso legale, di loro capitalizzazione trimestrale, di commissioni di massimo scoperto, ulteriori commissioni ed altri oneri non spettanti, con adozione di errate valute.

1.1. Il successivo 18 luglio 2007, poi, la medesima società propose ricorso ex art. 696-bis c.p.c. chiedendo disporsi una consulenza tecnica di ufficio diretta a ricostruire il saldo contabile di quei conti.

1.2. Costituitasi la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a. ed intervenuti volontariamente B.A. e C.D., questi ultimi associatisi alle domande dell’attrice, l’adito tribunale, con sentenza del 7/18 settembre 2012, n. 443, dichiarata la nullità delle clausole, presenti nei predetti contratti di c/c, di applicazione di interessi passivi ultralegali, di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, nonché di applicazione degli interessi per cosiddetti “giorni valuta”, condannò la banca convenuta a corrispondere al Fallimento (OMISSIS) s.r.l. (medio tempore pronunciato ed avendo la curatela coltivato il giudizio) Euro 46.636,69, quanto al c/c n. (OMISSIS), ed Euro 24.938,34 con riguardo al c/c n. (OMISSIS), oltre interessi legali dalla domanda giudiziale. Compensò, inoltre, le spese processuali.

2. I gravami autonomamente proposti contro questa decisione dal menzionato Fallimento e dalla Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. (già Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a.), sono stati riuniti dall’adita Corte di appello di Venezia, che decidendoli, ha pronunciato, nel contraddittorio con B.A. e C.D., la sentenza del 31 maggio 2017, n. 1159, con cui ha così statuito: “1 – in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l., determina il saldo finale del conto corrente, già intestato a (OMISSIS) s.r.l., n. (OMISSIS) in Euro 42.790,00 a credito di (OMISSIS) s.r.l.; 2 – in parziale accoglimento dell’appello proposto da Cassa di Risparmio del Veneto, determina il saldo finale del conto corrente, già intestato a (OMISSIS) s.r.l., n. (OMISSIS) in Euro 55.187,76 a credito di (OMISSIS) s.r.l.; 3 – condanna, per l’effetto, Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. alla corresponsione, in favore del Fallimento di (OMISSIS) s.r.l., delle somme di Euro 42.790,00, quanto al conto n. (OMISSIS), e di Euro 55.187,76, quanto al conto n. (OMISSIS); 4 – rigetta, per il resto, gli appelli reciprocamente proposti dalle parti; 5 – compensa nella misura di un terzo le spese processuali di primo e di secondo grado, e condanna Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. alla rifusione, in favore del Fallimento di (OMISSIS), dei residui due terzi, che liquida, per detta parte, per il primo grado, in Euro 8.954,00 per compensi, oltre 15% quale rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge, e, per il presente grado di giudizio, in Euro 6.344,00 per compensi, oltre 15% quale rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge; 5 – pone gli oneri di CTU, per un terzo, a carico del Fallimento di (OMISSIS) s.r.l. e, per il resto, a carico di Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a.”.

2.1. Per quanto qui residuo di interesse, quella corte, nel disattendere la censura della Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. riguardante un “preteso macroscopico errore di interpretazione delle clausole contrattuali e di corretta applicazione delle stesse con riferimento al c/c n. (OMISSIS)”, ha osservato che: i) “la lettera di apertura di c/c è del (OMISSIS) (doc. 9 Banca), che riporta un tasso debitore del 15,25% e una CMS dello 0,875%; la lettera di apertura di credito ipotecario del (OMISSIS) (doc. 5 Banca) indica, invece, un tasso debitore del 13,50% e una CMS di 0,750% per trimestre o frazione sugli utilizzi entro l’apertura di credito e di 0,875% sugli utilizzi eccedenti l’apertura di credito, nonché un tasso debitore per lo scoperto di c/c di 15,50%. Orbene, se si considera il contratto del (OMISSIS), è evidente che il tasso di interesse pattuito è di per sé eccedente il livello soglia riferito al primo trimestre 2000 (pari al 13,77% per interessi e 0,66% per CMS) e anche al secondo semestre del 2000 (pari a 14,295% per interessi e 0,675% per CMS: vedasi dati CTU)”; ii) “sostiene la Banca che siccome il conto corrente funge esclusivamente da conto di appoggio dell’affidamento, ove vengono annotate le singole poste di utilizzo della linea di credito concessa – come emerge dalla volontà delle parti espressa nel contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria del 7.04.2000, Rep. 86.404, Notaio F. di Bassano del Grappa (doc. 6 Banca) e dall’effettiva operatività del conto, sempre utilizzato intra-fido (pag. 36 e 37 CTU) -, l’utilizzo della linea di credito sarà disciplinata dal contratto di apertura di credito del (OMISSIS), e non dal contratto di conto corrente del (OMISSIS). L’assunto non è condivisibile, atteso che le condizioni che regolano il rapporto di apertura di conto corrente sono quelle di cui al doc. 9 della Banca, sulle quali non possono prevalere, ai fini della ricostruzione del saldo contabile del conto corrente, quelle diverse di cui al doc. 5 della medesima Banca”; iii) “in ogni caso, anche laddove, in considerazione dell’operatività di tale conto corrente e del contenuto del contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria del (OMISSIS), che prevede pressoché tutte le modalità tecnico-operative possibili, quali quelle rilevate dagli estratti conto del c/c n. (OMISSIS), il contratto di conto corrente in questione fosse mero conto di appoggio della ridetta apertura di credito, le condizioni indicate nella lettera datata (OMISSIS) e che regolano l’apertura di credito prevedono l’applicazione di interessi usurari. Infatti, va considerato non solo il saggio di interesse convenzionale del 13,50%, che diventa del 15,50% in caso di scoperto di c/c, ma anche la previsione della capitalizzazione trimestrale degli interessi e l’applicazione della CMS, ciò che conduce alla determinazione di un tasso di interesse superiore a quello soglia. Invero, il tasso annuo nominale del 13,5% è pari al tasso annuo effettivo del 14,199% e al tasso annuo effettivo globale del 14,499%, ottenuto sommando l’eccedenza totale – vale a dire con computo su base annua – (0,300%) della CMS pattuita (0,750% per trimestre o frazione sugli utilizzi entro l’apertura di credito e di 0,875% sugli utilizzi eccedenti l’apertura di credito) rispetto al tasso soglia CMS del secondo trimestre 2000 (pari a 0,675%), e il TAEG risulta superiore al tasso soglia del periodo, pari al 14,295%”; iv) “non sono, d’altro canto, condivisibili le osservazioni alla CTU proposte dal CTP della Banca e alle quali ha risposto in modo congruo ed approfondito il CTU in data 24.10.2016”; v) “la somma tra interessi e CMS”, nel senso e nei limiti descritti dal c.t.u. e secondo il metodo da lui utilizzato, “e’ conforme al dettato della Suprema Corte” individuato nella pronuncia resa da Cass. n. 12965 del 2016.

3. Avverso questa decisione, ha promosso ricorso per cassazione la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. (già Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a.), affidandosi, complessivamente, a 5 motivi. Hanno resistito, con distinti controricorsi, il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. nonché B.A. e C.D., questi ultimi proponendo anche ricorso incidentale “subordinato” recante un motivo illustrato anche da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In estrema sintesi, i formulati motivi del ricorso della Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. denunciano, rispettivamente, in via principale:

I) “Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per difetto di motivazione in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) “, perché il Giudice di secondo grado, nel ritenere prevalenti, quanto al tasso debitore concretamente utilizzabile, le condizioni contrattuali contenute nel contratto di conto corrente del (OMISSIS) rispetto a quelle previste nel contratto di apertura di credito in conto corrente del (OMISSIS), – entrambi stipulati tra Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a. e (OMISSIS) s.r.l. (ora in fallimento) – non ha indicato gli elementi di fatto e diritto su cui ha basato il proprio decisum, risultando, quindi, del tutto assente la corrispondente motivazione.

In subordine, “nella denegata ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte di cassazione ritenga che la sentenza impugnata sia motivata”:

II) “Violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) degli artt. 1842 e 1852 c.c.”, perché la corte distrettuale, nel considerare prevalenti le pattuizioni contenute nel contratto di conto corrente del (OMISSIS) rispetto a quanto sancito nel contratto di apertura di credito in conto corrente del (OMISSIS), non ha correttamente individuato la tipologia contrattuale prevalente;

III) “Violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) degli artt. 1362 e 1363 c.c.”. La doglianza, sviluppata in tre profili, censura la sentenza d’appello nella parte in cui, nel ritenere prevalenti le condizioni, relative al tasso debitore, contenute nel contratto di conto corrente del (OMISSIS) rispetto a quelle del contratto di apertura di credito in conto corrente del (OMISSIS), non ha applicato correttamente i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. rispetto al contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria rogato per atto del Notaio F. in data (OMISSIS) (Rep. 86404; Racc. n. 24904);

IV) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2, della L. n. 108 del 1996, art. 2 del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1, comma 1, convertito con L. n. 24 del 2001, della L. n. 2 del 2009, art. 2-bis, comma 2, e dell’art. 644 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Si ascrive alla corte lagunare di avere violato le norme che disciplinano il limite oltre il quale gli interessi corrispettivi sono usurari in relazione al contratto di apertura di credito in conto corrente del (OMISSIS).

In ulteriore subordine, “nella denegata ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte di cassazione ritenga di non accogliere i primi quattro motivi di impugnazione”:

V) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2, della L. n. 108 del 1996, art. 2-bis, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, art. 1, comma 1, convertito con L. n. 24 del 2001 e dell’art. 644 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Si contesta alla corte veneziana di avere violato le norme che disciplinano i criteri di determinazione del tasso soglia usura degli interessi di mora in relazione al contratto di conto corrente del (OMISSIS).

2. L’unico motivo di ricorso incidentale “subordinato” del B. e della C. prospetta, invece, la “violazione dell’art. 644 c.p., art. 1815 c.c. e della L. n. 108 del 1996, art. 1”. Si assume che, “nella denegata ipotesi che la Corte accolga il ricorso della Banca, nascerebbe allora l’interesse in capo a parte intimata ad impugnare la sentenza della Corte d’appello nella parte in cui non ha applicato la normativa antiusura di cui all’art. 644 c.p., art. 1815 c.c. e della L. n. 108 del 1996, art. 1 in relazione alle spese non giustificate che costituiscono pertanto interessi. In tal modo, anche non applicando la CMS nel calcolo del tasso soglia ed accogliendo gli altri motivi della banca, comunque in base alla CTU risulta applicata l’usura e il risultato finale non cambierà”.

3. Il primo dei descritti motivi del ricorso principale si rivela inammissibile.

3.1. Invero, la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a., muovendo dal rilievo che la corte territoriale ha disatteso il proprio assunto secondo cui il conto corrente del (OMISSIS), n. (OMISSIS), acceso presso la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo s.p.a. dalla (OMISSIS) s.r.l. in bonis, fungeva esclusivamente da conto di appoggio in cui venivano annotate le singole poste di utilizzo dell’apertura di credito di cui al successivo contratto del (OMISSIS), pure sottoscritto tra le medesime parti, sicché erano le condizioni di quest’ultimo, piuttosto che quelle del primo, a dover trovare applicazione per stabilire se gli interessi pattuiti superassero il tasso soglia di cui alla L. n. 108 del 1996, art. 2 oltre il quale si saqrebbero dovuto considerare usurari, lamenta che la motivazione adottata sul punto dalla sentenza impugnata (“L’assunto non è condivisibile, atteso che le condizioni che regolano il rapporto di apertura di conto corrente sono quelle di cui al doc. 9 della Banca (quelle, cioè, relative alla lettera/contratto di conto corrente del (OMISSIS). Ndr), sulle quali non possono prevalere, ai fini della ricostruzione del saldo contabile del conto corrente, quelle diverse di cui al doc. 5 della medesima Banca (quelle concernenti la lettera/contratto di apertura di credito del (OMISSIS). Ndr)”) sarebbe “del tutto assente” perché non indica “gli elementi di fatto e diritto su cui si è basato il decisum”.

3.2. Osserva, tuttavia, il Collegio che la ricorrente principale mostra di obliterare completamente il successivo passo motivazionale rinvenibile, sul punto, nella sentenza impugnata (“in ogni caso, anche laddove, in considerazione dell’operatività di tale conto corrente e del contenuto del contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria del (OMISSIS), che prevede pressoché tutte le modalità tecnico-operative possibili, quali quelle rilevate dagli estratti conto del c/c n. (OMISSIS), il contratto di conto corrente in questione fosse mero conto di appoggio della ridetta apertura di credito, le condizioni indicate nella lettera datata (OMISSIS) e che regolano l’apertura di credito prevedono l’applicazione di interessi usurari. Infatti, va considerato non solo il saggio di interesse convenzionale del 13,50%, che diventa del 15,50% in caso di scoperto di c/c, ma anche la previsione della capitalizzazione trimestrale degli interessi e l’applicazione della CMS, ciò che conduce alla determinazione di un tasso di interesse superiore a quello soglia. Invero, il tasso annuo nominale del 13,5% è pari al tasso annuo effettivo del 14,199% e al tasso annuo effettivo globale del 14,499%, ottenuto sommando l’eccedenza totale – vale a dire con computo su base annua – (0,300%) della CMS pattuita (0,750% per trimestre o frazione sugli utilizzi entro l’apertura di credito e di 0,875% sugli utilizzi eccedenti l’apertura di credito) rispetto al tasso soglia CMS del secondo trimestre 2000 (pari a 0,675%), e il TAEG risulta superiore al tasso soglia del periodo, pari 14,295%”), che, indubbiamente: i) rappresenta una ratio decidendi ulteriore ed autonoma rispetto all’affermazione oggi censurata con l’unica sua doglianza formulata in via principale; ii) è assolutamente idonea a sorreggere, da sola, la conclusione della corte distrettuale circa la ritenuta natura usuraria degli interessi predetti.

3.2.1. Pertanto, tenendosi conto pure di quanto appresso si dirà circa il quarto motivo di ricorso (terzo di quelli proposti in via subordinata) della menzionata Cassa, deve trovare applicazione il principio secondo cui, ove la corrispondente motivazione della sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata sul punto, l’omessa o inadeguata impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata o inadeguatamente censurata, non potrebbe produrre in alcun caso l’annullamento, in parte qua, della sentenza (cfr., ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 22697 del 2021; Cass. n. 3194 del 2021; Cass. n. 15075 del 2018; Cass. n. 18641 del 2017; Cass. n. 15350 del 2017).

4. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso della Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a., formulati in via dichiaratamente subordinata al mancato accoglimento del primo, (“nella denegata ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte di cassazione ritenga che la sentenza impugnata sia motivata”), sono parimenti inammissibili perché investono, sebbene sotto profili differenti, esclusivamente la sola ratio decidendi già contestata con il primo motivo, non anche l’altra di cui si è detto, dovendosi puntualizzare, altresì, che il fatto che le operazioni di apertura di credito fossero eseguite in conto corrente non privavano il contratto di conto corrente bancario dalla sua autonomia (cfr., in motivazione, Cass. n. 8711 del 2006, sebbene dettata in fattispecie di recesso da contratto di apertura di credito).

4.1. Essi, peraltro, richiamano ripetutamente atti e documenti del giudizio di merito, di cui non sempre riproducono, anche solo riassuntivamente, i rispettivi contenuti. E’ noto, invece, che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (cfr. Cass., SU, n. 34469 del 2019).

4.2. Va ricordato, infine, che, come ancora recentemente ribadito, nelle rispettive motivazioni, da Cass. n. 25909 del 2021, Cass. n. 14938 del 2018 e Cass. n. 25470 del 2019, l’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, il cui esito, – sebbene censurabile davanti a questa Suprema Corte solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé (occorrendo, altresì, riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo dell’atto nella parte in questione) – per sottrarsi al sindacato di legittimità, non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., ex plurimis, pure nelle loro motivazioni, Cass. n. 24539 del 2009, Cass. n. 2465 del 2015, Cass. n. 10891 del 2016; Cass. n. 7963 del 2018).

5. Il quarto motivo del ricorso principale (anch’esso formulato in via dichiaratamente subordinata al mancato accoglimento del primo), che investe l’altra, autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata – secondo cui, “in ogni caso”, anche a voler considerare il c/c n. (OMISSIS) come mero conto di appoggio delle operazioni nascenti dalla contratto di apertura di credito del (OMISSIS), le pattuizioni complessivamente regolanti quest’ultimo rivelano l’applicazione di interessi usurari – è insuscettibile di accoglimento.

5.1. Giova premettere, invero, che nella censura in esame, dopo l’elencazione delle norme (L. n. 108 del 1996, art. 2; art. 1815 c.c.; D.L. n. 394 del 2000, art. 1 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 24 del 2001; art. 644 c.p.) che disciplinano il limite oltre il quale gli interessi devono considerarsi usurari, si legge, tra l’altro, che: i) “a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 2 del 2009 (di conversione del D.L. n. 185 del 2008), è sorta questione interpretativa sulla rilevanza della commissione di massimo scoperto ai fini dell’accertamento dell’usurarietà del tasso d’interesse in relazione ai contratti (come quello in esame. Ndr) stipulati prima dell’1.01.2010”; ii) Cass. n. 12965 del 2016, richiamata pure dalla corte distrettuale, ha sancito che “il D.L. n. 185 del 2008, art. 2-bis introdotto con la Legge di conversione n. 2 del 2009, non è norma di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., comma 3, ma disposizione con portata innovativa dell’ordinamento, intervenuta a modificare – per il futuro – la complessa disciplina anche regolamentare (richiamata dall’art. 644 c.p., comma 4) tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari. Ne deriva, che per i rapporti bancari esauritisi prima del 1 gennaio 2010 (come quello di cui oggi si discute. Ndr), allo scopo di valutare il superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non deve tenersi conto delle CMS applicate dalla banca ma occorre procedere ad un apprezzamento nel medesimo contesto di elementi omogenei della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso-soglia usurario”; iii) “la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. ritiene condivisibile” l’appena riportato principio di diritto, ma la Corte d’Appello di Venezia, pur asserendo di aderirvi, “fonda (..) la propria decisione su principi totalmente differenti. Afferma, infatti, il Collegio che, ai fini della valutazione del superamento del tasso soglia di usura quanto all’apertura di credito stipulata con contratto del (OMISSIS) (e quindi anteriore al 1.1.2010), “va considerato non solo il saggio di interesse convenzionale del 13,50%, che diventa del 15,50% in caso di scoperto di c/c, ma anche la previsione della capitalizzazione trimestrale degli interessi e l’applicazione della CMS, ciò che conduce alla determinazione di un tasso di interesse superiore a quello soglia” (…). Inoltre la Corte d’Appello ha affermato che: “il metodo utilizzato dal CTU è conforme al dettato della Suprema Corte””; iv) “La Corte d’Appello ha violato la normativa citata che disciplina il limite oltre il quale gli interessi sono usurari, nel far proprio il metodo di calcolo elaborato dal C.T.U. nei termini di seguito specificati e nel ritenere tale metodo conforme al dettato della Suprema Corte. Infatti il C.T.U, in sede di chiarimenti resi nel giudizio d’appello, ha illegittimamente introdotto la c.m.s. nel calcolo del tasso soglia. Il perito, infatti, ha valorizzato l’eccedenza del tasso c.m.s. previsto nel contratto (0,750% per trimestre o frazione sugli utilizzi entro l’apertura di credito) rispetto al tasso soglia del secondo trimestre 2000 (pari allo 0,675%); l’eccedenza pari allo 0,075% è stata “annualizzata” dal CTU allo 0,300% (cfr. integrazione C.T.U. 3.12.2015 alla richiesta di chiarimenti, pagg. 5-6). Nella succitata integrazione di C.T.U., tale valore è stato poi sommato al tasso annuo effettivo calcolato come supra commentato, pervenendo ad un tasso complessivo pari a 14,499% e quindi asseritamente superiore al tasso soglia del periodo (14,295%). Come ampiamente argomentato nel corso del giudizio d’appello dalla Cassa di Risparmio del Veneto risulta assolutamente illegittimo tale metodo di calcolo del tasso soglia in quanto introduce nella formula del calcolo del TEG anche l’indice di commissione di massimo scoperto: invero tale formula di calcolo appare scorretta trattandosi di rapporto sorto (ed esaurito) ante L. n. 2 del 2009″.

5.2. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che la menzionata Cass. n. 12965 del 2016, dopo avere sancito come la ivi richiamata nuova disciplina in tema di c.m.s. fosse priva di un chiaro regime di diritto intertemporale rivolto al periodo precedente alla sua entrata in vigore, altresì, escludendo che la stessa avesse i caratteri della legge di interpretazione autentica (sulla impossibilità di qualificare il D.L. n. 185 del 2008, art. 2-bis come norma di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p., comma 4, si vedano anche Cass. n. 22270 del 2016, nonché la più recente Cass., SU. n. 16303 del 2018) ricorrendo, invece, “un vero e proprio mutamento innovativo nella disciplina complessivamente intesa” (in quest’ultima ricomprendendo anche gli atti di valore regolamentare e cioè i decreti ministeriali individuanti trimestralmente le soglie antiusura nonché annualmente la classificazione delle operazioni omogenee), ha affermato che, per i rapporti bancari esauritisi prima del 1 gennaio 2010 (come quello di cui oggi si discute), “allo scopo di valutare il superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non deve tenersi conto delle CMS applicate dalla banca ma occorre procedere ad un apprezzamento nel medesimo contesto di elementi omogenei della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso-soglia usurario”.

5.2.1. Più in particolare, si legge nella menzionata pronuncia (cfr. pag. 14-15) che “l’apprezzamento nel medesimo contesto di tutti gli elementi determinativi della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire, come accaduto, ad una unitaria e complessiva individuazione della incidenza della loro finale entità, deve in realtà essere rivisto, essendo il giudice di merito tenuto a considerare l’autonomia della CMS, elemento non coincidente ex se con gli altri conteggiabili, ratione temporis, nella specifica ricostruzione del tasso-soglia usurario. Ogni eccedenza della CMS in concreto praticata rispetto alle entità massime fissate pro tempore dalle Istruzioni della Banca d’Italia non realizza pertanto di per sé un fattore rilevante al fine del superamento del tasso-soglia usurario, trattandosi di elemento diverso nella fattispecie storica e perciò – non calcolabile nel medesimo coacervo di fattori di costo; pertanto, l’eventuale usurarietà del rapporto bancario può conseguire solo da una giustapposizione che, assumendo dal valore percepito di periodo la CMS e riscontratane in ipotesi il superamento di percentuale rispetto a quella massima, vada ad aggiungere tale costo improprio e non dovuto all’interesse propriamente detto, verificando se, per tale via, non sia stato superato in modo indiretto il tasso-soglia per aver questo così oltrepassato lo spread del TEGM, addizionandosi ad un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbia tuttavia operato non come CMS bensì come remunerazione sostanzialmente coincidente con l’interesse”.

5.3. E’ poi doveroso ricordare che la già menzionata Cass., SU., n. 16303 del 2018, dopo aver chiarito che l’esclusione del carattere interpretativo, e quindi retroattivo, del D.L. n. 185 del 2008, art. 2-bis non è decisiva per la soluzione della questione della rilevanza, o meno, delle commissioni di massimo scoperto ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta secondo la disciplina vigente nel periodo anteriore alla data dell’entrata in vigore di tale disposizione, e, dunque, in particolare, quanto ai rapporti esauritisi in tale periodo, come quello del presente giudizio, ha puntualizzato che: i) “la commissione di massimo scoperto, quale “corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto… calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento”, 114, non può non rientrare tra le “commissioni” o “remunerazioni” del credito menzionate sia dall’art. 644 c.p., comma 4, (determinazione del tasso praticato in concreto) che dalla L. n. 108 del 1996,art. 2, comma 1, (determinazione del TEGM), attesa la sua dichiarata natura corrispettiva rispetto alla prestazione creditizia della banca”; ii) non persuade la circostanza, pure sottolineata da Cass. n. 12965 del 2016 e Cass. n. 22270 del 2016, oltre che da parte della dottrina, “che i decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, appena richiamato, non includono le commissioni di massimo scoperto nel computo del TEGM, e quindi del tasso soglia, sicché sarebbe illegittimo prenderle in considerazione ai fini della determinazione del tasso praticato in concreto, e ciò in considerazione di quella esigenza di simmetria di cui si è detto più sopra, per la quale tra l’uno e l’altro tasso, da porre a confronto, deve esservi omogeneità”. Invero, “l’indicata esigenza di omogeneità, o simmetria, è indubbiamente avvertita dalla legge, la quale (…) disciplina la determinazione del tasso in concreto e del TEGM prendendo in considerazione i medesimi elementi, tra i quali va inclusa (…) anche la commissione di massimo scoperto, quale corrispettivo della prestazione creditizia. La circostanza che i decreti ministeriali di rilevazione del TEGM non includano nel calcolo di esso anche tale commissione, rileva invece ai fini della verifica di conformità dei decreti stessi, quali provvedimenti amministrativi, alla legge di cui costituiscono applicazione, in quanto la rilevazione sarebbe stata effettuata senza tener conto di tutti i fattori che le legge impone di considerare. La mancata inclusione delle commissioni di massimo scoperto nei decreti ministeriali, in altri termini, non sarebbe idonea ad escludere che la legge imponga di tenere conto delle stesse nel calcolo così del tasso praticato in concreto come del TEGM e, quindi, del tasso soglia con il quale confrontare il primo; essa imporrebbe, semmai, al giudice ordinario di prendere atto della illegittimità dei decreti e di disapplicarli (con conseguenti problemi quanto alla stessa configurabilità dell’usura presunta, basata sulla determinazione del tasso soglia sulla scorta delle rilevazioni dei tassi medi mediante un atto amministrativo di carattere generale)”; iii) “L’ipotesi di illegittimità dei decreti sotto tale profilo, tuttavia, non avrebbe fondamento, perché non è esatto che le commissioni di massimo scoperto non siano incluse nei decreti ministeriali emanati nel periodo, che qui interessa, anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 185 del 2008, art. 2-bis cit.. Dell’ammontare medio delle CMS, espresso in termini percentuali, quei decreti danno in realtà atto, sia pure a parte (in calce alla tabella dei TEGM), seguendo le indicazioni fornite dalla Banca d’Italia nelle più volte richiamate Istruzioni come formulate sin dalla prima volta il 30 settembre 1996 e come successivamente aggiornate sino al febbraio 2006, le quali chiariscono che “la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG. Essa viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali” e che “il calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto va effettuato, per ogni singola posizione, rapportando l’importo della commissione effettivamente percepita all’ammontare del massimo scoperto sul quale è stata applicata” (l’aggiornamento successivo effettuato nell’agosto 2009, uniformandosi al disposto del D.L. n. 185 del 2008, art. 2-bis cit., nel frattempo entrato in vigore, inserisce invece la CMS nel calcolo del TEGM). La presenza di tale dato nei decreti ministeriali è sufficiente per escludere la difformità degli stessi rispetto alle previsioni di legge, perché consente la piena comparazione – tenendo conto di tutti gli elementi che la legge prevede, comprese le commissioni di massimo scoperto – tra i corrispettivi della prestazione creditizia praticati nelle fattispecie concrete e il tasso soglia: nel che si sostanzia, appunto, la funzione propria dei decreti in questione, la quale è dunque adempiuta.

La funzione dei decreti in questione è dunque essenzialmente di rilevazione dei dati necessari ai fini della determinazione del tasso soglia, in vista della comparazione, con questo, delle condizioni praticate in concreto dagli operatori. Ebbene, anche la rilevazione dell’entità delle CMS è contenuta nei decreti emanati nel periodo precedente all’entrata in vigore del D.L. n. 185 del 2008, art. 2-bis. La circostanza che tale entità sia riportata a parte, e non sia inclusa nel TEGM strettamente inteso, è un dato formale non incidente sulla sostanza e sulla completezza della rilevazione prevista dalla legge, atteso che (…) viene comunque resa possibile la comparazione di precise quantità ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta, secondo la ratio ispiratrice dell’istituto”; iv) “La comparazione di cui trattasi si rivela soltanto più complessa (peraltro non eccessivamente), perché le commissioni di massimo scoperto, essendo rilevate separatamente secondo grandezze non omogenee rispetto al tasso degli interessi (a differenza degl’interessi, si calcolano sull’ammontare della sola somma corrispondente al massimo scoperto raggiunto nel periodo di riferimento e senza proporzione con la durata del suo utilizzo), devono conseguentemente essere oggetto di comparazione separata – ancorché coordinata – rispetto a quella riguardante i restanti elementi rilevanti ai fini del tasso effettivo globale di interesse, espressi nella misura del TEGM. La stessa Banca d’Italia, del resto, preso atto degli orientamenti che andavano profilandosi nella giurisprudenza di merito sulla rilevanza delle commissioni di massimo scoperto agli effetti dell’usura presunta, nel Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005 ha indicato modalità di comparazione che tengono conto appunto dell’esigenza di non trascurare, nel confronto, l’incidenza delle commissioni di massimo scoperto. Secondo tali indicazioni, la verifica del rispetto delle soglie di legge richiede, accanto al calcolo del tasso in concreto praticato e al raffronto di esso con il tasso soglia, “il confronto tra l’ammontare percentuale della CMS praticata e l’entità massima della CMS applicabile (cd. CMS soglia), desunta aumentando del 50 % l’entità della CMS media pubblicata nelle tabelle” (la L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4 prima della modifica introdotta con il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, conv., con modif. nella L. 12 luglio 2011, n. 106, prevedeva appunto che il tasso soglia era costituito dal TEGM aumentato della metà). “Peraltro – prosegue la Banca d’Italia – l’applicazione di commissioni che superano l’entità della “CMS soglia” non determina, di per sé, l’usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate. A tal fine, per ciascun trimestre, l’importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l’ammontare degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto praticati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti (“margine”). Qualora l’eccedenza della commissione rispetto alla “CMS soglia” sia inferiore a tale “margine” è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge”. Tali modalità (cui fa sostanzialmente cenno la stessa Cass. Sez. Prima civile n. 12965 del 2016, cit.) appaiono rispettose del dettato normativo, rispondendo all’esigenza di realizzare una comparazione piena, sotto tutti gli aspetti rilevanti secondo la legge, delle condizioni praticate in concreto con quelle previste quale soglia dell’usura, e di rilevare il superamento di tale soglia tutte le volte in cui la banca abbia effettivamente preteso dal cliente corrispettivi eccedenti la stessa”.

5.4. Tanto premesso, la corte lagunare, nel descrivere l’operato del consulente d’ufficio, ha riferito, innanzitutto, che quest’ultimo “ha spiegato che “qualora la verifica del tasso soglia applicato alla CMS (applicata sullo coperto che eccede l’affidamento) abbia dato esito positivo, ovvero la CMS superi quella rilevata dalla Banca d’Italia aumentata del 50%, l’ammontare eccedente è stato sommato agli interessi posti al numeratore della formula per la verifica del tasso di usura sul conto corrente”, secondo la formula riportata a pag. 14 dell’elaborato scritto del 31.3.200. (…). Pertanto, poiché la parte di addebito a titolo di CMS eccedente quella rilevata dalla Banca d’Italia (aumentata del 50%) è stata considerata come addebitata a titolo di interesse, andando a sommarsi agli ulteriori importi effettivamente addebitati dalla Banca a tale titolo, è evidente che il confronto è stato operato considerando dati omogenei. In altre parole, il tasso di interesse pur se nominativamente comprensivo di una quota di CMS, di fatto non lo e’, poiché quella quota (eccedente la CMS rilevata da Banca d’Italia aumentata del 50%) è stata considerata addebito per interessi tout court”.

5.4.1. La stessa, poi, dopo aver rilevato che il tasso annuo nominale del 13,5% del contratto di apertura di credito del (OMISSIS) è pari al tasso annuo effettivo del 14,199% ed al tasso annuo effettivo globale del 14,499%, “ottenuto sommando l’eccedenza totale – vale a dire con computo su base annua – (0,300%) della CMS pattuita (0,750% per trimestre o frazione sugli utilizzi entro l’apertura di credito e di 0,875% sugli utilizzi eccedenti l’apertura di credito) rispetto al tasso soglia CMS del secondo trimestre 2000 (pari a 0,675%)”, e che “il TAEG risulta superiore al tasso soglia del periodo, pari al 14,295%”, ha giudicato non condivisibili “le osservazioni alla CTU proposte dal CTP della Banca ed alle quali ha risposto in modo congruo ed approfondito il CTU in data 24.10.2016”, altresì riportando l’assunto di quest’ultimo nei seguenti termini: “”la verifica oggettiva del rispetto del tasso soglia, al momento della stipula del contratto, richiede di calcolare il costo complessivo sulla base delle varie condizioni economiche pattuite, ossia va condotta determinando il tasso effettivo globale annuo concretamente pattuito e non i singoli tassi semplici indicati in contratto”. Siccome “i tassi di riferimento pubblicati trimestralmente da Banca d’Italia sono tassi effettivi, ossia tengono conto della capitalizzazione trimestrale degli interessi, mentre il tasso di riferimento riportato nel contratto è un tasso nominale… per la verifica del superamento del tasso soglia al momento della pattuizione contrattuale (c.d. usura originaria) è stato quindi necessario procedere con la capitalizzazione del tasso di interesse nominale applicato dalla Banca, per disporre così di un dato “effettivo” e quindi confrontabile con il tasso soglia”; “i tassi soglia, oltre ad essere tassi effettivi, vengono calcolati aggiungendo uno spread al TEGM (tasso effettivo globale medio) per categoria di operazione omogenea e che il TEGM è una media di tutte le remunerazioni medie applicate dalle banche in un determinato trimestre e per una determinata categoria di operazioni…. Il fatto che anche Cassa di Risparmio del Veneto abbia applicato uno spread al tasso base, ancorché diverso da quello calcolato da Banca d’Italia, certo non inficia il confronto, poiché il parametro di riferimento resta sempre il tasso soglia su base annua… Ciò premesso e considerando quanto sopra esposto in merito al tasso contrattuale capitalizzato, si evince che il confronto tra il tasso soglia e il tasso effettivo applicato dalla Banca non presenta nessun tipo di disomogeneità””.

5.4.3. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, ritiene il Collegio che la somma tra interessi e CMS nel senso e nei limiti sopraindicati si riveli coerente con il dettato della menzionata Cass. n. 12965 del 2016 (come sostanzialmente ribadito/integrato dalla successiva Cass., SU. n. 16303 del 2018), la quale, come si è visto, suggerisce che si proceda alla verifica della usurarietà in rapporto alla commissione di massimo scoperto concretamente applicata nella singola vicenda di finanziamento, allorquando la CMS vada in concreto ad aggiungere un costo improprio e non dovuto rispetto all’interesse propriamente detto, superando così, in modo indiretto, il tasso soglia. Questo, appunto, è stato, nella specie, il metodo applicato dal c.t.u., il quale (come si ricava dagli ampi stralci della sua relazione riprodotta nel controricorso del Fallimento (OMISSIS) s.r.l.), nella verifica del TEGM, ha conteggiato la CMS non in sé considerata, ma nella sua percentuale di eccedenza rispetto al tasso soglia, avendo verificato che, nel caso concreto, la CMS, pattuita e sempre applicata agli utilizzi sia intra fido sia extra fido, è venuta a costituire, di fatto, proprio “remunerazione sostanzialmente coincidente con l’interesse”.

5.5. Ne’ rileva – come pure opportunamente puntualizzato dalla Corte distrettuale – la circostanza che, in concreto, la banca abbia applicato tassi di interesse differenti rispetto a quelli risultanti dal contratto ed inferiori, comunque al di sotto la soglia di usurarietà. Va, infatti, osservato che l’art. 1815 c.c., comma 2, sanziona con la nullità la clausola che prevede interessi usurari, a prescindere dalla loro concreta applicazione.

6. Il quinto motivo del ricorso principale, dichiaratamente formulato in ulteriore subordine rispetto ai precedenti (“nella denegata ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte di cassazione ritenga di non accogliere i primi quattro motivi di impugnazione”), è inammissibile perché, al pari del secondo e del terzo, investe, sebbene sotto un profilo ancora ulteriore, esclusivamente la sola ratio decidendi già censurata con il primo motivo, non anche l’altra di cui si è detto, infondatamente contestata, invece, con l’appena scrutinato quarto motivo.

7. Il ricorso incidentale di B.A. e C.D., dichiaratamente proposto per la sola ipotesi di accoglimento (invece non verificatasi) di quello principale della Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. s.p.a. e’, perciò solo, assorbito.

8. In definitiva, quindi, il ricorso principale deve essere respinto, con assorbimento di quello incidentale subordinato, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, altresì dandosi atto – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della sola ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

9. Da ultimo, va esaminata la richiesta della Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. – formulata nel proprio controricorso al ricorso incidentale del B. e della C., – di cancellazione dal controricorso di questi ultimi (pag. 2, righi nn. 29 e 34; pag. 3, righi nn. 15 e 25) dell’espressione “Banca usuraria”, chiaramente riferita alla odierna ricorrente.

9.1. Tale istanza, come è noto, è da configurare come una sollecitazione della parte all’esercizio del potere officioso del giudice di disporre la anzidetta cancellazione, sulla base di una valutazione rimessa alla discrezionalità del giudice stesso, finalizzata a regolare la correttezza formale del contraddittorio, che comporta che le parti ed i loro difensori si astengano dall’adoperare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, come stabilisce l’art. 89 c.p.c. (cfr., ex multis, Cass. n. 15503 del 2002; Cass. n. 27001 del 2011; Cass. n. 21031 del 2016).

9.1.1. E’ anche pacifico che la suddetta cancellazione, visto che rientra nei poteri officiosi di ogni giudice, possa essere disposta anche nel giudizio di legittimità, con riferimento alle frasi contenute negli scritti depositati davanti alla Corte di cassazione e che nessun rilievo ostativo possa acquistare il profilo che la richiesta relativa – attenendo, come accade nella specie, a espressioni contenute in un controricorso – risulti formulata solo in atti successivi a quest’ultimo (cfr. Cass. n. 9946 del 2001; Cass. n. 5677 del 2005; Cass. n. 805 del 2004; Cass. n. 2954 del 2003; Cass. n. 12952 del 2007; Cass. n. 7621 del 2015; Cass. n. 19797 del 2015; Cass. n. 21031 del 2016).

9.2. Nella specie ricorrono i presupposti per disporre la cancellazione in argomento, da estendersi, peraltro, all’analoga espressione rinvenibile alla pagina 3, rigo 1, della memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. depositata nell’interesse del B. e della C..

9.2.1. Invero, la già riportata espressione (“Banca usuraria”) di cui la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. assume l’offensività esula, ad avviso del Collegio, dalla normale dialettica difensiva, posto che, nell’ambito di questo procedimento, l’usurarietà è un’espressione specificamente riferita al tasso di interesse, che potrà considerarsi usurario ove se ne accertino i requisiti di legge con sentenza definitiva.

9.2.2. Appellare un soggetto, fisico o giuridico, come “usurario”, in maniera semplicistica e generica, esprime, invece, una qualificazione negativa del soggetto stesso, potenzialmente idonea a screditarne l’abituale comportamento, quasi a volere intendere quest’ultimo come volto al compimento di un reato, quale è l’usura.

9.2.3. Si è al cospetto, dunque, di un’espressione che, lungi dal rafforzare le tesi difensive dei suddetti ricorrenti incidentali o confutare quelle della Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a., assume soltanto una valenza offensiva e sconveniente nei confronti di quest’ultima, integrando, quindi, un abuso del diritto di difesa della parte sanzionato dall’art. 89 c.p.c..

PQM

La Corte rigetta il ricorso della Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. e dichiara assorbito quello incidentale subordinato di B.A. e C.D..

Condanna la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano, per ciascuna parte controricorrente, in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della menzionata ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il suo ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Ordina, ex art. 89 c.p.c., la cancellazione: i) dal controricorso con ricorso incidentale del B. e della C., dell’espressione “Banca usuraria” rinvenibile alla pagina 2, righi nn. 29 e 34, nonché alla pagina 3, righi nn. 15 e 25; ii) dalla memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. del B. e della C., dell’espressione “Banca usuraria” rinvenibile alla pagina 3, rigo 1.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 4 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

 

 

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