Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4723 del 23/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/02/2017, (ud. 01/12/2016, dep.23/02/2017),  n. 4723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16422-2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALI

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI,

CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE e LELIO MARITATO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIEMONTE 39,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GIOYANNETTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE SANDRI,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

B.P.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 296/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 30/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. ARIENZO ROSA;

udito l’Avvocato EMANUELE DE ROSE, che si riporta;

udito l’Avvocato ALESSANDRA GIOVANNETTI, che si riporta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 1.12.2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 30.3.2015, la Corte di appello di Torino respingeva il gravame proposto dall’INPS avverso la decisione del Tribunale di Cuneo che aveva condannato l’istituto a costituire in favore di B.S., previo versamento della riserva matematica dovuta, la rendita vitalizia reversibile ai sensi della L. n. 1138 del 1962, art. 13, per i periodi 1.5.1969 – 14.6.1973 e 1.9.1986 – 2.4.1987, sul rilievo che la prova testimoniale espletata non era stata tale da contraddire quella documentale acquisita in ordine ai periodi di svolgimento dell’attività lavorativa del B. all’interno dell’azienda agricola prima del padre e poi del fratello. Rilevava la Corte che il conseguimento da parte dell’appellato della patente agricola ((OMISSIS)) ed il rilascio del tesserino per l’uso dei fitosanitari (2.4.1987) avevano provato la sussistenza del rapporto di lavoro e che la prova orale aveva dimostrato che l’inizio dell’attività lavorativa del B. quale collaboratore – coadiutore familiare nell’azienda agricola paterna era da farsi risalire al 1969 e, per il secondo rapporto, alle dipendenze del fratello, a periodo antecedente al 2.4.1987, essendo stato accertato lo svolgimento della medesima attività dal settembre 1986 e sino al febbraio 1988.

Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui resiste, con controricorso, il B..

Viene dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 1338 del 1962, degli artt. 2697, 2704 e 2721 c.c. nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., sul rilievo che i due documenti prodotti dal B. non erano di data certa riferita alla costituzione del rapporto e che non era possibile fare ricorso alla prova per testi per spostare indietro nel tempo il rapporto di lavoro. Si sostiene che, in assenza di documento di data certa attestante la nascita dei due rapporti di lavoro alla data dagli stessi indicati, la carenza probatoria non poteva essere aggirata con la prova per testi.

Si contesta, in particolare, il fatto che la Corte territoriale, una volta ritenuta accertata con documento la data certa dell’esistenza dei rapporti di lavoro agricolo in data 30.6.1076 ed in data 2.4.1987 abbia ammesso la prova testimoniale per la dimostrazione della durata del rapporto a ritroso nel tempo, ovverosia dal 1.5.1969, mentre la produzione del documento attestante una certa data del rapporto avrebbe potuto consentire la prova della sua durata con altri mezzi solo per il periodo coevo e successivo alla data risultante dal documento stesso. Lo stesso ragionamento è svolto dall’istituto ricorrente ai fini dell’eccepita inidoneità di altri mezzi istruttori tesi a provare la durata del rapporto nel periodo antecedente alla data risultante dal documento costituito dal rilascio del tesserino per fitosanitari da parte dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura. Si aggiunge inoltre che i documenti menzionati neanche proverebbero la costituzione di una rapporto di lavoro come coadiutore, limitandosi gli stessi ad autorizzare a un facere che può essere svolto nelle forme più svariate senza alcuna connessione necessitata fra lo svolgimento di queste attività ed il sorgere di un’attività di lavoro.

Quanto alla possibilità di dimostrare in modo diverso dalla prova scritta l’esistenza di periodi lavorativi antecedenti a quello risultante dal documento, nel caso di omissione contributiva, si osserva che tale questione è stato già fatto oggetto di esame in sede di legittimità allorquando si è statuito (Cass. Sez. lav. n. 10577 del 19/5/2005) che “in caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia (prevista dalla L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, comma 4 e 5), è relativa solo all’esistenza del rapporto di lavoro, mentre l’estensione temporale di esso e l’importo delle retribuzioni possono essere provati con altri mezzi istruttori, anche orali. E’ tuttavia escluso il ricorso ad altri mezzi di prova per accertare che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulta dai versamenti effettuati, quando dal documento emerga con certezza la data della costituzione del rapporto di lavoro”.

Con specifico riferimento alla possibilità della prova testimoniale alternativa a quella documentale si è ribadito (Cass. Sez. lav., n. 2600 del 3/212009) che “in tema di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, ai fini della costituzione della rendita prevista dalla L. n. 1338 del 1962, art. 13, nel testo risultante dalla declaratoria di parziale illegittimità costituzionale (Corte cost. N. 568 del 1989), la regola secondo la quale la durata del rapporto di lavoro può essere provata con ogni mezzo deve essere circoscritta al caso in cui il documento, la cui data può essere provata con ogni mezzo, provi l’avvenuta costituzione di un rapporto a partire dalla medesima epoca, a decorrere dalla quale è consentita la prova, con ogni mezzo, della relativa durata e della retribuzione, evitandosi in tal modo che la prova testimoniale “alternativa” di cui è onerato il datore di lavoro (o il lavoratore, nell’ipotesi di cui alla citata L. n. 1338, art. 1, comma 5), senza alcun limite temporale, debba investire anche i fatti da cui desumere la qualificazione del rapporto e l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, in contrasto con la regola della prova scritta dell’esistenza del rapporto di lavoro.” Analogo principio è affermato, da ultimo, da Cass. 20.1.2016 n. 983.

Orbene, tenuto conto di tali specifici precedenti deve ritenersi corretta la decisione della Corte taurinense di non escludere la prova per testi relativa alla sussistenza di un rapporto lavorativo agricolo antecedente a quello risultante dai documenti sopra menzionati, sia perchè a tali documenti era stata dall’Istituto già conferita rilevanza probatoria nel riconoscere la rendita in relazione ai periodi decorrenti dal 14.6.1973 e dal 2.4.1987 (contrariamente a quanto si assume sulla irrilevanza degli stessi a fini dimostrativi dell’insorgenza di un’attività lavorativa di coadiutore), sia perchè gli stessi documenti, come rilevato dalla Corte, non provavano l’inizio di ciascun rapporto lavorativo, ma solo la sussistenza degli stessi alle date suindicate. In base a tale acquisizione, correttamente è stata esclusa ogni preclusione all’espletamento della prova per testi, non ricadendosi nelle ipotesi ritenute dalla giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata ostative all’ammissione di prova per testi in relazione alla circostanza di preesistente attività lavorativa agricola perchè in contrasto con le disposizioni normative di cui nel presente ricorso si assume la intervenuta violazione.

In definitiva, si propone la definizione in sede camerale della controversia con il rigetto del ricorso dell’INPS”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Osserva il Collegio che il contenuto della sopra riportata relazione sia pienamente condivisibile siccome coerente alla giurisprudenza di legittimità in materia, per cui va confermato quanto ivi rilevato concludendosi per la reiezione del ricorso dell’INPS.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo, nei confronti di. Nulla va statuito nei confronti della parte rimasta intimata.

Attesa la proposizione del ricorso in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, vigente il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, deve rilevarsi, in ragione del rigetto dell’impugnazione, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’indicata normativa, posto a carico del ricorrente (cfr. Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%. Nulla nei confronti di B.P.L..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato D.P.R. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma,il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017

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