Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4715 del 21/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2020, (ud. 13/09/2019, dep. 21/02/2020), n.4715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34830-2018 proposto da:

E.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCA FROLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 2358/2018 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 13/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MELONI

MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona sezione specializzata per la protezione internazionale, con ordinanza in data 13/10/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona in ordine alle istanze avanzate da E.E. nato in Nigeria il (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale di essere fuggito dal proprio paese a causa della situazione di pericolo esistente nel paese di origine. Avverso il decreto del Tribunale di Ancona ha proposto ricorso per cassazione E.E. affidato a due motivi.

Il Ministero dell’interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, in ragione del mancato assolvimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria a cui il giudice era tenuto in forza del quale avrebbe dovuto controllare l’attendibilità del racconto applicando i criteri di tipo presuntivo favorevoli al richiedente previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, mentre il giudice territoriale ha omesso ogni attività istruttoria ed è venuto meno al dovere di cooperazione operosa.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Ancona non ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria avuto riguardo al contesto sociopolitico ed al livello di violenza nel paese di provenienza anche alla luce del dovere di cooperazione istruttoria.

Il ricorso è inammissibile in ordine a tutti i motivi.

In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto anzitutto non credibili le dichiarazioni del ricorrente, esponendo chiaramente le plurime ragioni di tale convincimento; ha poi ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente. A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente: a) che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. tra molte: Cass. n. 340/19); b) che, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. tra molte: Cass. n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre; c) che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), i1 Tribunale di merito ha precisato come la zona di provenienza non risulti dalle indicate fonti reperibili interessata dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona. Inoltre il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria officiosa così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, avendo invece compiuto un approfondito esame della situazione e citato analiticamente le fonti consultate.

Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese in assenza di attività difensiva.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2013

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