Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4719 del 28/02/2018


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Cassazione civile, sez. I, 28/02/2018, (ud. 13/09/2017, dep.28/02/2018),  n. 4719

Fatto

1. Con domanda di arbitrato del 7 giugno 2007 il Consorzio Etruria s.c.a.r.l. – appaltatore dei lavori affidati dal Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Brindisi (di seguito: Consorzio A.S.I.) con contratto del 20 marzo 2000 – chiedeva condannarsi quest’ultimo al pagamento della complessiva somma di Euro 1.301.424,96 a titolo di riserve avanzate nel corso dei lavori, nonchè dichiararsi che nessuna penale da ritardata esecuzione dei lavori era dovuta, con conseguente condanna del Consorzio A.S.I. al pagamento di Euro 230.637,75.

Con lodo depositato il 24 maggio 2010 presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici il collegio arbitrale, disattesa l’eccezione del Consorzio A.S.I. di invalida composizione del collegio e fissazione della sua sede in Roma, accoglieva parzialmente la domanda del Consorzio Etruria condannando il Consorzio A.S.I. al pagamento di Euro 259.818,43 per le riserve 1, 2 e 3, Euro 27.815,31 per le riserve 5, 6, 7 e 8, nonchè Euro 220.663,15 di cui alla Delib. commissariale n. 41 del 2007, oltre interessi da ritardato pagamento; accoglieva inoltre la domanda riconvenzionale del Consorzio A.S.I., riqualificata come domanda risarcitoria, condannando il Consorzio Etruria al pagamento di Euro 100.000,00, in via equitativa, per ritardo nell’adempimento delle proprie obbligazioni.

2. Il Consorzio A.S.I. impugnava il lodo con sette motivi; proponeva impugnazione incidentale il Consorzio Etruria affidata a tre motivi.

La Corte di appello di Roma, disattesa l’impugnazione di nullità per invalida composizione del collegio arbitrale, dichiarava: a) in sede rescindente, inammissibile l’impugnazione incidentale e, in parziale accoglimento dell’impugnazione principale, dichiarava la nullità del lodo limitatamente alla condanna del Consorzio A.S.I. al pagamento della somma di Euro 220.663,15; b) in sede rescissoria, in parziale accoglimento della domanda proposta dal Consorzio Etruria, condannava il Consorzio A.S.I. al pagamento della somma di Euro 120.063,60 quale credito risultante dall’approvazione del collaudo.

3. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il Consorzio A.S.I. affidato a quattro motivi, cui replica il Consorzio Etruria con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi; al ricorso incidentale resiste il Consorzio A.S.I. con controricorso; il ricorrente principale ha altresì depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Quanto al ricorso principale, con il primo motivo il Consorzio A.S.I. deduce violazione dell’art. 829 c.p.c., n. 2, e falsa applicazione del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 241, comma 15 e art. 253, comma 34: il collegio arbitrale sarebbe stato composto in modo irregolare poichè il terzo arbitro, in funzione di Presidente, era stato nominato dalla Camera arbitrale in difformità dalla previsione della clausola compromissoria di cui all’art. 18 del contratto di appalto unica fonte di disciplina dell’arbitrato – di rinvio all’art. 810 c.p.c., con conseguente devoluzione della controversia in arbitrato “libero”, non già “amministrato” dalla Camera arbitrale, sicchè il terzo arbitro avrebbe dovuto essere nominato dal Presidente del Tribunale di Brindisi e Brindisi, non Roma, doveva essere la sede dell’arbitrato.

4.2. Con il secondo motivo il Consorzio A.S.I. deduce violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241, comma 15-bis, (impugnazione del lodo anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia) applicabile nella specie.

4.3. Con il terzo motivo il Consorzio A.S.I. deduce violazione degli artt. 99,112 c.p.c. e art. 829 c.p.c., n. 9), per avere la Corte di appello travisato la richiesta svolta dal Consorzio A.S.I. innanzi agli arbitri con riferimento al saldo attivo del conto finale derivante dall’approvazione del collaudo (per Euro 110.574,15) erroneamente convertendola in domanda riconvenzionale per la penale da ritardo nell’ultimazione dell’opera.

4.4. Con il quarto motivo il Consorzio A.S.I. deduce, ancora sulla penale, la violazione dell’art. 115 c.p.c. con riferimento al principio di non contestazione.

5.1. Venendo al ricorso incidentale, con il primo motivo il Consorzio Etruria deduce violazione dell’art. 829 c.p.c. per avere la Corte di appello pronunciato nel merito sul quarto motivo di appello del Consorzio A.S.I. (concernente la condanna al pagamento della somma di Euro 264.755,86) anzichè dichiararne l’inammissibilità, non applicandosi nella specie, ratione temporis, il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241, comma 15-bis.

5.2. Con il secondo motivo il Consorzio Etruria deduce, subordinatamente alla reiezione del precedente mezzo, omesso esame di fatto decisivo con riferimento agli importi realmente pagati al Consorzio Etruria e al conseguente corretto calcolo del credito del medesimo.

6. Il ricorso principale deve essere rigettato.

6.1. Il primo motivo, attinente alla composizione del collegio arbitrale presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici, è infondato.

6.1.1. In sintesi, argomenta il ricorrente principale che la nomina del terzo arbitro in funzione di Presidente del collegio arbitrale da parte della Camera arbitrale sarebbe illegittima atteso che: a) la clausola compromissoria di cui al contratto di appalto rinviava, per la nomina del terzo arbitro, alla disciplina del codice di procedura civile, sicchè le parti, pur vigendo all’epoca la L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 32 (cd. Legge Merloni), avrebbero inteso devolvere la controversia ad un arbitrato “libero” di diritto comune, escludendo l’arbitrato “amministrato”; b) la Corte di appello avrebbe male interpretato la norma transitoria di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 253, comma 34, (codice dei contratti pubblici), riferentesi alle sole ipotesi – nella specie non ricorrenti – in cui le clausole compromissorie dei contratti già stipulati alla data di entrata in vigore del codice dei contratti pubblici prevedono collegi arbitrali con cinque membri, secondo le disposizioni del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063; c) sovvenendo il fondamentale principio di garanzia dell’autonomia privata anche nella materia arbitrale, la norma transitoria di cui all’art. 253, comma 34, cit. andrebbe interpretata restrittivamente con riferimento alle sole e menzionate ipotesi di collegi di cinque membri, sicchè non vi sarebbe spazio per alcuna eterointegrazione negoziale ex art. 1339 c.c.

6.1.2. La norma transitoria di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 253, comma 34 dispone, quanto alla disciplina dell’arbitrato di cui agli artt. 241,242 e 243 medesimo codice dei contratti pubblici, la salvezza delle clausole compromissorie e delle procedure arbitrali antecedenti all’entrata in vigore del ripetuto codice nei soli casi di cui alle lett. a) (“Sono fatte salve le disposizioni che prevedono la costituzione di collegi arbitrali in difformità alla normativa abrogata a seguito dell’entrata in vigore del citato D.P.R. n. 554 del 1999, contenute nelle clausole di contratti o capitolati d’appalto già stipulati alla data di entrata in vigore del citato D.P.R. n. 554 del 1999, a condizione che i collegi arbitrali medesimi risultino già costituiti alla data di entrata in vigore della presente disposizione;”), b) (“sono fatte salve le procedure arbitrali definite o anche solo introdotte alla data di entrata in vigore della L. 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, purchè risultino rispettate le disposizioni relative all’arbitrato contenute nel codice di procedura civile, ovvero nella L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 32 come modificato dal comma 16-sexies del citato D.L. n. 35 del 2005;”) e c) (“fatte salve le norme transitorie di cui alle lettere a) e b), i giudizi arbitrali nei quali siano stati già nominati i due arbitri delle parti, si svolgono secondo le norme vigenti prima dell’entrata in vigore del presente codice;”) del comma 34 cit., ipotesi tutte non ricorrenti nella specie, come del resto riconosciuto anche dal Consorzio A.S.I.

Ciò richiamato, non può condividersi l’assunto del ricorrente principale secondo cui il primo periodo del comma 34 cit., lett. a (“dalla data di entrata in vigore del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, il richiamo ai collegi arbitrali da costituire ai sensi della normativa previgente di cui al D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, contenuto nelle clausole dei contratti di appalto già stipulati, deve intendersi riferito ai collegi da nominare con le nuove procedure secondo le modalità previste dal codice e i relativi giudizi si svolgono secondo la disciplina ivi fissata.”) varrebbe a circoscrivere l’applicabilità della nuova disciplina dell’arbitrato “amministrato” di cui al codice dei contratti pubblici ai soli collegi arbitrali olim ricadenti nella disciplina del D.P.R. n. 1063 del 1962: come esattamente affermato al riguardo dal P.M. nelle conclusioni scritte, “L’ipotesi di salvezza di cui alla lett. a) è contenuta unicamente nel secondo periodo (…). Si noti che il primo periodo della lett. a), (…) sta semplicemente a significare che i Collegi arbitrali che si sarebbero dovuti costituire secondo il D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, a decorrere dall’1.7.2006, dovranno essere costituiti, invece, secondo quanto previsto dall’art. 241 cod. contr. pubbl. Tale periodo, peraltro, non esclude l’immediata applicabilità, per i Collegi arbitrali relativi ad appalti non ricadenti nel D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (perchè non stipulati con lo Stato o perchè il Capitolato generale non risulta pattiziamente richiamato), degli artt. 241 e ss. cod. contr. pubbl., come si evince dalle eccezionalità delle previsioni di salvezza dei collegi costituiti secondo la normativa previgente; ricavabile, per l’appunto, dal tenore complessivo dell’art. 253, comma 34, citato. In altre parole, il primo periodo suddetto non introduce una limitazione all’immediata applicabilità dell’art. 241 cod. contr. pubbl. agli appalti pubblici precedenti la sua entrata in vigore; come sostiene parte ricorrente. Applicabilità esclusa solo per le tre particolari ipotesi, ora in esame.”.

6.1.3. Osserva ulteriormente il Collegio che – in disparte l’evidente irragionevolezza di una soluzione, quale quella sostenuta dal ricorrente principale, tesa a distinguere tra collegi arbitrali di cinque membri e collegi arbitrali di tre membri – la complessa vicenda normativa dell’arbitrato nei contratti pubblici, segnata da talune pronunce della Corte costituzionale (sentenze 14 luglio 1977, n. 127 e 9 maggio 1996, n. 152, tra le altre) e dipanatasi a partire dalla legge n. 109 del 1994, evidenzia come il principio della tutela della libera volontà delle parti di compromettere in arbitri si risolva nella garanzia dell’opzione per il giudizio ordinario, cui si contrappone, quale unica alternativa arbitrale, l’arbitrato (rituale) “amministrato” dalla Camera arbitrale per i lavori pubblici, cui le parti possono ricorrere in via sussidiaria in caso di mancato accordo sulla scelta del terzo arbitro, come disposto dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241, comma 15. Tale alternativa porta ad affermare, per ragioni di coerenza sistematica, il carattere inderogabile delle previsioni di cui agli artt. 241, 242 e 243 del D.Lgs. n. 163 cit., salvo le eccezioni specificate dall’art. 253, art. 34 come sopra interpretato. Ne consegue che il collegio arbitrale in questione è stato validamente costituito.

6.2. Il secondo motivo di ricorso principale è inammissibile.

6.2.1. Deduce il Consorzio A.S.I. che nella specie sarebbe applicabile il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241, comma 15-bis, che consente l’impugnazione del lodo “anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”. La Corte di appello, nello scrutinare i motivi secondo, terzo, quinto e sesto di impugnazione del lodo (riguardanti, rispettivamente, l’applicabilità della penale da ritardo, la ritenuta corresponsabilità del committente nel ritardo nell’ultimazione dei lavori, l’omessa pronuncia sull’eccezione di decadenza dall’iscrizione delle riserve D.P.R. n. 554 del 1999, ex art. 165 e l’accoglimento delle pretese risarcitorie dell’appaltatore in assenza di prova del danno), dichiarandoli tutti inammissibili, avrebbe erroneamente negato l’applicabilità della norma surrichiamata.

6.2.2. Deve subito chiarirsi – anche ai fini del successivo vaglio del primo motivo di ricorso incidentale – che il citato art. 241, comma 15-bis, trova applicazione nella fattispecie in esame.

La norma è stata introdotta dal D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, art. 5, comma 1, lett. m), con riferimento “ai bandi, avvisi di gara e inviti pubblicati successivamente all’entrata in vigore del presente decreto (27 aprile 2010), nonchè ai contratti aggiudicati sulla base di essi e ai relativi giudizi arbitrali” (art. 15, comma 6); tale disciplina transitoria contenuta nel comma 6 ora citato è stata peraltro quasi contestualmente abrogata dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 4, comma 7, ultimo periodo nel testo risultante dalla conversione, con modificazioni, recata dalla L. 22 maggio 2010, n. 73, in vigore dal 26 maggio 2010 (“La disciplina introdotta dal D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, artt. 4 e 5 non si applica per i collegi arbitrali già costituiti alla data di entrata in vigore del predetto D.Lgs. e l’art. 15, comma 6 citato D.Lgs. è abrogato.”).

Ora, richiamati i principi fissati dalla fondamentale Sez. U, 9 maggio 2016, n. 9285 sull’applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 3, avendo la L. n. 73 del 2010abrogato il riferimento temporale di cui al D.Lgs. n. 53 del 2010, art. 15, comma 6, l’effetto di tale successione di norme deve essere inteso nel senso dell’estensione dell’impugnabilità del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia anche ai contratti di appalto stipulati prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241, comma 15-bis introdotto dal medesimo D.Lgs. n. 53 del 2010, art. 5. Poichè l’impugnazione del lodo è stata proposta con atto del 16 settembre 2010, successivo al vigore dell’anzidetta novella, il vizio in questione risulta nella specie deducibile poichè il riferimento ai “collegi arbitrali già costituiti”, contenuto nella L. n. 73 del 2010, art. 4, comma 7, non può che riguardare, considerato anche il tenore letterale della disposizione, le sole previsioni attinenti all’organo giudicante (quali, tra le altre, quelle indicate dal controricorrente: p. 11 del controricorso), non anche quelle relative alle facoltà processuali delle parti, chè altrimenti, come condivisibilmente osservato dal P.M., l’inciso abrogativo perderebbe di senso.

Risulta pertanto privo di rilievo l’avvenuto deposito del lodo due giorni prima dell’entrata in vigore della legge n. 73 del 2010: rileva invece che, pendente il termine per l’impugnazione, la legge consentisse, come nella specie, la deduzione del vizio di violazione di legge, ciò che non comporta alcun effetto distonico atteso che l’arbitrato “amministrato” in materia di appalti è arbitrato di diritto.

Va poi osservato, per completezza ed in termini semplici, che il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 48, comma 2 (rubricato “Lodo arbitrale”) convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (“1. Nei giudizi arbitrali per la risoluzione di controversie inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici, forniture e servizi il lodo è impugnabile davanti alla Corte di appello, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai giudizi arbitrali per i quali non sia scaduto il termine per l’impugnazione davanti alla Corte d’appello alla data di entrata in vigore del presente decreto.”), invocato dal controricorrente ad indiretta dimostrazione del contrario assunto (trattandosi di norma non applicabile ratione temporis al lodo in questione), conferma invece ulteriormente l’interpretazione qui accolta.

6.2.3. Quanto testè ritenuto non giova, peraltro, al ricorrente principale, essendo il mezzo infondato poichè non coglie la ratio decidendi. Invero, la Corte territoriale, nell’esaminare i motivi di gravame sopra elencati, non ha affatto negato la deducibilità del vizio di violazione delle regole di diritto (la ha anzi riconosciuta accogliendo il quarto mezzo di impugnazione proposto dal Consorzio A.S.I.), bensì affermato che le censure investivano l’insindacabile valutazione del collegio arbitrale in ordine alle risultanze istruttorie.

6.3. Il terzo motivo di ricorso principale è infondato, avendo la Corte di appello interpretato correttamente le contrapposte domande avanzate dalle parti in sede arbitrale, pronunciandosi sulla penale in quanto indicata sia nella precisazione delle conclusioni innanzi al collegio arbitrale, sia nel prospetto riepilogativo del debito dell’appaltatore (riportato alle pp. 4-5 del ricorso), atti da cui si evince che il saldo attivo vantato dal Consorzio A.S.I. è di Euro 110.574,75 computata la penale.

6.4. Il quarto motivo di ricorso principale, ancora relativo all’applicabilità della penale con riferimento alla mancata contestazione da parte del Consorzio Etruria, è inammissibile, risolvendosi in una censura della valutazione del materiale probatorio da parte del collegio arbitrale e dovendosi altresì ribadire, in via assorbente, che il principio di non contestazione attiene ai fatti dedotti, laddove la pattuizione della penale contenuta in atto negoziale sottoposto all’onere di forma scritta deve essere provata mediante la relativa produzione.

7. Anche il ricorso incidentale deve essere rigettato.

7.1. Il primo motivo è infondato, stante l’applicabilità del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241, comma 15-bis, secondo quanto osservato sub 6.2 e punti seguenti.

7.2. Il secondo motivo, condizionato alla reiezione del primo, è inammissibile poichè all’evidenza tendente ad un consentito riesame nel merito delle valutazioni sul conteggio proposto dal Consorzio A.S.I., valutazioni sostenute da sintetica, ma congrua, motivazione.

8. In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti, dal che consegue la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensando le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2018

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