Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4718 del 28/02/2018

Cassazione civile, sez. I, 28/02/2018, (ud. 13/09/2017, dep.28/02/2018),  n. 4718

Fatto

 

1. la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma che, accogliendo la domanda di XX e rigettando la riconvenzionale dell’appaltatrice YY (di seguito: YY) per il risarcimento dei danni conseguiti dall’inadempimento della committente, aveva dichiarato risolto per inadempimento dell’impresa appaltatrice il contratto di appalto del 10 marzo 1999 per la ristrutturazione (demolizione e ricostruzione del lastrico solare di copertura) di alcuni locali comunali siti in (OMISSIS) – contratto rescisso da XX ai sensi dell’art. 21 del capitolato speciale per la mancata effettuazione di ogni lavorazione condannando l’impresa, in solido con la ZZ, al risarcimento dei danni;

2. per quel che qui rileva, la Corte di appello riteneva: a) che la c.t.u. espletata in primo grado aveva giudicato non esaustiva, ma comunque accettabile (essendosi dichiarato il c.t.u. solo parzialmente d’accordo) la proposta di variante al progetto avanzata da YY per il placcaggio delle murature portanti non previsto dal capitolato; b) XX aveva chiesto l’esecuzione di prove per verificare la fattibilità della detta proposta di variante al progetto, ma YY aveva replicato che gli accertamenti richiesti dovevano essere subordinati al superamento delle “implicazioni economiche e temporali” della variante, omettendo di dare corso alle prove richieste dalla committente e di proseguire nei lavori iscrivendo apposite riserve, in violazione del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53,54 e 64; c) non era applicabile nella specie la L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 25 perchè non vi era prova del superamento del limite del quinto dell’importo contrattuale per i maggiori costi da variante di progetto; d) la condanna risarcitoria in via equitativa era corretta perchè pari all’importo della cauzione prevista dalla polizza fideiussoria e conforme alla richiesta di YY avanzata in via subordinata nel caso di soccombenza.

3. avverso detta sentenza YY propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replica XX con controricorso, mentre ZZ non ha svolto difese; la ricorrente e XX hanno depositato memorie ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RITENUTO

che:

4.1. con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del R.D. n. 350 del 1895, art. 20, comma 7, artt. 53, 54 e 64 e del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 13, commi 1 e 2: le pronunce di merito avrebbero confuso i due diversi istituti della variante progettuale e della riserva contabile giungendo ad estendere l’onere della riserva al pagamento delle opere extracontrattuali, laddove nella specie verrebbe in evidenza il solo inadempimento di XX per mancata doverosa cooperazione ai fini della realizzazione a regola d’arte dell’opera; invero, XX non avrebbe, dapprima, predisposto un valido progetto dal punto di vista della realizzabilità tecnica (in esso si prevedeva il solo “ammorsamento” del solaio) e non avrebbe, successivamente, approvato la variante necessaria alla corretta esecuzione del progetto (in virtù del proposto “placcaggio” delle murature), in assenza della quale YY non avrebbe potuto procedere all’esecuzione a regola d’arte dei lavori;

4.2. con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, tra gli altri, della L. n. 109 del 1994, art. 25,artt. 1453 e 1455 c.c., della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 340:

incomberebbe sulla committente XX il dovere di cooperare con l’appaltatore onde emendare gli errori progettuali; non avendo fatto ciò, non avrebbe consentito l’adempimento dell’appaltatore, irrilevante essendo l’indagine sulla sussistenza o meno del limite del quinto del valore dell’importo contrattuale, L. n. 109 del 1994, ex art. 25, comma 1, lett. d), commi 4 e 5, per la valida risoluzione del contratto in presenza della variante;

4.3. con il terzo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo poichè già un anno prima XX sarebbe stata a conoscenza, a seguito di una perizia espletata da un proprio tecnico, degli inconvenienti statici derivanti dal progetto e della necessità del placcaggio delle murature;

4.4. con il quarto motivo si deduce violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c.: erroneamente la Corte di appello, dichiarando inammissibile il relativo motivo di gravame, avrebbe confermato la statuizione del Tribunale di condanna in via equitativa di YY in solido con ZZ al risarcimento del danno quantificato in misura pari alla cauzione di cui alla polizza fideiussoria, conformemente alla richiesta subordinata della stessa appaltatrice avanzata nelle conclusioni della comparsa di costituzione in primo grado in ipotesi di riconoscimento dell’inadempimento di questa; al contrario, la domanda doveva essere interpretata quale domanda di garanzia, sebbene svolta da YY sulla base dell’erroneo presupposto della “natura assicurativa e non fideiussoria alla polizza a cauzione definitiva” (p. 41 del ricorso); siffatta domanda non poteva dirsi nuova poichè era consequenziale alla doglianza espressa avverso la quantificazione equitativa illegittimamente operata dal Tribunale, non ricorrendo il presupposto della “difficoltà di prova” sul preciso ammontare del danno ex art. 1226 c.c.;

5. tutti motivi di ricorso devono essere disattesi;

5.1. il primo e il secondo mezzo, da esaminarsi congiuntamente in quanto all’evidenza connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati;

5.1.1. le censure in esame si risolvono, in primo luogo, in un’inammissibile sollecitazione alla rivalutazione delle risultanze della c.t.u. espletata nel giudizio di primo grado, laddove la Corte di appello – lungi dall’aver fondato la decisione secondo un sillogismo privo di base logica (pp. 17-18 del ricorso) – ha invece correttamente preso le mosse dall’incontrovertibile dato che XX , a fronte delle ragioni tecniche opposte da YY, aveva richiesto all’appaltatore di procedere alle prove di verifica della fattibilità della proposta di variante (o.d.s. n. 5 del 28 luglio 1999; variazioni peraltro autorizzate da XX con precedente o.d.s. n. 4 del 12 luglio 1999 purchè nel rispetto di costi e tempi dell’appalto), mentre YY voleva evitare ogni rischio di mancato riconoscimento postumo degli eventuali maggiori oneri derivanti dall’esecuzione della proposta (risposta YY del 2 agosto 1999), omettendo poi di eseguire sia le prove, sia i lavori appaltati (verbale di constatazione del settembre 1999);

5.1.2. invero, le censure si basano – come del resto esattamente evidenziato dalle conclusioni del P.M. – sull’erronea premessa del carattere necessario della variante proposta da YY, carattere in realtà rimasto affatto indimostrato, avendo la Corte di appello correttamente valutato le risultanze della c.t.u. – all’evidenza perplessa sul punto – secondo il tenore letterale delle stesse (il c.t.u. aveva criticato, tra l’altro, la soluzione tecnica proposta da YY per l’esecuzione del placcaggio mantenendo le putrelle esistenti: p. 7 della sentenza) e con valutazione non sindacabile nella presente sede di legittimità;

5.1.3. stanti i rilievi che precedono, si palesa infondata la prospettazione di parte ricorrente tesa a ricollegare la crisi del dedotto rapporto contrattuale all’inadempimento, da parte della committente XX, di un asserito ed inconferente (rispetto ai fatti rilevanti: punto 5.1.1 che precede) dovere di cooperazione per rimediare alle carenze progettuali, profilo che del resto inammissibilmente investe, di nuovo, valutazioni di merito;

5.1.4. invero – ed in disparte la considerazione che l’appalto in questione è “a corpo”, sicchè il relativo prezzo è tendenzialmente fisso ed invariabile, con conseguente allargamento del rischio accollato all’appaltatore per l’imprevedibilità delle condizioni di maggiore difficoltà nell’esecuzione delle opere, salve le sole situazioni che finiscano per incidere sulla natura stessa della prestazione (Sez. 1, 17 marzo 2015, n. 5262) e salvi i lavori aggiuntivi eseguiti su richiesta del committente o per effetto di varianti (Sez. 1, 25 settembre 2017, n. 22268; Sez. 1, 7 giugno 2012, n. 9246) -, l’argomento di parte ricorrente secondo cui l’istituto della riserva avrebbe rilievo meramente contabile confligge frontalmente con i principi costantemente affermati al riguardo dalla Sezione (“In tema di appalto pubblico, la riserva concerne ogni pretesa di maggiori compensi, rimborsi o indennizzi, per qualsiasi titolo e in relazione a qualsiasi situazione nel corso dell’esecuzione dell’opera. In particolare, dal combinato disposto del R.D. n. 350 del 1895, artt. 53,54 e 64 (…) si ricava la regola secondo cui l’appaltatore, ove intenda contestare la contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall’Amministrazione e avanzare pretese a maggiori compensi o indennizzi e danni, a qualsiasi titolo, è tenuto a iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilità, o in altri documenti, e ad esporre, nel modo e nei termini indicati dalla legge, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa nel titolo e nelle somme e, infine, a confermare la riserva all’atto della sottoscrizione del conto finale. Infatti la riserva non è prevista dal legislatore in funzione di mere esigenze contabili, bensì in ragione della tutela della P.A., che, nell’esercizio della sua attività discrezionale, deve essere posta in grado di esercitare prontamente ogni necessaria verifica e deve inoltre poter valutare, in ogni momento, l’opportunità del mantenimento del rapporto di appalto ovvero del recesso dal contratto, in relazione al perseguimento dei fini di interesse pubblico.”: Sez. 1, 3 marzo 2006, n. 4702; Sez. 1, 1 dicembre 1999, n. 13399; Sez. 1, 6 ottobre 1990, n. 9830);

5.1.5. conclusivamente sul punto, il ritenuto inadempimento dell’appaltatrice per non aver effettuato le prove richieste dalla committente ed aver omesso di realizzare i lavori appaltati senza iscrivere apposite riserve (p. 7 della sentenza) risulta correttamente affermato con riferimento ai principi propri della materia circa il carattere generale della riserva, dovendosi ribadire che “In tema di appalti pubblici, dal combinato disposto del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 53,54 e 64(…) si ricava la regola secondo cui sono soggette all’onere di riserva non solo tutte le possibili richieste inerenti a partite di lavori eseguite, nonchè alle contestazioni tecniche e/o giuridiche circa la loro quantità e qualità, ma anche e soprattutto quelle relative ai pregiudizi sofferti dall’appaltatore ed ai costi aggiuntivi dovuti affrontare, sia a causa dello svolgimento (anomalo) dell’appalto, sia a causa delle carenze progettuali per le conseguenti maggiori difficoltà che le stesse hanno ingenerato sia, infine, per i comportamenti inadempienti della stazione appaltante: infatti, l’onere della riserva assolve alla funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo, ivi comprese le pretese di natura risarcitoria.” (Sez. 1, 7 luglio 2011, n. 15103; si v. anche, tra le altre, Sez. 1, 4 ottobre 2016, n. 19802, nonchè Sez. 1, 17 luglio 2014, n. 16367, sui maggiori costi sopportati dall’appaltatore per l’adozione delle misure previste dal piano di sicurezza, e Sez. 1, 11 marzo 2011, n. 5871, sui maggiori costi per lavori addizionali necessitati da eventi non previsti);

5.1.6. i rilievi che precedono conducono alla reiezione pure del secondo mezzo per inammissibilità, anch’esso incentrato, come detto, su un preteso dovere di cooperazione incombente sulla committente, dovendosi, per il resto, ulteriormente evidenziare che il passo motivazionale espressamente censurato da YY, relativo al disposto della L. n. 109 del 1994, art. 25 (p. 8 della sentenza), non costituisce autonoma ratio decidendi;

5.2. inammissibile è altresì il terzo motivo, ancora inerente l’asserita necessità della variante proposta dall’appaltatrice, in quanto manifestamente volto alla rivalutazione del merito della vicenda.

5.3. inammissibile è, infine, il quarto mezzo;

5.3.1. la Corte di appello ha confermato la statuizione di condanna dell’appaltatrice YY al risarcimento dei danni interpretando la domanda subordinata dell’appaltatrice sì come desumibile dal tenore degli atti di causa, secondo le richieste della stessa appaltatrice;

5.3.2. spettando l’interpretazione della domanda al giudice del merito, la relativa statuizione non può essere direttamente censurata per ultrapetizione (Sez. 2, 27 gennaio 2016, n. 1545), peraltro nella specie insussistente, avendo la Corte di appello congruamente motivato sull’uso del potere discrezionale di valutazione equitativa in aderenza agli atti di causa e con accertamento scaturito da un esame della situazione processuale globalmente considerata (Sez. 3, 10 novembre 2015, n. 22885), con valutazione pertanto insuscettibile di sindacato di legittimità (Sez. 1, 15 marzo 2016, n. 5090).

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate in dispositivo quanto alle parti costituite.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; nulla per le spese quanto all’intimata ZZ.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2018

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