Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4728 del 14/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 14/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 14/02/2022), n.4728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32133-2020 proposto da:

R.A.C., R.C., R.S.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato CIPRIANO

GIUSEPPINA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 963/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PICCONE

VALERIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza n. 963 del 2020, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda avanzata da R.A.C., R.C. e R.S. volta al riconoscimento dei benefici previsti dalla L. n. 210/1992 in favore degli emotrasfusi in relazione al virus dell’epatite che assumevano essere stato contratto dal proprio dante causa R.A.P. per effetto di una trasfusione avvenuta nel 1958: l’assegno una tantum era stato negato in via amministrativa per mancanza di prova dell’intervenuta trasfusione; in particolare, la Corte, disattendendo l’iter argomentativo del primo giudice, ha escluso che potesse reputarsi provata l’intervenuta trasfusione, ritenendo che la decisione si fosse limitata a recepire acriticamente le conclusioni del CTU che aveva ritenuto riconducibile ad essa l’insorgenza della patologia;

per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso R.A.C., R.C. e R.S.;

resiste, con controricorso, il Ministero della Salute;

e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 116 e 2727 c.c. allegandosi la contraddittorietà dell’iter decisorio del primo giudice;

con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio con riguardo agli elementi istruttori prodotti ed in particolare con riguardo alle indicazioni contenute nella consulenza tecnica espletata;

il primo motivo è infondato;

ha ritenuto la Corte di non condividere la decisione impugnata per essersi la stessa limitata ad affermare che la CTU disposta in corso di causa era giunta a ritenere sussistente il nesso causale fra la patologia accertata ed una emotras fusione, senza affrontare la questione, nodale, del difetto di prova della trasfusione ed in assenza di adeguati elementi indiziari al riguardo;

in particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato come dalla disamina della documentazione prodotta potesse arguirsi esclusivamente che il defunto R. era stato ricoverato presso l’Ospedale civile di Torre Annunziata il 7 giugno 1958 per aver riportato ferite da arma da fuoco che avevano comportato la perforazione epatica, richiedendo il ricorso ad un intervento chirurgico;

essendo andata dispersa la relativa cartella clinica, l’unico elemento prodotto dai ricorrenti constava di una ulteriore cartella clinica, del febbraio 2000, che recava la diagnosi di “epatopatia cronica HCV correlata”;

la Corte, facendo corretto uso dei canoni che presiedono all’utilizzazione delle presunzioni, ha escluso, in fatto, che l’elevata probabilità di una trasfusione effettuata all’atto del ricovero per effetto delle ferite da arma da fuoco potesse reputarsi idonea, da sola, a sorreggere tout court il giudizio di probabilità necessario per il riconoscimento del beneficio invocato;

da un lato, infatti, l’elemento indiziario non è stato ritenuto univoco, avendo potuto in altro modo essere contratta l’infezione – per ipotesi anche mediante l’ingresso del proiettile – dall’altro, il lunghissimo lasso temporale, superiore a 40 anni, intercorso fra la presunta infezione contratta e la certificazione medica della patologia, contenuta in una cartella clinica del febbraio 2000, hanno indotto la Corte territoriale a dubitare della sicura o almeno probabile riconducibilità dell’epatopatia stessa all’evento del 1958 e non, piuttosto, alle diverse ipotesi di possibile successivo contatto con il virus negli anni;

il secondo motivo è inammissibile;

va, invero, rilevato, in ordine alla omessa motivazione su un fatto decisivo, che si verte nell’ambito di una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5., al di fuori dell’omissione ivi prevista, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; si veda altresì, quanto statuito da SU n. 8053 del 2014); appare di palmare evidenza, quindi, che parte ricorrente con le proprie richieste mira, in realtà, ad una rivisitazione in fatto della vicenda, sotto il profilo delle conclusioni medico – legali, inammissibile in sede di legittimità;

deve, quindi, concludersi che parte ricorrente non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, e cioè che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 14476 del 2021);

alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo; sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1 -bis, art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022

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