Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4716 del 27/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4716 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 25049-2008 proposto da:
RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., già RAI RADIO
TELEVISIONE ITALIANA S.P.A. C.F. 06382641006, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EZIO 19, presso
lo studio dell’avvocato LA RICCA MARINA, che la
2013
3377

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RUBENS
ESPOSITO, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

FESTA SILVANA C.F. FSTSVN56D45H501T;

Data pubblicazione: 27/02/2014

- intimata –

Nonché da:
FESTA SILVANA C.F. FSTSVN56D45H501T, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 7, presso lo studio
degli avvocati D’ONOFRIO SARA e SOLFANELLI ANDREA, che

– con troricorrente e ricorrente incidentale contro

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., già RAI RADIO
TELEVISIONE ITALIANA S.P.A. C.F. 06382641006, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EZIO 19, presso
lo studio dell’avvocato LA RICCA MARINA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RUBENS
ESPOSITO, giusta delega in atti;
– con troricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 997/2006 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 30/10/2007 r.g.n. 3176/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato AL RICCA MARINA;
udito lAvvocato SOLFANELLI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per
l’accoglimento del terzo motivo ricorso principale e

la rappresentano e difendono giusta delega in atti;

•\.

rigetto per il resto, accoglimento ricorso incidentale

e assorbimento del tergo motivo.

Svolgimento del processo
Con sentenza del 2/2/06 — 30/10/07 la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma
della sentenza emessa il 27/1/03 dal giudice del lavoro del Tribunale capitolino, ha
dichiarato la nullità dei contratti a termine intercorsi tra l’appellante Silvana Festa e

per l’effetto, ha accertato che in relazione allo stesso arco temporale si era avuto
tra le stesse parti un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Nel
contempo la Corte ha accertato la prosecuzione giuridica del rapporto anche dopo
la data del 31/5/1999 ed ha condannato la società radiotelevisiva a risarcire alla
lavoratrice il danno nella misura pari alla retribuzione dovuta ai dipendenti
inquadrati come programmisti registi nel 4° livello del relativo contratto collettivo a
decorrere dalla data di messa in mora del 26.11.2001, fino a quella di scadenza
del terzo anno successivo alla fine dell’ultimo rapporto, oltre che agli accessori di
legge.
La Corte ha spiegato che la nullità dei contratti, per violazione dell’art. 1, comma
2°, lett. e) della legge n. 230/62, come modificata dalla legge n. 266/77, nullità
dovuta alla riscontrata mancanza dei requisiti della specificità dei programmi o
degli spettacoli per i quali erano avvenute le singole assunzioni e del vincolo di
necessità diretta dell’apporto professionale della prestazione della lavoratrice agli
stessi programmi o spettacoli, non comportava l’automatica costituzione di un
unico rapporto a tempo indeterminato, posto che sussisteva una interruzione di
tale durata che non consentiva l’unificazione, per cui finiva per aver rilievo solo
l’arco temporale concernente gli ultimi quattro contratti dal 9.4.96 al 31.5.99.
Quanto all’entità del risarcimento del danno la Corte ha ritenuto di rapportarlo alla
durata di un triennio decorrente dalla cessazione dell’ultimo rapporto al 31/5/1999,
spiegando che dopo tale data non era ragionevole presumere che si fosse
protratto lo stato di mancata occupazione della lavoratrice.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la R.A.I con otto motivi.

1

n

la R.A.I s.p.a limitatamente al periodo compreso tra il 9-4-1996 ed il 31-5-1999 e,

Resiste con controricorso Festa Silvana, la quale propone, a sua volta, ricorso
incidentale affidato a quattro motivi, al cui accoglimento si oppone la difesa della
R.A.I s.p.a.
La difesa della R.A.I. — Radiotelevisione Italiana S.p.a. deposita, altresì, memoria

Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione dei procedimenti ai sensi dell’art. 335
c. p. c.
1. Col primo motivo del ricorso principale della R.A.I, proposto per violazione e
falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. e) della legge n. 230 del 1962, come
modificato dalla legge n. 266 del 1977,anche in relazione all’art. 12, primo comma,
delle disposizioni sulla legge in generale ed all’art. 1419 cod. civ., la ricorrente
censura l’impugnata sentenza laddove è stata affermata l’illegittimità del termine
per la ravvisata insussistenza dei requisiti della specificità dei programmi o degli
spettacoli in relazione ai quali era avvenuta l’assunzione temporanea di Festa
Silvana e del vincolo di necessità diretta dell’apporto della medesima a quegli
stessi programmi o spettacoli radiotelevisivi.
Sostiene, anzitutto, la ricorrente che la norma di cu all’art. 1, comma 2°, della
legge n. 230/62 non richiede la sussistenza del requisito soggettivo del vincolo
della necessità diretta dell’apporto delle mansioni del lavoratore al contenuto del
programma per il quale avviene l’assunzione a termine, potendo tali mansioni
essere anche di tipo esecutivo ed essendo sufficiente che il programma stesso
abbia una durata temporanea e che non sia stipulato in frode alla legge. Invece,
per quel che concerne il requisito oggettivo della “specificità” del programma,
precisa la ricorrente che tale caratteristica deve intendersi semplicemente nel
senso che debba trattarsi di programma “individuato, nominato, determinato.”
2. Col secondo motivo del ricorso principale la RAI denunzia l’omessa e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in

ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

relazione alla statuizione del giudice del gravame circa l’insussistenza, nella
fattispecie, della specificità delle mansioni svolte dalla Festa e del vincolo di
necessità diretta tra programma ed assunzione, nonché in merito alla circostanza
che i programmi, oggetto di causa, non si sarebbero differenziati rispetto alla

ricorrente che nel corso del procedimento aveva provveduto ad assolvere l’onere
probatorio della descrizione dei singoli programmi per i quali era avvenuta
l’assunzione a termine e dell’attività svolta dalla lavoratrice in relazione alla loro
esecuzione.
3. Attraverso il terzo motivo, dedotto per violazione o falsa applicazione dell’art. 1,
comma 2°, della legge n. 230/62 in relazione all’art. 1 del algs. 6/9/2001 n. 368,
così come modificato dall’art. 21 della legge n. 133/08, ci si duole della mancata
considerazione di quest’ultima norma che ha modificato l’art. 4 del predetto d.lgs
n. 368/01 nel senso che, con riferimento ai giudizi in corso alla data della sua
entrata in vigore (22 agosto 2008) e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in
caso di violazione degli artt. 1, 2 e 4 dello stesso decreto legislativo, il datore di
lavoro è tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con una
indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8
della legge 15 luglio 1966 n. 604 e successive modifiche.
Sostiene la ricorrente principale che alla data di entrata in vigore della legge n.
133/08 la sentenza impugnata non era ancora passata in giudicato, per cui la
conseguenza sanzionatoria di tipo indennitario prevista dalla stessa legge si
sarebbe dovuta applicare in luogo della sanzione della conversione a tempo
indeterminato del rapporto, anche con riferimento ai contratti stipulati nel vigore
dell’art. 1, comma 2°, lett. e) della legge n. 230 del 1962. Una diversa soluzione
comporterebbe, secondo tale tesi difensiva, rischi di incostituzionalità per la
irragionevole discriminazione di situazioni tra loro omogenee, quali quelle

3
il)

generica programmazione dell’azienda radiotelevisiva. Obietta, invero, la

discendenti dai contratti stipulati ex art. 1, comma 2, lett. e) della legge n. 230 del
1962, da un lato, e quelle scaturenti dai contratti conclusi ai sensi del decreto
legislativo n. 268 del 2001, dall’altro.
4. Col quarto motivo ci si duole della violazione o falsa applicazione degli artt.

per mutuo consenso in conseguenza della mancata esecuzione dello stesso per il
lungo lasso di tempo intercorso tra la scadenza dell’ultimo contratto a termine e la
domanda della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto sin dall’origine.
5. Oggetto del quinto motivo è il lamentato vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso in relazione alla statuizione
del giudice del gravame sull’insussistenza della risoluzione del rapporto per mutuo
consenso. Si contesta, in particolare, la ritenuta mancanza di significato delle
circostanze rappresentate dal decorso del tempo e dalla mancata messa a
disposizione delle prestazioni lavorative da parte della Festa in favore della RAI,
sia nei lunghi periodi intercorsi tra i diversi contratti, sia durante quello seguito alla
scadenza dell’ultimo contratto e prima della proposizione della domanda oggetto
di causa.
6. Col sesto motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione
dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966, dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 e
dell’art. 21, comma 1-bis, della legge n. 133 del 2008, assumendo che la Corte
territoriale non ha considerato che, nell’ipotesi di conversione a tempo
indeterminato del rapporto di lavoro a termine e di prosecuzione dello stesso, la
cessazione del contratto alla scadenza prefissata comporta effetti analoghi ad un
licenziamento, con conseguente onere per il lavoratore di impugnarlo nel termine
di cui al citato art. 6 della legge n. 604/66 a pena di decadenza, per cui giammai
avrebbe potuto essere emessa l’impugnata sentenza di reintegra.
7. Col settimo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c., nonché dell’omessa pronuncia, sia in ordine alla richiesta di

4

fri5

1372 e 1367 cod. civ. per la negata rilevanza alla eccepita risoluzione del rapporto

compensazione di quanto eventualmente dovuto alla lavoratrice con l’indennità del
35% che le spettava ai sensi dell’art. 1 del c.c.I. della RAI, sia in merito alla
invocata eccezione di detrazione del cosiddetto “aliunde perceptum.”
8. Con l’ottavo motivo la RAI lamenta l’insufficienza e la contraddittorietà della

già corrisposti alla lavoratrice, dovevano essere considerati come acconti del
trattamento di fine rapporto per effetto dell’accertata esistenza di due rapporti di
lavoro a tempo indeterminato, per cui gli stessi non dovevano essere restituiti
all’azienda. Precisa al riguardo la difesa della RAI che, anche se nella motivazione
della sentenza si è spiegato che vi era stata una interruzione del rapporto al punto
da non consentirne una configurazione unitaria, non era stata realmente
pronunziata l’esistenza di due rapporti a tempo indeterminato tra le parti, per cui
cadeva la premessa del ragionamento della Corte d’appello teso ad attribuire
natura di acconti sul T.F.R. alle somme già erogate alla lavoratrice a titolo di
indennità contrattuale.
1.a. Col primo motivo del ricorso incidentale Festa Silvana deduce l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione al fatto che la Corte
d’appello, pur avendo accertato la nullità dei contratti a termine, ha limitato le
conseguenze sanzionatorie di tale nullità ai soli rapporti intercorsi tra le parti nel
periodo compreso tra il 9.4.1996 ed il 31.5.1999 dopo aver ritenuto che
l’interruzione verificatasi all’interno del lungo arco temporale in cui si erano
succeduti i vari contratti a tempo determinato non consentiva di configurare
l’unitarietà del rapporto fin dal suo sorgere. La lavoratrice contesta tali conclusioni
assumendo che il ragionamento che le sorregge non consente nemmeno di
individuare quale fosse esattamente l’interruzione cui si allude in sentenza e per
quanto tempo si sarebbe protratta, mentre la sentenza lascerebbe solo presumere
che una tale interruzione possa essere stata quella che precedette la decorrenza
del 9.4.1996 stabilita dalla stessa Corte ai fini della conversione a tempo

5
v,

motivazione nel punto in cui la Corte di merito afferma che i premi di fine servizio,

indeterminato del rapporto, vale a dire più precisamente quella di 3 mesi ed otto
giorni intercorsi tra la cessazione del sesto contratto (31/12/1995) e l’inizio del
settimo (9/4/1996). In realtà, aggiunge la ricorrente in via incidentale, quest’ultima
rimane solo una mera presunzione, atteso che in sentenza non vi è alcun

contare che la stessa Corte di merito ha respinto l’eccezione di risoluzione del
rapporto per mutuo consenso sulla scorta del rilievo che dopo la scadenza dei
singoli contratti l’appellante aveva aderito alla stipula di altri, mostrando, in tal
modo, interesse alla prosecuzione del rapporto.
2.a. Col secondo motivo del ricorso incidentale si denunzia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 132, comma 2°, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 12 disp.
legge in generale , 1362 e 1372 cod. civ. ) in quanto si sostiene che la Corte
territoriale ha inopinatamente ed in modo contraddittorio ritenuto di non poter
considerare l’unitarietà del rapporto a causa di una non meglio precisata
interruzione dello stesso dopo aver, però, negato qualsiasi rilevanza allo scorrere
del tempo ai fini della verifica della eccepita risoluzione per mutuo consenso
dell’unico rapporto di lavoro, finendo, in tal modo, per trarre da quest’ultimo
principio delle conseguenze del tutto opposte in violazione dei canoni ermeneutici
di diritto privato.
3.a. Col terzo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206,
1207, 1217, 1218, 1223, 1227, 1375, 1418, 2697 cod. civ., oltre che dell’art. 3
della legge n. 230 del 1962 e degli artt. 421, 431 e 112 c.p.c., nonché l’omessa ed
insufficiente motivazione. In sostanza la ricorrente contesta la decisione con la
quale la Corte territoriale ha limitato la liquidazione del danno al periodo di tempo
compreso tra la messa in mora del 26.11.2001 e la scadenza del triennio
decorrente dalla cessazione dell’ultimo contratto, cioè fino al 31.5.2002,
deducendo l’inadeguatezza della relativa motivazione e facendo osservare che la
stessa appare lesiva dei principi in materia di adempimento delle obbligazioni, del

elemento che possa far ritenere fondata la tesi oggetto di impugnazione, senza

riparto dei relativi oneri probatori e dell’esercizio del potere equitativo di
determinazione del risarcimento del danno, posto che quest’ultimo avrebbe dovuto
essere calcolato fino al momento dell’effettivo ripristino del rapporto.
4.a. Col quarto ed ultimo motivo del ricorso incidentale è posta in evidenza la

1990, in quanto si sostiene che alla figura del programmista-regista di quarto
livello spetta l’inquadramento nel superiore terzo livello una volta che siano
decorsi tre anni e sei mesi di effettiva permanenza nella classe retributiva di 4°
livello, per cui nella fattispecie era maturato il diritto alla superiore classificazione a
partire dal 15 giugno del 1997 o da quella diversa data scaturente dalla
declaratoria di nullità della clausola di apposizione del termine successivamente al
primo contratto.
Osserva la Corte che i primi due motivi ed il sesto motivo del ricorso principale
possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione.
Ebbene, i suddetti motivi sono infondati.
Invero, la legge n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e), come modificato dalla
legge n. 266 del 1977, prevede e consente l’applicazione del termine “nelle
assunzioni di personale riferite a pubblici spettacoli, ovvero a specifici programmi
radiofonici o televisivi”.
Nell’interpretazione di tale norma, questa Suprema Corte ha ripetutamente
affermato che, affinchè il rapporto di lavoro a termine possa ritenersi legittimo, è
necessario il concorso di una pluralità di requisiti, essenzialmente riferibili alla
temporaneità e specificità dello spettacolo e dell’esigenza lavorativa che il
contratto è diretto a soddisfare, ed in particolare: a) che il rapporto si riferisca ad
una esigenza di carattere temporaneo della programmazione televisiva o
radiofonica, da intendersi non nel senso della straordinarietà o occasionalità dello
spettacolo (che può ben essere anche diviso in più puntate e ripetuto nel tempo),
bensì nel senso che lo stesso abbia una durata limitata nell’arco di tempo della

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violazione della normativa collettiva di riferimento di cui al C.C.L. RAI del 9 maggio

complessiva programmazione fissata dall’azienda, per cui, essendo destinato ad
esaurirsi, non consente lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa; b) che il
programma, oltre ad essere temporaneo nel senso sopra precisato, sia anche
caratterizzato dalla atipicità e singolarità rispetto ad ogni altro evento organizzato

cui, essendo dotato di caratteristiche idonee ad attribuirgli una propria individualità
ed unicità (quale species di un certo genus), lo stesso sia configurabile come un
momento episodico dell’attività imprenditoriale, e come tale rispondente anche al
requisito della temporaneità; c) che, infine, l’assunzione riguardi soggetti il cui
apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se
complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicchè non
può ritenersi sufficiente a giustificare l’apposizione del termine la semplice
qualifica tecnica o artistica del personale, richiedendosi che l’apporto del peculiare
contributo professionale, tecnico o artistico del lavoratore sia indispensabile per la
buona realizzazione dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni
del personale di ruolo dell’azienda (confronta ex multis da ultimo Cass. n.
17053/2008; Cass. n. 8385/2006; Cass. n. 1291/2006).
Di tali criteri interpretativi, che il Collegio condivide e ritiene di confermare, la
sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione, per cui nessuna censura può
essere mossa alla stessa.
Invero, con giudizio di fatto adeguatamente motivato e che sfugge ai rilievi di
legittimità, la Corte territoriale ha osservato che la RAI non aveva dedotto, né
dimostrato, la specificità dei programmi in relazione ai quali era stata concordata
l’assunzione e che era, anzi, emersa l’eterogeneità di tali programmi e la
genericità delle mansioni affidate alla lavoratrice e, quindi, la mancanza di
particolari esigenze di maggiore varietà dei programmi e degli spettacoli per i quali
potesse ritenersi necessario il ricorso all’apporto di diverse componenti culturali,
artistiche e sociali.

8

dall’azienda nell’ambito della propria ordinaria attività radiofonica e televisiva, per

Ne consegue che è corretta la decisione, seppur nei limiti che saranno esposti di
qui a poco nella trattazione del ricorso incidentale, sulla ritenuta instaurazione di
un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quale sanzione normativa scaturita
dalla rilevata nullità dell’apposizione del termine.

del lavoratore da parte del datore di lavoro che si vale del termine, la cui
apposizione risulta invece illegittima, non può qualificarsi licenziamento con le
conseguenze di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ma inadempimento
contrattuale, con le conseguenze di cui all’art. 1223 cod. civ.” (in senso conforme
v. anche Cass. Sez. lav. n. 9163 del 7/6/2003 sulla specialità della normativa in
materia di lavoro a tempo determinato e sulla configurazione della domanda del
lavoratore come azione di nullità parziale e non come impugnazione del
licenziamento)
Sempre per ragioni di connessione si rende opportuna la trattazione congiunta del
quarto e del quinto motivo del ricorso principale che vedono sulla questione della
dedotta risoluzione del rapporto per asserito mutuo consenso.
Entrambi i motivi sono infondati.
Invero, l’indirizzo consolidato di questa stessa Sezione (Cass. sez. lav. n. 5887
dell’i 1/3/2011; Cass. sez. lav. n. 23057 del 15/11/2010; Cass. sez. lav. n. 26935
del 10/11/08; C. sez. lav. n. 17150 del 24/6/08; C. sez. lav. n. 20390 del 28/9/07;
C. sez. lav. n. 23554 del 17/12/04; C. sez. lav. n. 17674 dell’i 1/12/02) è nel senso
di ritenere che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a
termine è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto
per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è
necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la
conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto
dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune
volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto

9

/v)

Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. lav. n. 12697 del 17/10/2001) che “l’estromissione

lavorativo, sicchè la valutazione del significato e della portata del complesso di tali
elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono
censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.
Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale si è correttamente attenuta a tali

giuridico, ha precisato che la domanda di Festa Silvana era stata esercitata nel
rispetto dei termini di prescrizione e che non poteva attribuirsi efficacia risolutiva al
solo decorso del tempo, dovendo, invece, aversi riguardo a specifici fatti e
comportamenti della lavoratrice, tali da poterne desumere concretamente
l’accettazione dello scioglimento del rapporto. A tal riguardo i giudici d’appello
hanno evidenziato che dopo la scadenza dei singoli contratti la lavoratrice aveva
aderito alla stipula di altri, dimostrando, in tal modo, interesse alla prosecuzione
del rapporto di lavoro.
E’, altresì, infondato il terzo motivo del ricorso principale in quanto, anche a voler
prescindere dal fatto che le disposizioni normative ritenute violate dalla Corte di
merito sono, nella fattispecie, quelle di cui alla citata legge n. 230 del 1962 e non
quelle del decreto legislativo n. 368 del 2001, è dirimente la circostanza per la
quale l’art. 4-bis di tale decreto, così come introdotto dall’art. 21, comma 1-bis, del
decreto-legge del 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge
del 6 agosto 2008 n. 133, è stato dichiarato incostituzionale dal giudice delle leggi
con la sentenza n. 214 del 23 giugno 2009.
Con quest’ultima decisione la Corte costituzionale ha, infatti, statuito quanto
segue: ” È costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 3 Cost., l’art. 4 bis
del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dall’art. 21, comma 1-bis, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133. L’art.4- bis , nello stabilire che, in caso di violazione delle
norme in materia di apposizione e proroga del termine del contratto di lavoro, il
datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore un indennizzo, ma solo per i

10

p>

principi nel momento in cui, con motivazione immune da rilievi di carattere logico-

giudizi già in corso alla data della sua entrata in vigore, determina una
irragionevole discriminazione fra situazioni di fatto identiche: infatti, per effetto di
tale disposizione, contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati nello stesso
periodo, per la stessa durata e per le medesime ragioni ed affetti dai medesimi

circostanza della pendenza di un giudizio all’entrata in vigore della novella. Tale
discriminazione non è neppure collegata alla necessità di accompagnare il
passaggio da un regime normativo ad un altro, poiché la nuova disciplina ha solo
mutato le conseguenze della violazione delle previgenti regole limitatamente ad un
gruppo di fattispecie selezionate in base alla circostanza, del tutto accidentale,
della pendenza di una lite giudiziaria.”
Invece, in merito al settimo motivo del ricorso principale si evidenzia un aspetto di
improcedibilità dovuto al fatto che non risulta prodotto, ai sensi di quanto previsto
dall’art. 369, comma 2°, n. 4 c.p.c., il contratto collettivo sul quale è basato una
parte della censura, vale a dire l’eccepita compensazione dell’eventuale credito
retributivo della lavoratrice con quanto le competeva a titolo di indennità
contrattuale del 35%, mentre si rivela inammissibile la seconda parte della
doglianza riflettente la mancata detrazione del cosiddetto “aliunde perceptum” che
appare del tutto generica e priva di autosufficienza. Invero, la ricorrente non
specifica come e in quali termini abbia allegato davanti ai giudici di merito un
aliunde perceptum (in relazione al quale è pur sempre necessaria una rituale

acquisizione della allegazione e della prova, pur non necessariamente proveniente
dal datore di lavoro in quanto oggetto di eccezione in senso lato – cfr.. Cass. 16-52005 n. 10155, Cass. 20-6-2006 n. 14131, Cass. 10-8-2007 n. 17606, Cass. S.U.
3-2-1998 n. 1099-).

vizi, risultano destinatari di discipline diverse per la mera e del tutto casuale

A questo punto va anteposta la disamina dei primi due motivi del ricorso
incidentale a quella dell’ultimo motivo del ricorso principale in considerazione del
loro carattere preliminare nell’economia della motivazione.
Infatti, come si è visto, i primi due motivi formulati in via incidentale dalla

far decorrere la conversione a tempo indeterminato del rapporto solo dalla data
del 9/4/1996, ad onta della rilevata illegittimità dell’apposizione del termine ai
contratti intercorsi tra le parti e a dispetto della esclusione della ricorrenza di una
causa di risoluzione del rapporto per mutuo consenso. Invece, l’ottavo motivo del
ricorso principale presuppone la soluzione della questione giuridica agitata coi
primi due motivi del ricorso incidentale, in quanto lo stesso si fonda sulla dedotta
richiesta della società di restituzione della somma erogata a titolo di TFR, la cui
spettanza era stata riconosciuta dai giudici di secondo grado proprio sulla scorta
della contestata interruzione del rapporto e della ravvisata esistenza, anch’essa
censurata, di due distinti rapporti nel corso dell’intero arco temporale interessato
dalla stipula di tutti i contratti a termine oggetto di causa.
Orbene, i primi due motivi del ricorso incidentale colgono nel segno.
Infatti, ha ragione la lavoratrice a sostenere che il ragionamento posto dalla Corte
di merito a base della ravvisata decorrenza della conversione a tempo
indeterminato del rapporto dal 9/4/1996 appare apodittico e non consente di
individuare quale fosse esattamente l’interruzione cui si allude in sentenza e per
quanto tempo essa si sarebbe protratta.
In definitiva è fondato il rilievo per il quale nella sentenza impugnata in via
incidentale non vi è alcun elemento che possa far ritenere corretta la decisione di
ancorare alla data del 9/4/1996 la decorrenza della conversione a tempo
indeterminato del rapporto in esame, tanto più che i medesimi giudici d’appello
hanno escluso che nella fattispecie potesse ravvisarsi una risoluzione per mutuo
consenso dello stesso rapporto, salvo ad affermare in maniera contraddittoria che

12

“5

lavoratrice vedono sulla dedotta illogicità della decisione della Corte territoriale di

ad una certa data vi era stata una non meglio precisata interruzione che non
consentiva di ravvisare l’unitarietà del rapporto lavorativo. Una tale contraddizione
è ancor più evidente se si pone attenzione alla circostanza che la stessa Corte
d’appello aveva rilevato che dopo la scadenza dei singoli contratti l’appellante

prosecuzione del rapporto.
Per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi del ricorso incidentale, con
conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione alle specifiche
censure in essi racchiuse, rimane, quindi, assorbita la disamina dell’ultimo motivo
del ricorso principale e degli ultimi due motivi di quello incidentale.
Questi ultimi due motivi riflettono, come illustrato in precedenza, la contestata
questione della limitazione temporale del risarcimento agli ultimi tre anni di
retribuzione a decorrere dalla cessazione dell’ultimo contratto, nonché la
problematica della decorrenza delle differenze retributive reclamate per effetto del
rivendicato inquadramento superiore.
Ebbene, la ragione dell’assorbimento dell’ottavo motivo del ricorso principale
discende, come si è detto, dalla accertata fondatezza della censura di illogicità
della decisione riguardante la decorrenza della conversione a tempo indeterminato
del rapporto dal 9/4/1996 che trae, a sua volta, spunto dalla contestata
configurazione di una interruzione dello stesso rapporto. Invero, una volta cassata
la sentenza in relazione alla statuizione sulla decorrenza del rapporto a tempo
indeterminato a partire dal 9/4/1996 ed alla ravvisata esistenza di una non meglio
precisata interruzione del rapporto, si supera la necessità di dover trattare la
questione della restituzione dei premi di fine servizio che la Corte d’appello aveva
equiparato ad acconti sul TFR maturato per effetto della ritenuta esistenza di due
distinti rapporti, duplicità, questa, contestata dalla lavoratrice e travolta
dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso incidentale.

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m

aveva aderito alla stipula di altri, mostrando, in tal modo, interesse alla

Rimangono, altresì, assorbite le questioni poste col terzo e quarto motivo del
ricorso incidentale, vedenti, rispettivamente, sugli aspetti economici della
contestata limitazione del risarcimento alla durata di tre anni dalla cessazione
dell’ultimo contratto e sulla decorrenza delle differenze retributive dovute al

l’accertamento dell’esatta decorrenza del rapporto il cui esame è ora rimesso al
giudice del rinvio.
In conseguenza della cassazione della sentenza in relazione ai primi due motivi
del ricorso incidentale, va disposto il rinvio della causa alla Corte d’appello di
Roma che, in diversa composizione, provvederà anche in ordine alle spese di lite,
ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta i primi sette motivi del ricorso principale, accoglie
i primi due motivi del ricorso incidentale, dichiara assorbiti l’ottavo motivo del
ricorso principale, il terzo ed il quarto del ricorso incidentale, cassa la sentenza in
relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 26 novembre 2013
Il Consigliere estensore

superiore inquadramento, questioni, queste, che presuppongono logicamente

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