Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4715 del 23/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.23/02/2017),  n. 4715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI ROBERTO Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12793-2015 proposto da:

T.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO

94, presso lo studio dell’avvocato MAURO LONGO, che lo rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

nonchè contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6791/35/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 13.11.2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 12/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. CRUCITTI

ROBERTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nella controversia concernente all’impugnazione da parte di T.I. di provvedimento di fermo, il contribuente ricorre su due motivi avverso la sentenza, indicata, in epigrafe, con la quale la C.T.R. del Lazio ne aveva rigettato l’appello avverso la decisione di primo grado sfavorevole.

2. Equitalia Sud s.p.a non ha svolto attività difensiva.

3. A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, ritualmente comunicate, il ricorrente ha depositato memoria. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo -rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e dell’art. 115 c.p.c., il ricorrente, premesso che con l’atto di appello, aveva specificamente sottolineato che l’impugnazione si riferiva ad un fermo amministrativo, mai comunicato dalla Società di riscossione, deduce come la C.T.R. avesse omesso di pronunciarsi sull’ammissibilità della proposta impugnazione, limitandosi ad enunciare l’inimpugnabilità della trascrizione del fermo in quanto atto non promanante dalla stessa Società di riscossione mentre dalla stessa visura del PRA, ritualmente prodotta, emergeva che l’iscrizione del ermo fosse riconducibile esclusivamente alla Equitalia Gerit s.p.a..

1.1. La censura è inammissibile laddove non attinge la diversa ratio decidendi posta dal Giudice di appello a sostegno della decisione. Ed invero, la C.T.R. ha espressamente rilevato che ” è stato, come è logico, il provvedimento di fermo, ad essere impugnato dall’interessato” ma “che la parte privata non aveva censurato la motivazione dal primo giudice posta a base della sentenza, consistente nella mancata produzione del provvedimento impugnato che impediva anche di verificare la giurisdizione del giudice adito in rapporto alla natura dei crediti cui si ricollegava il fermo amministrativo”.

2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c.; comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. Secondo la prospettazione difensiva il Giudice di appello non avrebbe pronunciato in ordine alla omessa notificazione sia del provvedimento di fermo amministrativo nè di tutte le prodromiche comunicazioni ad esso riferibili.

2.1. La censura è inammissibile. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014) introduce, nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.

Nella specie, con il mezzo il ricorrente non individua l’omesso esame di un “fatto storico” quanto piuttosto, e con difetto di autosufficienza (non indicando gli scritti difensivi nei quali le questioni fossero state ritualmente sollevate) un’omessa pronuncia.

3. Ne consegue il rigetto del ricorso senza pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva da parte dell’intimata.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017

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