Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4715 del 25/02/2011

Cassazione civile sez. II, 25/02/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 25/02/2011), n.4715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12964-2005 proposto da:

D.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARSEGLIA CARLO;

– ricorrente –

e contro

N.L., N.N., C.M.;

– intimati –

sul ricorso 14979-2005 proposto da:

C.M. (OMISSIS), N.L.

(OMISSIS), N.N. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato DE MICHELE COSTANZO;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

e contro

D.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1196/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato DE MICHELE Costanzo difensore del resistente che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 2000, N.L., dichiarandosi proprietario di un fondo rustico sito in agro di Palmi confinante tra l’altro con altro fondo di D.A., esponeva che il suo terreno era raggiungibile dalla strada provinciale percorrendo un tratto di circa cento metri nel fondo della predetta, la quale aveva recentemente impedito, mediante la predisposizione di specifici manufatti, il passaggio, per cui il fondo era divenuto intercluso; conveniva pertanto la D. di fronte al tribunale di Foggia, chiedendo la costituzione di una servitù coattiva di passo pedonale e carraio, dietro pagamento di indennità, con condanna della predetta a risarcimento dei danni conseguiti alla arbitraria chiusura da parte sua del preesistente passaggio. Si costituiva la D. eccependo il diletto di legittimazione attiva del N. e, nel merito, contestando il fatto che il fondo fosse intercluso. Intervenivano volontariamente N.N., figlio dell’attore e la moglie di quest’ultimo, C.M., quali comproprietari del fondo, aderendo alle domande proposte. Con sentenza del 2003, l’adito Tribunale costituiva la servitù secondo il percorso indicato dal CTU; determinava l’indennità e condannava la D. al risarcimento dei danni, regolando le spese.

Avverso tale decisione proponeva appello la D., cui resistevano le controparti; con sentenza in data 5.10/22.12,2004, la Corte di appello di Bari, dichiarata la nullità della sentenza di primo grado e giudicando nel merito, dichiarava costituita la servitù di passaggio a carico del fondo della D. sulla scorta delle indicazioni del CTU, determinava l’indennità e condannava la predetta al risarcimento dei danni, regolando le spese; osservava la Corte pugliese che non era praticabile altro accesso alla pubblica via per le ragioni indicate dal CTU; che non era praticabile altro modo di accesso alla via pubblica a carico di altri terreni secondo quanto pure rilevato al riguardo dal CTU; quanto all’ammontare del risarcimento dei danni, le conclusioni dello stesso CTU erano condivisibili in ragione della generica confutazione dell’appellante, mentre gli aiuti comunitari in mancanza di prodotto, non potevano essere richiesti, donde la impossibilità di un calcolo preciso.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la D., sulla base di sei motivi, illustrati anche con memoria; resistono con controricorso i N. e la C., che hanno anche proposto ricorso incidentale sulla base di un solo mezzo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono rivolti avverso la stessa sentenza e vanno pertanto riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Va preliminarmente rilevato che la documentazione prodotta dalla ricorrente ed attestante la intervenuta agibilità della strada vicinale S. è inammissibile in ragione del fatto che la stessa non ha le caratteristiche richieste dall’art. 372 c.p.c., in quanto non riguardante la nullità della sentenza impugnata e non concernente l’ammissibilità del ricorso o del controricorso; ciò posto, ogni questione, di mero fatto, afferente alla incidenza di tale elemento sulla decisione della controversia in esame non può trovare ingresso nel presente giudizio di legittimità, siccome afferente ed un profilo comunque non prospettato come si assume all’attualità, nella fase di merito.

Venendo all’esame del ricorso principale, i sei motivi su cui lo stesso di articola, si ripartiscono in tre tematiche: l’integrità del contraddittorio (primo motivo); la sussistenza dei requisiti richiesti per la costituzione della servitù coattiva (motivi dal secondo al quinto) ed ammontare del risarcimento del danno (sesto motivo). Il primo mezzo è intestato a violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c., sostanziatasi nel non avere i giudici del merito rilevato il difetto di litisconsorzio necessario e non aver provveduto di conseguenza; in buona sostanza, ci si duole sotto il suindicato profilo, che sebbene le risultanze catastali indicassero come proprietari del fondo servente la D. ed il di lei defunto marito, donde il subentro nella posizione di costui dei figli, non si sia rilevato tale dato per provvedere all’integrazione del contraddittorio nei AT confronti di questi ultimi, quali eredi; la doglianza non ha pregio, in ragione del fatto che l’accertamento della proprietà del fondo non ha formato oggetto di dibattito nella fase di merito e pertanto, se è vero che in talune ipotesi anche le risultanze catastali possono essere ritenute probanti, pure, come si evince dalle stesse difese delle parti sul punto, la questione non era affatto pacifica, tanto che la circostanza avrebbe dovuto essere appurata a seguito di un accertamento in fatto, incompatibile con la presente sede di legittimità.

Non essendo stata poi denunciata la omessa pronuncia al riguardo (del resto non sussistente in ragione della mancata sottoposizione della relativa questione al vaglio dei giudici del merito), risulta conseguente che il motivo in esame non può trovare accoglimento.

Il secondo motivo (violazione degli artt. 1051 e 1952 c.c. e vizio di motivazione circa la interclusione del fondo) investe una questione di merito, atteso che in base alle risultanze della CTU, recepite nella sentenza impugnata è stato plausibilmente ritenuto che il fondo dominante fosse intercluso; la motivazione adottata risulta sufficiente ed è frutto di una valutazione degli elementi in concreto valutati, anche sotto i profilo tecnico; occorre al riguardo ribadire che in sede di legittimità non può addursi il vizio di motivazione in forza di una diversa lettura dei dati di fatto acquisiti, la cui valutazione è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice del merito.

In base a tale basilare principio, non è suscettibile di censura una motivazione che privilegi alcuni profili della situazione di fatto rispetto ad altri e pervenga ad una decisione coerente con la valutazione fatta; se, come nella specie, la decisione e fondata su argomentazioni plausibili e sufficienti a dar conto della decisione adottata, la stessa non è, in sede di legittimità, censurabile sotto tale aspetto; il motivo in esame non può pertanto trovare accoglimento.

Con il terzo mezzo si lamenta omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.) sullo specifico motivo di impugnazione afferente alla dedotta unitarietà del fondo appartenente a più componenti della famiglia N., da considerarsi unitario e, in tale guisa, avente accesso alla via pubblica.

La censura è priva di pregio, in ragione del fatto che le consulenze effettuate hanno escluso in fatto che l’accesso alla via pubblica potesse essere realizzato attraverso altri fondi, atteso che le caratteristiche degli stessi non rendevano praticabile l’accesso, così implicitamente disattendendo anche le considerazioni afferenti alla pretesa unitarietà dei fondi appartenenti ai N..

Il quarto ed il quinto motivo, in cui si lamenta la violazione dell’art. 1051 c.c., investono entrambi situazioni di fatto, valutate dal giudice del merito con argomentazioni frutto della analisi tecnica dello stato dei luoghi, ed impingono ancora una volta in censure volte a svilire la motivazione adottata al riguardo, con riferimento a profili assolutamente afferenti per un verso all’effettivo stato dei luoghi e, per altro verso alla discrezionale scelta tra percorsi praticabili, peraltro suffragata da valutazioni tecniche richiamate puntualmente, e con il tentativo di inserimento nel giudizio di elementi ulteriori e diversi, esulanti come tali dal thema decidendum e comunque inconferenti e solo tardivamente invocati; entrambi i mezzi non possono pertanto trovare accoglimento.

Con il sesto ed ultimo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1227 c.c., nonchè vizio di motivazione in ordine alla quantificazione del risarcimento spettante in relazione alla mancata coltivazione ed al mancato raccolto conseguiti alla impossibilità di accedere al proprio fondo intercluso, da ascriversi al comportamento della D., da parte dei N..

La censura è fondata; la determinazione del quantum (l’an non è contestato se non in modo generico) è stata basata sulle affermazioni del CTU, che ha considerato sussistenti profili che non risultano essere stati assistiti da validi elementi probatori; in particolare, non si specifica in che misura e per quali ragioni i N. avrebbero potuto godere degli aiuti comunitari, mentre non è neppure specificato quali fossero stati e di quale natura ed entità fossero le coltivazioni prima ed i raccolti poi antecedentemente alla chiusura del passaggio da parte della D., mentre neppure si specifica se, in tale periodo, i N. avessero o meno goduto degli aiuti comunitari e in quale misura: sono tutte circostanza necessitanti di adeguato riscontro e di concreta, specifica motivazione, peraltro appena abbozzata nella sentenza impugnata che, nell’adeguarsi pedissequamente alla conclusioni del CTU sul punto, risulta carente nei profili sopra evidenziati; il motivo va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata sul punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari, che provvedere anche sulle spese relative al presente procedimento per cassazione.

L’unico motivo del ricorso incidentale, afferente alla regolamentazione delle spese, risulta conseguentemente assorbito, in ragione dell’accoglimento del sesto motivo del ricorso principale.

P.Q.M.

riuniti i ricorsi, la Corte accoglie il sesto motivo del ricorso principale e rigetta gli altri; assorbito il ricorso incidentale.

Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011

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