Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4721 del 26/02/2010
Cassazione civile sez. II, 26/02/2010, (ud. 30/11/2009, dep. 26/02/2010), n.4721
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
L.L., rappresentata e difesa, in forza di procura
speciale a margine del ricorso, dall’Avv. KLITSCHE DE LA GRANGE
Teodoro, elettivamente domiciliata nel suo studio in Roma, Via degli
Scialoja, n. 6;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, e
PREFETTO DELLA PROVINCIA DI ROMA, in persona del Prefetto pro
tempore, rappresentati e difesi, per legge, dall’Avvocatura Generale
dello Stato, per legge domiciliati presso gli Uffici di quest’ultima
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrenti –
e contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA, in persona del Presidente pro
tempore, difesa dall’avv. GIOVAGNOLI Riccardo, elett. dom. In ROMA
c/o Avv. SOENI Massimiliano – VIA IV NOVEMBRE 119-A;
– resistente con procura in calce –
avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Roma depositata il 19
maggio 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che L.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza depositata il 19 maggio 2008, emessa ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 1, dal Giudice di pace di Roma, con cui è stata dichiarata inammissibile l’opposizione dalla medesima proposta avverso la sanzione accessoria, sul rilievo che la stessa aveva dichiarato di avere pagato la sanzione pecuniaria ed aveva fatto valere vizi propri della sanzione principale e non di quella accessoria;
che il Ministero dell’interno e la Prefettura di Roma hanno resistito con un unico controricorso, mentre l’Amministrazione provinciale di Roma non ha svolto attività difensiva;
che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.
Rilevato che il relatore designato, nella relazione depositata il 23 giugno 2009, ha formulato la seguente proposta di definizione:
“(…) Il ricorso può essere deciso in Camera di consiglio, dovendo lo stesso essere dichiarato inammissibile.
Con l’ordinanza impugnata, che è stata emessa inaudita altera parte al di fuori dell’ipotesi prevista dall’art. 23, comma 1 (intempestività dell’opposizione), il Giudice di pace ha definito il giudizio, decidendo la causa nel merito: la decisione, seppure adottata in forma di ordinanza, ha natura di sentenza. Al riguardo, occorre ricordare che, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, e sia quindi soggetto, in tale secondo caso, ai mezzi di impugnazione previsti per la sentenza, occorre avere riguardo non già alla forma adottata ma al suo contenuto, in ossequio al cosiddetto principio di prevalenza della sostanza sulla forma (Cass. 17698 del 2006; Cass. 20470/2005).
Pertanto, il provvedimento impugnato era suscettibile di essere impugnato con l’appello: infatti, a seguito della modifica dalla L. n. 689 del 1981, art. 23, operata dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26, le sentenze del giudice di pace, emesse nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, sono appellabili e non ricorribili per cassazione, se pubblicate – come nella specie – dalla data di entrata in vigore del citato decreto, e cioè dal 2 marzo 2006 (art. 27 del decreto); nella specie, per quel che si è detto, non si versava nell’ipotesi dell’ordinanza di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, che è tuttora ricorribile in cassazione (…)”.
Letta la memoria del ricorrente.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;
che, infatti, con il provvedimento impugnato il Giudice di pace ha dichiarato inammissibile l’opposizione ai sensi della L. n. 689 del 1981, dopo avere rilevato che la ricorrente aveva dichiarato di avere pagato la sanzione amministrativa, aveva impugnato la sanzione accessoria del ripristino dei luoghi e non aveva dedotto vizi del procedimento applicativo della sanzione accessoria, ma motivi di merito della sanzione principale;
che la qualificazione di detto provvedimento come sentenza è conforme al principio, più volte ribadito da questa Corte (tra le tante, Sez. lav., 7 aprile 2006, n. 8174), secondo cui, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di sentenza od ordinanza, è decisiva non già la forma adottata, ma il suo contenute-che, tanto premesso, l’assoggettabilità del provvedimento in questione al rimedio dell’appello – e non, orni s so medio e par sai tuta, al ricorso per cassazione – è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Sez. 2^, 8 agosto 2008, n. 21494);
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalle Amministrazioni controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 400,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010