Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4718 del 27/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4718 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 20092-2009 proposto da:
MANCINI ELVIO & C. S.N.C., in persona

del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA MERULANA 234, presso

lo studio

dell’avvocato BOLOGNA GIULIANO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato POLITA MARCO, giusta
2013

delega in atti;
– ricorrente –

3500

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale

Data pubblicazione: 27/02/2014

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29 presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati MARITATO LELIO, SGROI ANTONINO, CALIULO
LUIGI, giusta delega in calce alla copia notificata

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 426/2009 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 19/08/2009 R.G.N. 829/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato CORVASCE FRANCESCO per delega POLITA
MARCO;

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A,—(/

udito l’Avvocato MARITATO LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

del ricorso;

Svolgimento del processo
Il giudice del lavoro del Tribunale di Ancona rigettò l’opposizione proposta dalla
società Mancini Elvio & C. S.n.c avverso due verbali ispettivi dell’Inps e due avvisi
di pagamento coi quali le era stato intimato di versare i contributi relativi ai

maggio 2001 — marzo 2003.
A seguito di impugnazione da parte della società Mancini Elvio & C., la Corte
d’appello di Ancona, con sentenza del 10/7 — 19/8/2009, ha rigettato il gravame
dopo aver osservato che correttamente il primo giudice aveva escluso la validità
del contratto di fornitura di lavoro interinale sulla base del quale era stato
giustificato l’impiego dei lavoratori rispetto ai quali era stata omessa la
corresponsione dei contributi, per cui tutte le conseguenze della mancanza dei
requisiti di legge in ordine al dedotto contratto, ivi comprese quelle della contestata
omissione contributiva, non potevano che ricadere sull’impresa utilizzatrice, vale a
dire l’attuale ricorrente.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Mancini Elvio & C. S.n.c che
affida l’impugnazione a quattro motivi.
Rimane solo intimato l’Inps.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo la ditta ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 414 — 415 e segg. c.p.c. e degli artt. 433 e segg. c.p.c., deducendo che
la Corte d’appello sarebbe incorsa in errore nell’affermare che essa appellante
non avrebbe potuto argomentare nel giudizio di secondo grado in merito alla
prospettata sussistenza di un appalto di servizi, in quanto motivo nuovo.
Sostiene al riguardo la ricorrente che in prime cure aveva proposto gli atti di
opposizione argomentandoli col richiamo al suo convincimento, maturato in buona
fede, di essersi rivolta a suo tempo ad un’agenzia per lavoro interinale, quale la
“Under Pressur”, in realtà non iscritta nell’apposito elenco, aggiungendo di aver

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lavoratori che le erano stati inviati dall’impresa “Under Pressur Scarl” nel periodo

evidenziato, seppur in subordine, che all’epoca si era, comunque, avvalsa delle
prestazioni di una cooperativa di lavoro che le aveva messo a disposizione i suoi
dipendenti e la sua organizzazione lavorativa, reiterando tale assunto difensivo
nella memoria autorizzata, per cui alcuna decadenza poteva esserle addebitata.

su un punto fondamentale costituito dalla dedotta legittimità del contratto di
appalto di servizi intercorso con la “Under Pressur”, deduzione, questa, alla quale
la Corte territoriale non aveva voluto dare ingresso nel giudizio d’appello per
averla ritenuta nuova.
I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni di
connessione.
Entrambi i motivi sono infondati.
Invero, la Corte d’appello ha premesso di voler ribadire quanto evidenziato dal
primo giudice in ordine al fatto che la ricorrente aveva fondato l’azione di
accertamento negativo del credito previdenziale dell’Inps sull’avvenuta
stipulazione di un contratto di fornitura di lavoro interinale con la società “Under
Pressur”, qualificatasi come agenzia di lavoro interinale, e non sulla diversa ipotesi
di sussistenza di un appalto lecito di servizi intercorso con la stessa società,
traendone la logica conclusione che quest’ultima allegazione era stata prospettata
per la prima volta nel giudizio di secondo grado, per cui era da considerare
inammissibile.
In definitiva, i giudici di merito dei precedenti gradi di giudizio hanno qualificato
giuridicamente in modo conforme la domanda azionata dalla ricorrente, per cui
tale operazione interpretativa, liberamente eseguita sulla base degli atti di causa,
non risulta essere scalfita dalle attuali censure della ricorrente che si basano solo
sulla contrapposta valutazione di una parte della domanda volta ad avvalorare la
tesi di una diversa “causa petendi” riconducibile allo stesso ricorso in opposizione

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2. Col secondo motivo la ricorrente si duole della omessa e carente motivazione

sin dall’origine, onde sfuggire al rilievo della novità di una tale prospettazione in
appello.
3. Col terzo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della
legge 23 ottobre 1960 n. 1369, in quanto si sostiene che la liceità del contratto di

l’inapplicabilità delle sanzioni previste da tale norma e dall’art. 10 della legge n.
196/1997.
Anche tale motivo è infondato in quanto lo stesso presuppone la configurazione
dell’esistenza certa di un appalto lecito di servizi che non ha trovato, invece,
ingresso nel giudizio, sia perché la domanda è stata qualificata dai giudici di
merito quale accertamento negativo del credito contributivo basato sull’originaria
allegazione dell’avvenuta stipulazione di un contratto di fornitura, risultato all’esito
dell’istruttoria privo dei requisiti di legge, sia perché la Corte d’appello ha rilevato
la novità, nel giudizio di secondo grado, della tesi dell’esistenza del suddetto
appalto, decretandone la inammissibilità.
Infatti, la Corte d’appello ha evidenziato che in primo grado era emerso che i
verbalizzanti avevano accertato sia la mancanza di apposita autorizzazione in
capo all’impresa fornitrice, sia la mancanza della forma scritta del contratto di
fornitura, ragion per cui il primo giudice aveva ritenuto applicabile la normativa sul
divieto di intermediazione di mano d’opera, con la ulteriore conseguenza che i
lavoratori dovevano ritenersi dipendenti a tutti gli effetti dell’impresa utilizzatrice e
che la eventuale buona fede di quest’ultima poteva rilevare solo ai fini di una sua
rivalsa nei confronti della società “Under Pressur”.
4. Col quarto motivo la ricorrente si duole dell’omessa e carente motivazione in
ordine ad un punto fondamentale rappresentato dal fatto che la Corte di merito
avrebbe erroneamente qualificato come dichiarazione unilaterale il contratto del
26.4.2001 per averlo ritenuto privo della firma per accettazione della società
committente Mancini s.n.c., per cui tale negozio giuridico non avrebbe potuto

appalto di servizi intercorso con la società “Under Pressur” comportava

essere ritenuto censurabile ai sensi dell’art. 10, comma 2°, della legge n. 196 del
1997.
Il motivo presenta, anzitutto, un profilo di inammissibilità per difetto di
autosufficienza per la seguente ragione: – La Corte territoriale ha adeguatamente

documenti che avrebbero dovuto costituire la forma scritta del contratto di fornitura
era inammissibile per difetto di critica specifica alle argomentazioni svolte sul
punto dal primo giudice, il quale aveva riscontrato che i documenti prodotti, vale a
dire una dichiarazione sostitutiva del libro matricola ed una copia di offerta non
firmata per accettazione dalla ditta utilizzatrice, non potevano essere considerati
come un valido contratto di fornitura, senza considerare che le prestazioni di
lavoro erano state rese molto tempo dopo l’offerta del 26.4.2001, valida per soli
dieci giorni.
Orbene, nel presente giudizio di legittimità la ricorrente insiste nel sostenere in
maniera apodittica che la Corte d’appello avrebbe errato nel qualificare il
documento del 26.4.2001 come atto unilaterale, ritenendolo privo della firma per
accettazione della società committente, senza spiegare in che modo e per quale
ragione i giudici di seconde cure avrebbero errato nell’esplicitare le suddette
motivazioni a sostegno della ritenuta inammissibilità del mezzo di censura,
mentre, al contrario, le stesse appaiono congrue ed immuni da rilievi di carattere
logico-giuridico.
In ogni caso, col presente motivo la ricorrente non supera quella parte della “ratto

decidendr dell’impugnata sentenza che, nel trattare la questione della validità del
dedotto contratto di fornitura di personale, fa leva sulla circostanza della rilevata
mancanza delle caratteristiche che la società contattata dalla ricorrente avrebbe
dovuto possedere per essere qualificata come società fornitrice ai sensi dell’ari 2,
comma 1, della legge n. 196 del 1997.
Pertanto, il ricorso va rigettato.

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Av3

spiegato che la censura sollevata dall’appellante in merito all’esistenza di due

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio dal
momento che l’Inps è rimasto solo intimato.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Il Consigliere estensore

Così deciso in Roma il 4 dicembre 2013

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