Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4733 del 23/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 23/02/2017, (ud. 08/04/2016, dep.23/02/2017),  n. 4733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 966/2015 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour,

presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato

MICHELA GIORGINO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 216/2014 della CORTE D’APPELLO DI LECCE

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO del 21/03/2014, depositata il

12/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’08/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, rilevato che sul ricorso n. 966/15 proposto da D.G. nei confronti di S.A. il Consigliere relatore ha depositato ex art. 380 bis c.p.c., la relazione che segue.

“Il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

Con sentenza non definitiva del 2/7/2008 il Tribunale di Taranto pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra D.G. e S.G. ed il processo proseguiva per la valutazione delle questioni di natura accessoria (inerenti assegno di divorzio e contributo di mantenimento). Successivamente alla precisazione delle conclusioni (udienza del 2/11/2011) il procuratore di S.G. ne comunicava il 12/12/2011 l’avvenuto decesso, chiedendo interrompersi il processo.

Con sentenza n. 240/2012 del 6/2/2012 il Tribunale osservava che la morte di uno dei coniugi in pendenza del giudizio di separazione al divorzio dava luogo a cessazione della materia del contendere anche con riferimento alle domande accessorie e pronunciava correlata declaratoria.

La D. proponeva appello chiedendo riconoscersi diritto al mantenimento dal 25/5/2011. S.A. non si costituiva quale erede di S.G., tuttavia dispiegando intervento volontario in proprio con comparsa del 16/10/2013, dalla Corte i termini di cui all’art. 190 c.p.c..

La Corte d’Appello di Lecce – Sez. distaccata di Taranto – con sentenza 216/14, accoglieva l’appello e dichiarava la nullità della sentenza impugnata: rigettava la domanda di D.G. concernente riconoscimento di assegno divorzile; dichiarava inammissibile l’intervento volontario di S.A..

Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione la D. sulla base di un unico motivo con il quale contesta la valutazione della Corte d’appello secondo cui essa appellante non aveva fornito al prova del proprio tenore di vita tra il maggio ed il novembre 2011 nonchè in relazione alla possibile inadeguatezza di mezzi economici atti a conservarlo.

In particolare la Corte d’appello aveva ritenuto che: nell’udienza 25/5/2011 l’appellante aveva accennato a retribuzione media mensile di Euro 700,00; nell’udienza del 2/11/2011 (fissata per la p.c.) la D. aveva allegato l’avvenuta risoluzione del rapporto di lavoro con la S.p.a. IN & OUT nella data del 10/10/2011, ma non esisteva in atti la relativa “scrittura privata”); non vi è dimostrazione – o, quantomeno, non dimostrazione sufficiente – del prospettato stato di disoccupazione a decorrere dal 10/10/2011.

Sostiene a tale proposito la ricorrente di avere dato “ampia dimostrazione sia dell’intervenuta solidarietà con consequenziale contrazione della retribuzione, che del “licenziamento” della Sig.ra D.. Tanto è stato fatto attraverso la numerosa documentazione esibita e prodotta da questa difesa nel I grado del giudizio. Sono state, infatti, prodotte e depositate le buste paga relative al periodo precedente e successivo alla solidarietà, sono state prodotte le ricevute di pagamento del canone di locazione, così come è stata prodotta la busta paga del settembre 2011, con importo a pagare pari a 0 e precedente di un mese alla data della scrittura privata di risoluzione del rapporto”.

Tale doglianza appare del tutto generica.

In primo luogo, non vengono indicati esattamente i documenti a suo tempo prodotti, non ne viene indicato il contenuto che avrebbe comunque dovuto essere riportato nel ricorso e non viene neppure indicato in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (causa di inammissibilità) ove i predetti documenti siano rinvenibili nel fascicolo di parte.

In secondo luogo le contestazioni svolte tendono in realtà a prospettare inammissibilmente una diversa interpretazione delle risultanze processuali in tal modo investendo inammissibilmente il merito della decisione.

Il ricorso appare conclusivamente inammissibile.

Ricorrono i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione in camera di consiglio.

P.Q.M.:

Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio.

Roma 3.1.16.

Il Cons.relatore”.

Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra e che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile senza pronuncia di condanna della ricorrente alle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. In caso di pubblicazione si dispone l’oscuramento dei dati.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017

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