Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4732 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 14/02/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 14/02/2022), n.4732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23569-2016 proposto da:

INEOS FILMS S.r.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

presso lo studio dell’Avvocato PELOSI ATTILIO, rappresentata e

difesa dagli Avvocati LUMINI PAOLA e CARDASCIA LUIGI giusta procura

speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1286/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata l’8/3/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 3/2/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Ineos Films S.r.L. in liquidazione propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 9816/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di liquidazione con cui era stato rettificato il valore di cessione di un ramo d’azienda ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo, secondo e terzo mezzo si denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente, mancata valutazione di una prova documentale (perizia giurata) prodotta dalla contribuente e violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per omessa pronuncia sulle questioni sollevate dalla contribuente relativamente alla determinazione del valore delle aziende in sede di applicazione dell’imposta di registro;

1.2. con il quarto motivo si denuncia violazione di norme di diritto (D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52) per avere la Commissione Tributaria Regionale confermato la valutazione dell’avviamento aziendale, effettuata dall’Ufficio sulla base di criteri di calcolo;

2.1. le prime tre censure vanno disattese;

2.2. per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 26 giugno 2017, n. 15883; Cass. sez. 6-5, ord. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. sez. unite 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. sez. 5, 6 giugno 2012, n. 9113; Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16736), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento;

2.3. nella fattispecie in esame la sentenza impugnata esplicita in maniera sufficiente la ratio decidendi, consentendo il controllo del percorso logico – giuridico che ha portato alla decisione, tant’e’ che, con il restante motivo, la società ricorrente ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo l’ente impositore, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza;

2.4. la Commissione Tributaria Regionale ha invero ritenuto che l’Ufficio avesse assolto l’onere probatorio “in relazione al maggior valore attribuito alla posta avviamento, dichiarato dalla parte pari a zero, procedendo ad un’analitica ricostruzione degli elementi considerati ai fini della determinazione del maggior valore dei terreni e dei fabbricati,… utilizzando il metodo del Moltiplicatore Enterprise Value/Sale (EV), ritenuto idoneo perché applicabile anche ad aziende in perdita”, effettuando inoltre, “per la verifica del valore degli immobili… una corretta analisi basata sulle rendite catastali di ogni unità e sulla destinazione dei beni, utilizzando i valori mediani OMI”, evidenziando altresì che era stata anche “effettuata stima autonoma dell’avviamento sulla base dei dati relativi al fatturato ed all’indice di rendimento medio dell’investimento”;

2.5. sulla scorta di tali considerazioni il Giudice d’appello ha dunque concluso che “l’omessa valutazione dell’avviamento in sede di cessione…(ndr. non solo era)… contraddittoria rispetto al valore patrimoniale positivo del ramo d’azienda oggetto del trasferimento, ma altresì priva di giustificazione in rapporto al corrispettivo di cessione convenuto per il ramo d’azienda”, ritenendo infine di “non poter accogliere quale fonte di prova la perizia stragiudiziale presentata dalla parte, in quanto presentata ex post e… estranea all’oggettiva considerazione degli elementi dell’attivo e passivo computati, invece, ex ante dall’Ufficio”;

2.6. da quanto illustrato, inoltre, emerge con evidenza che la Commissione Tributaria Regionale abbia anche valutato la perizia di parte ricorrente in relazione alla determinazione del valore aziendale ai fini dell’applicazione delle imposte in questione, con conseguente infondatezze delle doglianze della ricorrente esposte con i motivi in esame;

3.1. va parimenti disattesa la quarta censura;

3.2. in via preliminare all’esame delle doglianze concernenti la determinazione del valore del compendio aziendale, con particolare riguardo al valore dell’avviamento, va richiamato (e, in carenza di qualsivoglia convincente argomentazione contraria, ribadito) il principio secondo cui (cfr. Cass., nn. 8642/2011, 28751/2005, 10893/1995) l’avviamento è una componente del valore dell’azienda, costituita dal maggior valore che il complesso aziendale, unitamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono; in caso di cessione di azienda, pertanto, si deve tener conto dell’avviamento, agli effetti dell’imposta di registro, nella determinazione del valore venale dell’azienda ceduta, senza che assumano rilievo circostanze contingenti, che pure possano avere influito nella determinazione concreta del corrispettivo, in quanto il valore che deve essere preso in considerazione per la determinazione della base imponibile è il prezzo che il bene ha in comune commercio, vale a dire quello che il venditore ha la maggiore probabilità di realizzare e l’acquirente di pagare in condizioni normali di mercato, prescindendo, quindi, da situazioni soggettive e momentanee che possano deprimerlo o esaltarlo;

3.3. sulla questione, ancora, vanno ribaditi altresì i principi per i quali: è errato ritenere che l’avviamento sia direttamente e risolutivamente collegato all’esistenza di un utile di esercizio negli ultimi tre periodi di imposta in quanto il dato rilevante è quello dei ricavi ottenuti dall’azienda (cfr. Cass. n. 14336/2011); l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti perché del valore complessivo dell’azienda fa parte quello dell’avviamento – costituente una qualità dell’azienda stessa -, che si somma al valore degli altri beni che la compongono in un’operazione che logicamente precede la detrazione delle passività, sicché non è aprioristicamente escluso né dall’esistenza né dall’ammontare di queste (cfr. Cass., n. 10586/2011 – la quale osserva altresì che se l’avviamento va definito, nei suoi termini generali, come capacità di profitto di un’attività produttiva, ossia come quell’attitudine che consente ad un complesso aziendale di conseguire risultati economici diversi (ed, in ipotesi, maggiori) di quelli raggiungibili attraverso l’utilizzazione isolata dei singoli elementi che la compongono (cfr. Cass. n. 9470/1995), non vi è ragione di escludere che anche un’azienda in perdita possa disporre nel patrimonio di componenti attivi, tra i quali beni immateriali come l’avviamento commerciale – nonché Cass. n. 2702/2002, 1137/2006); la valutazione dell’avviamento di un’ azienda costituisce giudizio di fatto, rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, e quindi immune dal sindacato di legittimità, se adeguatamente motivato (cfr. Cass., n. 1170/2008), specificamente precisandosi che la congruità della motivazione non è esclusa – sotto il denunziato profilo del vizio di contraddizione – né dal fatto che il metodo di calcolo prescelto coincida con quello già adottato da una disposizione di legge abrogata (in proposito, il Collegio condivide il principio affermato da Cass. n. 613/2006) né dalla maggiore o minore bontà di tale formula che, come tutti i metodi pratici di calcolo, lascia sussistere un certo margine di approssimazione, verificabile peraltro in ogni altro modello valutativo; ben può tenersi conto, ai fini dell’apprezzamento della adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata in punto di valutazione dell’entità dell’avviamento di un’azienda, di criteri di valutazione recepiti dallo stesso legislatore in norme, sia pure non direttamente applicabili alla fattispecie, quali appunto il D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460, art. 2, comma 4 (norma enucleata nell’ambito della disciplina dell’accertamento con adesione ai fini delle imposte indirette), ma idonea a confermare la validità teorica del criterio in concreto seguito dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 613/2006); il richiamato criterio legale di valutazione basato sulla percentuale di redditività (D.P.R. n. 460 del 1996) già presuppone che si tenga necessariamente conto dei costi (cfr. Cass., n. 13116/2008);

3.4. dagli esposti principi discende logica e coerente la risposta negativa alla censura della contribuente sulla mancata considerazione – nel computo dell’avviamento – del fatto che l’azienda fosse in perdita, in quanto, come dianzi osservato, in tema d’imposta di registro e ai fini dell’applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 4, l’esistenza di un valore d’avviamento dell’azienda non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli eserciti degli anni precedenti e costituisce accertamento di fatto rimesso al prudente appressamento del Giudice di merito(cfr. Cass. nn. 22506/2015, 2747/2012, 1137/2006, 2702/2002, 11354/2001);

3.5. a seguire, ribadito che in tema di imposta di registro, ai fini della determinazione del valore dell’avviamento dell’azienda, i criteri di cui al D.P.R. n. 460 del 1996 possono essere utilizzati nonostante l’abrogazione di tale decreto da parte del D.Lgs. n. 218 del 1997, atteso che lo stesso non ha previsto un metodo alternativo di determinazione di tale valore, ferma la possibilità per il contribuente di dimostrare un valore inferiore dell’avviamento aziendale rispetto a quello accertato (cfr. Cass. nn. 7750/2019), occorre altresì evidenziare che il contribuente non può limitarsi alla semplice opposizione all’utilizzo di una metodologia di calcolo, senza dimostrare l’incoerenza del metodo utilizzato, contestando la valutazione degli elementi di fatto che sono alla base dei criteri utilizzati (cfr. Cass. n. 613 del 2006);

3.6. è infatti onere del contribuente, che contesti l’accertamento, in base ad allegazioni puntuali e specifiche, che tengano conto dei fattori economici dell’azienda, dimostrare le ragioni della divergenza dei propri dati da quelli medi indicati dall’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass. n. 17787/2017 in motiv.);

3.7. nella specie, non risulta dallo sviluppo assertivo del motivo di ricorso, né dalla parte in fatto della motivazione della sentenza impugnata, che la contribuente abbia dimostrato l’infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall’Ufficio;

3.8. invero, parte ricorrente ha denunciato esclusivamente l’applicazione della metodologia utilizzata, sostenendo che fosse non idonea perché generica, con errata scelta delle “società comparabili”, e sulla base di criteri meramente statistici, non apportando nessun rilievo in relazione alle valutazioni degli elementi di fatto, su cui si fonda l’accertamento e, contemporaneamente, senza fornire elementi che dimostrassero l’incoerenza del calcolo effettuato dall’Ufficio, essendosi limitata a richiamare, genericamente, le risultanze della perizia di parte (neppure trascritta in parte qua nel ricorso o ad essa allegata, in violazione del principio di specificità ex art. 366 c.p.c.), che peraltro la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto inidonea a far ritenere incongruo il valore imponibile accertato dall’ufficio in quanto effettuata ex post e senza tener conto degli elementi dell’attivo e del passivo computati ex ante dall’Ufficio;

3.9. la doglianza è quindi altresì inammissibile non avendo questa Corte il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, al che consegue l’inammissibilità della doglianza, come quella in esame, che tende all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto;

4. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto;

5. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

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