Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4725 del 27/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4725 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 23462-2008 proposto da:
SOZIO MARIA ROSARIA C.F. SZOMRS76D67A024V, domiciliata
m ROMA, ulmz,ZA CAVOUR,

preso le. CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, /appreentata

v dIfz-ia

dall’avvocato DEL MONDO FERDINANDO, giusta delega In
atti;
– ricorrente –

2014
93

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
-domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

Data pubblicazione: 27/02/2014

studio

dell’avvocato

FIORILLO

LUIGI,

che

la

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 6131/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 28/09/2007 r.g.n. 6094/2005;

udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28 settembre 2007 la Corte d’appello di Napoli ha
confermato la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la
domanda proposta da Sozio Maria Rosaria intesa ad ottenere il
riconoscimento della natura di lavoro subordinato a tempo indeterminato
nullità del termine apposto al contratto stipulato ai sensi dell’art. 25 del
CCNL 11 gennaio 2001 per il periodo dal 13 ottobre 2001 al 31 gennaio
2002. La Corte territoriale ha motivato tale decisione rilevando
preliminarmente l’inammissibilità della censura relativa al cosiddetto
contingentamento, censura non mossa in primo grado in cui era stata
eccepita la sola mancanza della prova delle specifiche esigenze del ricorso
all’assunzione a termine. La Corte territoriale ha poi considerato che con
l’art 25 citato il legislatore ha inteso conferire alle parti contrattuali una
delega in bianco senza qualsiasi riferimento a particolari esigenze o
condizioni oggettive di lavoro, lasciate alla libera volontà contrattuale.
La Sozio propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a
due motivi.
Resiste con controricorso Poste Italiane.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta errata interpretazione e violazione di legge;
omessa motivazione su un punto decisivo della controversia; error in
procedendo ex art. 360, n. 4 cod. proc. civ. e con riferimento agli artt. 112,
113, 115 e 132 n. 4 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la Corte
territoriale non avrebbe esaminato la censura relativa all’applicazione solo
parziale dell’art. 25 del CCNL citato che, nella seconda parte, prevede una

del rapporto intercorso con Poste Italiane s.p.a., previa dichiarazione di

necessaria attività preliminare di confronto fra le parti sottoposta a limiti di
tempo.
Con il secondo motivo si denuncia omessa applicazione, errata
interpretazione, violazione di legge; omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione con riferimento agli artt. 112, 113, 115 e 132 n. 4 cod. proc.
all’art. 23 della legge n. 56 del 1987, all’art. 1 della legge n. 230 del 1962,
all’art. 25, comma 2 CCNL Poste Italiane dell’ l l gennaio 2001. In
particolare si lamenta che non sarebbe stato considerato dal giudice
dell’appello che la delega in bianco di cui al’art. 23 della legge n. 56 del
1987, cui fa riferimento la decisione impugnata, richiede l’avverarsi della
condizione costituita dalla procedura di confronto di cui alle lett. a) e b)
dell’art. 25 comma 2 del CCNL citato.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente riferendosi entrambi alla
validità e sufficienza dell’art. 25, comma 2 del CCNL citato al fine di
legittimare il contratto a termine in questione.
Questa Corte (cfr. Cass. 26 settembre 2007 n. 20162) decidendo su una
fattispecie sostanzialmente identica a quella in esame, ha cassato la
sentenza del giudice di merito che ha dichiarato illegittimo il termine
apposto ad un contratto stipulato in base alla previsione della norma
contrattuale sopra citata.
Ha osservato, in linea generale, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23,
nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230,
art. 1 e successive modifiche nonché dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8
bis, convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove
ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro,
configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali,

civ., agli artt. 1, 11 e 12 delle preleggi, agli artt. 1362 e seguenti cod. civ.,

pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a
termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito
dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n.
4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti sindacali
hanno individuato, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a
2001. In particolare, quale conseguenza della suddetta delega in bianco
conferita dal citato art. 23, ha precisato, richiamando molteplici decisioni
della S.C. (cfr., ad esempio, Cass. 20 aprile 2004 n. 9245) ) che i sindacati
non sono vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine
comunque omologhe a quelle previste per legge, ben potendo legittimare il
ricorso al contratto di lavoro a termine per causali diverse (a carattere
oggettivo ed anche meramente soggettivo), costituendo l’esame congiunto
delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i
lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti;
premesso che l’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 prevede,
come si è visto, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a
termine, la presenza di esigenze di carattere straordinario conseguenti a
processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale
riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni
tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di
nuove tecnologie, prodotti o servizi, ha ritenuto viziata l’interpretazione dei
giudici del merito che, sull’assunto della assoluta genericità della
disposizione in esame, ha affermato che la stessa non contiene alcuna
autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a
termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i
singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi sono strumentali;
siffatta interpretazione è affetta da vizi di violazione degli artt. 1362 e segg.
cod. civ. e vizi di motivazione: in primo luogo, la formulazione letterale

5

termine, quella di cui al citato art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio

della disposizione contrattuale non contiene elementi idonei ad esprimere il
riscontrato significato riduttivo; inoltre il presupposto, anche se non del
tutto esplicitato, che è alla base di siffatta interpretazione è che soltanto
così intesa la clausola collettiva sarebbe conforme a legge (art. 1367 cod.
civ.); l’interpretazione accolta dai giudici di merito (anche con riferimento
che il legislatore non avrebbe conferito una delega in bianco ai soggetti
collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema
di cui alla legge n. 230 del 1962; l’interpretazione contraria dell’accordo è
stata, perciò, condizionata dal pregiudizio che le parti stipulanti non
avrebbero potuto esprimersi considerando le specificità di un settore
produttivo (quale deve considerarsi il servizio postale, nella situazione
attuale di affidamento ad un unico soggetto) e autorizzando Poste Italiane
s.p.a. a ricorrere (nei limiti della percentuale fissata) allo strumento del
contratto a termine, senza altre limitazioni, con giustificazione presunta del
lavoro temporaneo; questo “pregiudizio”, erroneo alla stregua del principio
di diritto sopra enunciato, determina l’erroneità dell’interpretazione secondo
cui l’accordo sindacale avrebbe autorizzato la stipulazione dei contratti di
lavoro a termine solo nella sussistenza concreta (da specificare nel singolo
contratto a termine) di un collegamento tra l’assunzione del singolo
lavoratore e le esigenze di carattere straordinario richiamate per giustificare
l’autorizzazione, con riferimento alla specificità di uffici e di mansioni; al
riguardo, elementi utili per l’interpretazione si sarebbero potuto ricavare dal
successivo (di pochi giorni) accordo 18 gennaio 2001 col quale le 00.SS.
… convengono ancora che i citati processi, tuttora in corso, saranno
fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato,
stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia delineata dal c.c.n.l.
11.1.2001 per ricostruire in modo coerente l’intenzione delle parti quanto
alla portata dell’autorizzazione stessa.

il

specifico al caso in esame) si muove quindi pur sempre nella prospettiva

Il citato orientamento di questa Corte deve essere pienamente confermato
atteso che le tesi difensive che si sono confrontate nelle fasi di merito,
quelle oggi proposte all’attenzione della Corte non sono sorrette da
argomenti che non siano già stati scrutinati nelle ricordate decisioni o che
propongano aspetti di tale gravita da indurre questa Corte a discostarsi dai
decisioni di questa Corte Suprema prima citate nella parte in cui esse si
riferiscono all’interpretazione di norme collettive di diritto comune, che le
stesse hanno comunque valenza di precedenti, ancorché non in senso
tecnico atteso che, da un lato, lo stesso controllo di logicità del giudizio
trova, in parte qua, le proprie coordinate nelle disposizioni di legge in tema
di ermeneutica contrattuale le quali, suscettibili di lettura diretta da parte
del giudice della nomofilachia, costituiscono obbligato punto di riferimento
nella ricerca e nell’identificazione dei punti decisivi per la ricostruzione
dell’effettiva volontà delle parti stipulanti.
Dall’altro, le clausole delle fonti collettive, per la loro naturale riferibilità
ad una serie indeterminata di destinatari e per il loro carattere
sostanzialmente normativo, non sono assimilabili completamente a quelle
di un normale contratto o accordo, sicché, neanche rispetto ad esse è
trascurabile il fine di assicurare ai potenziali interessati, per quanto
possibile e per quanto non influenzato dalle insopprimibili peculiarità di
ciascuna fattispecie, quella reale parità di trattamento che si fonda sulla
stabilità degli orientamenti giurisprudenziali, specialmente sollecitata
quando, come nella specie, assuma icastica evidenza l’identità dei percorsi
logici seguiti nelle decisioni progressivamente portate all’esame del giudice
di legittimità e dei contesti difensivi nei quali tali decisioni risultano calate
(Cass. 29 luglio 2005 n. 15969).
In definitiva, per le ragioni fin qui esposte, l’unica interpretazione corretta
della norma collettiva in esame sia quella secondo cui, stante l’autonomia di

4–

propri precedenti. Deve osservarsi in proposito, con riferimento alle

tale ipotesi, non è necessario che il contratto individuale contenga
specificazioni ulteriori rispetto a quelle menzionate nella norma collettiva.
Il ricorso va conseguentemente rigettato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali liquidate in E 100,00 per esborsi ed E 3.500,00 per
compensi professionali oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2014.

spese di giudizio liquidate in dispositivo.

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